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Videolezione: Il Fenomeno dell’Hikikomori

Testo estratto dalla lezione 1:

SEMINARIO ONLINE: HIKIKOMORI
Conoscere, Prevenire e Affrontare

Buongiorno. Benvenuti alla prima lezione del seminario intitolata “Il fenomeno dell’ Hikikomori . Vediamo subito insieme che cosa significa questo termine e soprattutto chi sono gli Hikikomori.

Il termine giapponese Hikikomori significa letteralmente “stare in disparte, isolarsi” e viene utilizzato per riferirsi a coloro i quali decidono di ritirarsi volontariamente dalla vita sociale per lunghi periodi, ovvero da qualche mese fino anche a diversi anni, scegliendo per lo più di condurre una vita di isolamento e di confinamento. L’isolamento può avvenire all’interno delle proprie mura domestiche o, in alcuni casi, all’interno della propria stanza, senza avere nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, spesso neppure con i propri genitori: si rifiutano di uscire, di vedere persone, di avere rapporti sociali, tutta la loro vita si svolge all’interno di una stanza dove leggono, disegnano, dormono, navigano su internet e giocano ai videogiochi.

In Giappone, nel 1998, lo psichiatra giapponese Tamaki Saito usò per la prima volta il termine Hikikomori all’interno di un testo scientifico. In precedenza si era parlato di “nevrosi da ritiro”, oppure si era parlato anche di una “sindrome da rifiuto scolastico”. Oggigiorno il termine hikikomori viene utilizzato per descrivere sia il fenomeno in sé, ma anche per indicare i soggetti che ne soffrono. In Giappone si stimano almeno 541.000 casi di Hikikomori . Ma è anche vero che secondo alcune associazioni di settore, secondo anche un’intervista rilasciata da Tamaki Saito, lo psichiatra appunto giapponese, il numero di casi di Hikikomori potrebbe arrivare anche ad 1.000.000 di casi.

E’ stata inoltre dimostrata la presenza di questo fenomeno anche in altri paesi, come negli Stati Uniti, in Asia, in particolar modo in Corea, India, Bangladesh, Iran, Taiwan e Thailandia. Moltissimi casi anche in Australia, Gran Bretagna, ma anche in Europa, in particolar modo Spagna, Francia, Germania, ma anche nel nostro Paese. In Italia si stimano almeno 100.000 casi di Hikikomori. Dobbiamo però tener presente che tutti questi dati sono in continua ascesa. Oltretutto molti casi non vengono neppure segnalati e dunque poi non rientrano all’interno delle stime ufficiali. Le ragioni possono essere diverse, quali per vergogna, per timore, perché comunque sia non si conosce questo fenomeno o lo si sottovaluta.

Chi sono gli Hikikomori?

Per lo più sono ragazzi di sesso maschile, primogeniti di età compresa tra i 14 e i 30 anni. Dobbiamo però dire che il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi che sono stati effettuati a causa per lo più di che cosa? A causa dei vari stereotipi di genere.

Inoltre, l’esperienza giapponese ci dice che spesso è presente nelle famiglie dei ragazzi hikikomori una figura paterna debole o assente e una figura materna ipersensibile, eccessivamente emotiva.

In Italia questo aspetto, seppur presente, sembrerebbe essere meno centrale. Per lo più è stato osservato come questi ragazzi vivono all’interno di una famiglia monoparentale o con genitori divorziati ed apparterrebbero all’interno di un ceto sociale medio-alto. Inoltre, è stato rilevato come questi ragazzi presenterebbero una natura critica, riflessiva e introspettiva; ma questo potrebbe poi divenire un’arma a doppio taglio che li renderebbe particolarmente fragili, ansiosi, impacciati nelle relazioni sociali. La difficoltà nell’instaurare delle relazioni soddisfacenti con gli altri, la maturità intellettiva che hanno – sono ragazzi particolarmente brillanti che non hanno deficit cognitivi – unito a tutto ciò, al forte senso critico, potrebbe contribuire a generare in loro una sfiducia o una negatività nei confronti della società nel suo complesso, ma anche nei confronti delle relazioni interpersonali e in alcuni casi potrebbe poi anche trasformarsi in una vera e propria forma di cinismo e disprezzo. Dobbiamo però tenere presente che tutte queste caratteristiche descritte non devono essere intese come sempre presenti ed univoche, si tratta infatti di fattori ricorrenti la cui incidenza statistica deve essere ancora verificata.

Quando si può parlare di Hikikomori?

Innanzitutto dobbiamo dire che ancora non c’è una definizione condivisa a livello internazionale, né tanto meno rientrano all’interno di sistemi nosografici. Ma nonostante questo, il Ministero della Salute giapponese ha voluto indicare alcune caratteristiche e sintomi specifici quali ad esempio il ritiro sociale che non dovrebbe essere inferiore ai sei mesi. Questi ragazzi dovrebbero avere uno stile di vita solamente incentrato all’interno delle mura domestiche e non hanno nessun tipo di interesse per le attività esterne come frequentare una scuola, andare al lavoro e nessun tipo di relazione esterna dovrebbero avere anche con compagni o colleghi di lavoro.

Inoltre, il Ministero della Salute giapponese ha affermato che “si esclude la diagnosi di hikikomori qualora sia presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità, che possa sovrapporsi ai sintomi di ritiro sociale o ad altre cause che possono appunto meglio spiegare il ritiro sociale”. Nei ragazzi, dunque, auto-reclusi è centrale l’isolamento, è centrale il ritiro sociale.

