Sindrome di hikikomori: un fenomeno in espansione
Negli ultimi anni, si è iniziato a parlare anche nel nostro paese di un fenomeno poco conosciuto, ma che colpisce un numero sempre maggiore di adolescenti e giovani adulti italiani: la sindrome di hikikomori.
Si tratta di un fenomeno in allarmante espansione, anche a causa dell’impatto che la pandemia ha avuto sulla salute mentale e sullo sviluppo psicologico, emotivo e relazionale dei più giovani.
Cos’è la sindrome di hikikomori
Il termine giapponese hikikomori (traducibile in italiano come “stare in disparte” o “isolarsi”) fa riferimento a una particolare condizione caratterizzata dal rifiuto delle relazioni interpersonali e sociali, l’incapacità di lasciare la propria abitazione o la propria stanza e il conseguente abbandono di ogni contatto con il mondo esterno (inclusi scuola, lavoro e amicizie).
Infatti, sebbene in alcuni casi i rapporti sociali diretti vengano sostituiti con amicizie e relazioni virtuali, anche grazie ai social media, le chat e i videogiochi online, la maggior parte degli hikikomori tende a isolarsi completamente. L’allontanamento dalla vita sociale può durare da alcuni mesi fino a diversi anni, e non è infrequente che nel corso della vita possano esserci fasi di miglioramento e di ricaduta.
I primi segnali che indicano l’insorgere della sindrome di hikikomori si manifestano generalmente in due momenti chiave dell’adolescenza: l’inizio e la fine delle scuole superiori. Questi due momenti, infatti, rappresentano un vero e proprio punto di “svolta” nella vita del ragazzo, che si ritrova a entrare in contatto non solo con nuove persone, ma anche con nuove scelte, sfide e responsabilità.
È importante notare che la sindrome di hikikomori, in genere, non esplode in modo netto e immediato, ma si tratta di un processo graduale di isolamento sociale e chiusura. Per questo motivo, è essenziale prestare attenzione a eventuali campanelli d’allarme come, ad esempio:
- il rifiuto scolastico e le frequenti assenze da scuola;
- l’alterazione dei ritmi circadiani e l’inversione del ciclo sonno-veglia;
- l’isolamento e l’auto-reclusione in camera da letto;
- la preferenza per le attività solitarie e il rifiuto delle attività sociali e di gruppo.
Le cause alla base di questo disturbo sono varie e strettamente legate al vissuto emotivo del singolo individuo, ma sono state riscontrate alcune radici comuni, di natura caratteriale, sociale e familiare, che costituiscono particolari fattori di rischio.
Condizioni caratteriali: gli hikikomori sono, solitamente, ragazzi molto introversi, timidi e sensibili. Queste caratteristiche possono comportare una certa difficoltà nello sviluppo delle competenze relazionali e una forte paura del giudizio degli altri, che può sfociare nell’ansia o fobia sociale.
Condizioni familiari: l’esperienza giapponese ha evidenziato come possibili fattori di rischio un rapporto di eccessivo attaccamento con la figura materna e, di contro, un’assenza (fisica o, più spesso, emotiva) di quella paterna.
Condizioni sociali: gli hikikomori, solitamente, tendono a rifiutare ogni forma di rapporto sociale perché maturano una percezione negativa della società stessa in cui vivono: non si tratta, quindi, di una difficoltà nel “rompere il ghiaccio”, stringere amicizia o conoscere persone nuove, bensì di un vero e proprio rifiuto delle aspettative di realizzazione professionale, sociale e sentimentale che la società impone su di loro.
Gli hikikomori in Italia
In Italia, si stima che i casi di sindrome di hikikomori siano circa 100.000, prevalentemente tra ragazzi (maschi, tra 70% e il 90% dei casi) di età compresa tra i 14 e i 30 anni. A differenza del Giappone, infatti, dove il ritiro sociale ha inizio tra i 20 e i 29 anni (all’inizio dell’università o della carriera lavorativa), in Italia è stato osservato che nella maggior parte dei casi i primi segni di isolamento ed esclusione sociale emergono già negli anni delle scuole medie e superiori.
Nel 2013, al fine di informare e sensibilizzare sul tema, nonché di fornire a genitori e insegnanti gli strumenti necessari a riconoscere l’insorgenza di questa sindrome e intervenire per contrastarla, è nata l’Associazione Hikikomori Italia, fondata dallo psicologo Marco Crepaldi. Durante il periodo di lockdown e di restrizioni dovute alla situazione di emergenza sanitaria, l’Associazione ha più volte evidenziato gli effetti psicologici della pandemia sugli hikikomori, che già vivevano in una condizione di isolamento.
In particolare, per gli hikikomori che prima del lockdown stavano cercando di uscire dalla propria condizione o di resistere alla pulsione di ritiro sociale, l’isolamento forzato ha comportato una battuta d’arresto nel processo di guarigione; mentre, per gli hikikomori che non avevano intenzione di uscirne, il rischio più grande è rappresentato dalla possibile sottostima e minimizzazione del problema da parte dei genitori, nonché dal contraccolpo psicologico del “ritorno alla normalità”.
Per approfondire
Il tema della sindrome di hikikomori è approfondito nel seminario online Hikikomori: Conoscere, Prevenire e Affrontare, tenuto dalla docente Maria Verdiana Amato, Psicologa specializzata in bisogni educativi speciali. Il seminario è strutturato in tre lezioni, dedicate rispettivamente a:
- origini, caratteristiche ed epidemiologia del fenomeno degli hikikomori;
- possibili fattori di rischio del fenomeno, segnali premonitori del ritiro e relative fasi di sviluppo che conducono alla patologia;
- strategie virtuose da compiere ed errori da evitare.