Tesi Online: Il Contributo della Via Parvocellulare e Magnocellulare alla Percezione del Movimento nei Pazienti con Achinetopsia
A cura della Dott.ssa Alessia Scarano
Un estratto della tesi:
INTRODUZIONE
Non dobbiamo dunque chiederci se percepiamo veramente un mondo, dobbiamo invece dire:
il mondo è ciò che noi percepiamo(Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, 1945)
Attraverso i nostri occhi abbiamo conoscenza di una gran varietà di informazioni esterne dal colore azzurro brillante del mare alle sfumature del tramonto su di esso, alla forma delle nuvole e al movimento di un aereo che si disperde tra queste.
Nella nostra storia evolutiva il sistema visivo è risultato essere fondamentale per rispondere appropriatamente all’ambiente, influenzando i diversi sensi e le nostre azioni. Risulta chiaro, poco sorprendente, che il modo in cui l’essere umano percepisce il mondo circostante è stato al centro di interesse filosofico e scientifico fin dai tempi più antichi.
A tal proposito lo psicologo Gibson, fondatore di un approccio ecologico alla percezione visiva, affermava nel suo libro The Senses Considered as Perceptual Systems (1966) che la percezione ha inizio con la codifica dell’informazione da parte di specifici canali recettoriali, come la luce captata dai fotorecettori presenti nella retina dell’occhio, ma tali processi percettivi non si esplicano nella pura codifica iniziale da parte dei recettori.
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La percezione è molto di più, legata ad un interscambio di informazioni tra diversi sistemi e ad una vasta attività di popolazioni neuronali presenti nel nostro cervello. Dunque, parliamo di percezione come un processo dinamico, attivo e non solo di un’esperienza sensoriale risultante dall’attivazione dei recettori. Infatti, il nostro cervello è in grado di estrarre le caratteristiche costanti e invarianti degli oggetti dal flusso continuo e mutevole di informazioni ricevute.
Nell’ambito dello studio delle funzioni svolte dal sistema visivo il neurobiologo Zeki (1992), con lo scopo di identificare regioni cerebrali del macaco che rispondevano preferibilmente a diverse qualità di stimoli come colori, linee di vario orientamento e punti in movimento con diverse direzioni, ha riscontrato che differenti parti della corteccia sono deputate allo svolgimento di diverse funzioni visive.
In particolare, i neuroni delle aree V1 e V2, implicate nell’elaborazione precoce della percezione visiva, rispondono ai colori e alle forme degli stimoli; i neuroni di V3 sono attivi in risposta alla forma ma non ai colori, al contrario di V4 i cui neuroni rispondono fortemente ai colori e anche all’orientamento delle linee; infine, l’area V5 è selettivamente specializzata per l’elaborazione del movimento visivo.
Dunque, questi studi hanno portato Zeki a proporre, all’inizio degli anni ’70, il concetto di specializzazione funzionale del sistema visivo supponendo che il colore, la forma e il movimento siano elaborati separatamente nel cervello.
All’interno di questo quadro la percezione visiva del movimento ha rappresentato un aspetto adattivo e fondamentale nella storia dell’uomo, basti pensare che tutte le persone riescono a percepire il movimento e la direzione di un’automobile prima di attraversare una strada, a guidare i propri movimenti con la vista e ad identificare i movimenti delle altre persone. La capacità intrinseca del sistema visivo di individuare il movimento rende possibile anche la comprensione del significato dei movimenti altrui, sebbene in assenza di numerose informazioni sensoriali.
Ad esempio, Johansson (1975,1976) ha indagato come funziona l’organizzazione percettiva del movimento biologico durante una breve presentazione di stimoli luminosi (point-light displays) in movimento rappresentanti, ad esempio, un corpo umano che cammina o corre. Nonostante i partecipanti allo studio osservassero al buio una serie di punti luminosi, le luci venivano percepite come un insieme indicativo di una figura umana in movimento poiché ad ogni principale articolazione veniva applicato un punto luminoso che ne tracciava il movimento.
Dunque, l’elaborazione visiva degli stimoli presentati poteva essere descritta come un’analisi vettoriale del movimento delle luci, dove il pattern dei punti luminosi si strutturava come un insieme costituendo un percetto unitario e ben organizzato. Questo risultato riporta alla mente la famosa frase della psicologia della Gestalt “il tutto è più della somma delle singole parti” (Koffka, 1935). Il significato di questa frase può essere spiegato da un suggestivo esempio sulla percezione della melodia: a livello percettivo cogliamo non la somma delle singole note che la compongono ma la loro totalità.
Sembrerebbe scontato che tutti posseggano la capacità di percepire il movimento, nella sua fluidità, eppure sono stati descritti casi di pazienti con Achinetopsia, un deficit neuropsicologico risultante da lesioni unilaterali o bilaterali del lobo temporale che comprendono l’area V5 o mediotemporale (MT) identificata da Zeki nei primati, ma conosciuta come complesso hMT+ nell’uomo.
I pazienti con Achinetopsia percepiscono il movimento “frammentato”, una serie di fotogrammi, come si può evincere dal famoso caso di una paziente, descritto da Zihl e colleghi nel 1983, che aveva difficoltà nel versare il tè o caffè in una tazza perché il liquido le appariva come congelato, stazionario. L’Achinetopsia è un deficit della percezione del movimento raro quanto affascinante se analizzato nell’ottica di comprendere come e se il nostro cervello possa compensare l’assenza di un meccanismo fondamentale per la percezione dinamica di un flusso incessante e mutevole di informazioni visive, caratterizzate non solo da forma e colori ma dal movimento…