Quali sono le ragioni, le motivazioni che li spingono a tutto ciò?

Essenzialmente è stato osservato che questi ragazzi si isolano per:

  • reagire ad una situazione di difficoltà sociale, familiare o scolastica.
  • opporsi alle dinamiche della società moderna e ai dogmi sociali.
  • scappare dalle estreme pressioni di realizzazione sociale.

<<L’Hikikomori è una spinta all’isolamento che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate>>. (Marco Crepaldi)

È stata inoltre proposta una classificazione dalla sociologa francese Fansten Maia delle diverse tipologie di Hikikomori. A partire da che cosa? A partire dalle motivazioni che sono alla base della scelta del ritiro. La sociologa, infatti ha distinto:

  • un ritiro alternativo, definito come “un modo per evitare l’adolescenza normata e crescere in modo diverso”. Non si accetta quindi di adeguarsi alle dinamiche tipiche della società moderna.
  • un ritiro relazionale definito come “una reazione sintomatica a una situazione di grandi difficoltà familiari”. Questi ragazzi vivrebbero all’interno di contesti sfavorevoli che contribuirebbe fino ad accrescere una tendenza all’isolamento già preesistente.
  • un ritiro dimissionario definito come “un modo per fuggire dalle forti pressioni sociali”. Non si riesce quindi a sostenere le pressioni di realizzazione sociale e l’isolamento diventerebbe un modo per fuggire dal giudizio altrui.
  • Ed in ultimo la sociologa francese ha distinto un ritiro a Crisalide, definito come “una sospensione del tempo che esprime un’impossibilità di essere un individuo, un adulto autonomo”. Si cerca quindi di fare qualcosa, di fuggire dalle incombenze dell’età adulta attraverso l’isolamento. Questi ragazzi non ritengono di avere le risorse sufficienti per riuscire a far fronte alle varie sfide e dunque preferiscono rifugiarsi all’interno delle mura domestiche, all’interno della propria stanza ed isolarsi da tutto e da tutti.

Diverse, dunque, sono le motivazioni, le ragioni che spingono questi ragazzi ad isolarsi e al ritiro sociale.

Qual è il rapporto che vi è fra la tecnologia e l’Hikikomori?

Innanzitutto dobbiamo dire che questi ragazzi trascorrono gran parte della loro quotidianità navigando anche su internet o giocando ai videogiochi, quindi la tecnologia diventa sì uno strumento di comunicazione, perché grazie ad essa è possibile instaurare dei rapporti, seppur virtuali: si creano una realtà del tutto parallela, facilmente gestibile dalla loro stanza. Ma la tecnologia diventa anche uno strumento di intrattenimento, nonché unica via di contatto che hanno con il mondo esterno.

In alcuni casi dobbiamo però dire che possono sviluppare una vera e propria forma di dipendenza sia da Internet ma anche da videogiochi. Però dobbiamo tener presente che queste sono non le cause degli Hikikomori, ma sono le conseguenze.

Gioca quindi un ruolo fondamentale nell’isolamento e nel ritiro sociale la fragilità tipica dell’età, il senso di non essere all’altezza, ma anche il timore di essere appunto giudicati.

Lentamente l’attenzione sul fenomeno dell’hikikomori si è sempre più crescendo. Si stanno moltiplicando gli articoli e le interviste sul web o in televisione, ma è anche vero che si sono ampiamente anche diffusi una serie di falsi miti e credenze erronee, quali ad esempio:

  • il ritiro sociale sempre associato ad una patologia, assolutissimamente falsa. E a tal proposito occorre distinguere tra un Hikikomori primario, ossia una condizione di ritiro sociale non causato nessun’altra patologia preesistente, e un Hikikomori secondario, ossia da attribuire a coloro che sono affetti anche da un’altra patologia.
  • Vi è inoltre la credenza piuttosto diffusa che questi ragazzi sono svogliati, sono pigri, dei veri e propri fannulloni. In realtà sono ragazzi paralizzati da profonde paure sociali, che si sentono letteralmente schiacciati dalle pressioni di realizzazione sociale.
  • Altra credenza è che questi ragazzi sono frutto di un’educazione permissiva e al tal proposito sono state condotte anche delle indagini, dalle quali non è emersa nessuna significativa correlazione fra hikikomori e lo stile educativo.
  • Inoltre vi è anche un’altra diffusa credenza, ossia che con loro occorre utilizzare dei metodi piuttosto forti, coercitivi, in modo tale da riuscire ad uscire da questa loro problematica. Ma in realtà è stato osservato come questo non potrebbe fare altro che inasprire ulteriormente il loro disagio interiore.
  • Ultima credenza errata, ad esempio, che occorrerebbe semplicemente eliminare i vari dispositivi tecnologici, quindi eliminare internet e i videogiochi per poterli aiutare. Assolutamente si è osservato come questo di certo non è la mera soluzione al problema.

Oltretutto dobbiamo tener presente che l’Hikikomori non è nè dipendenza da Internet, come abbiamo anche in precedenza detto – la dipendenza da internet non è causa degli Hikikomori, ma la conseguenza -né tantomeno non dobbiamo confondere l’Hikikomori con la depressione oppure con la fobia sociale.

<<Come stabilito dal Ministero della Salute giapponese nel 2013, l’Hikikomori non è una malattia, né tanto meno è una fobia sociale>>.

Diverse sono dunque le credenze errate che durante il corso del tempo si sono diffuse e che ruotano intorno al fenomeno degli Hikikomori, le quali sono state messe in evidenza dall’Associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus.

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