Sindrome di Down: genetica, diagnosi e supporto educativo

A cura della Dott.ssa Elide Valentina Maria Romano
Genetica
Il modo in cui vengono tramandate determinate caratteristiche fisiognomiche e mediche da una generazione all’altra ha, da sempre, affascinato gli studiosi e i ricercatori.
Una scienza che si occupa di ciò è la genetica. Essa è una branca della biologia (scienza che studia le caratteristiche degli organismi viventi animali e vegetali nei loro diversi aspetti) che studia tutti i fenomeni e tutti i problemi relativi alla discendenza e cerca di determinare le regole della trasmissione dei caratteri ereditari, della variabilità e dell’evoluzione degli esseri viventi, sia animali che vegetali.
Inoltre, la genetica viene considerata come lo studio dell’ereditarietà. Quest’ultima, viene definita come la trasmissione di proprietà che vengono, appunto, trasmesse da generazione in generazione.
Un elemento fondamentale che caratterizza le proprietà di base di un organismo è il suo materiale genetico, ovvero il suo DNA (acido desossiribonucleico o deossiribonucleico).
Esso è un acido nucleico (macromolecola che contiene e trasferisce l’informazione genetica o ereditaria nelle cellule) a doppio filamento. Andando nello specifico, il DNA è formato da nucleotidi (sono dei monomeri uniti da legami covalenti, chiamati legami fosfodiesterici.
I legami covalenti sono una tipologia di legame che avviene quando gli atomi richiedono elettroni per diventare stabili elettricamente) formati da uno zucchero, un gruppo fosfato e una base azotata. Le basi azotate sono adenina, guanina, citosina e timina (uracile nell’RNA, acido ribonucleico).
Studiare, quindi, il sequenziamento del DNA consente di analizzare l’ordine dei nucleotidi e individuare eventuali mutamenti o variazioni presenti, dando origine ad una famiglia genica, che caratterizzerà la fariabilità evolutiva.
Tale corrente di ricerca, relativa all’ereditarietà, è stata approfondita dal naturalista Gregor Mendel (1822-1884). Quando si pensa alla genetica, immediatamente, nella nostra mente compare il suo nome e gli studi che ha condotto a riguardo.
Mendel, per condurre i suoi studi e le sue ricerche, inizialmente, si fece ispirare dai risultati delle ricerche sull’origine della variabilità e sulle modalità di trasmissione ereditaria del biologo e naturalista Darwin e dai botanici e scienziatiKölreuter, Gärtner e Unger. Da quel momento, Mendel iniziò il suo lavoro sperimentale attuando degli incroci tra varietà diverse della pianta di pisello. In particolare, la sua attenzione si concentrò sulle Leguminose, per la peculiare struttura del fiore, in quanto permetteva di intervenire facilmente riducendo le quantità di contaminazione da parte del polline estraneo.
Dopo aver svolto la sperimentazione sui piselli appartenenti al genere Pisum, egli formulò delle generalizzazioni:
- dominanza: presenza di un fattore dominante su un altro fattore recessivo;
- purezza: pur convivendo nello stesso individuo ibrido, il fattore dominante e il fattore recessivo ricompaiono nei suoi gameti (cellula riproduttiva destinata ad unirsi con un gamete di sesso opposto durante il processo di fecondazione per dare origine ad un nuovo essere vivente) senza aver subito delle modifiche;
- segregazione: nella seconda generazione filiale, i caratteri parentali si presentano in un rapporto di tre fattori dominanti e un fattore recessivo;
Sindrome di Down
Come enunciato in precedenza, si è notato che una tematica che sta molto a cuore ai genetisti è lo studio delle mutazioni genetiche, che, di conseguenza, riguardano determinate mutazioni e anomalie che si presentano nell’apparato cromosomico di determinati individui. Basti pensare, ad esempio, alla sindrome di Down, in cui è presente un’anomali cromosomica nella ventunesima coppia di cromosomi.
Prima di addentrarci nelle caratteristiche genetiche di codesta sindrome, prima di tutto, è necessario affermare che, dopo molteplici studi e ricerche, le caratteristiche fondamentali della sindrome di Down furono individuate, per la prima volta, nel 1862, dal medico inglese John Langdon Haydon Down (1828-1896), il quale lavorava presso un istituto per persone con ritardo mentale (oggi,viene usata la denominazione“disabilità intellettiva”) a Earlswood, in Inghilterra.
Il dottor Down, in quegli anni, portò avanti la scoperta scientifica riguardo codesta sindrome ma, purtroppo, la causa scatenante della sua comparsa era rimasta sconosciuta fino alla metà del secolo scorso.
Attraverso lo studio del cariotipo (insieme del patrimonio cromosomico) e l’analisi del patrimonio genetico, si rilevò che nei soggetti con sindrome di Down era presente un’anomalia che riguardava il numero e la forma dei cromosomi. Quest’anomalia fu resa nota grazie alle ricerche del genetista francese Jérôme Lejeune (1926-1994), il quale, nel 1959, scoprì che la sindrome di Down era associata alla presenza di un cromosoma in più.
Solitamente, nel cariotipo umano consta di 46 cromosomi distinti in 23 coppie simili, una delle quali è costituita dagli etero-cromosomi o cromosomi sessuali (indicati con le lettere X e Y), che determinano il sesso dell’individuo (XX nella femmina e XY nel maschio).
All’interno di ciascuna coppia (cromosomi omologhi), un cromosoma proviene dalla madre e l’altro dal padre attraverso il processo di meiosi, da cui vengono generate le cellule sessuali (gameti maschili o spermatozoi e gameti femminili o ovociti).
Durante la divisione meiotica, per ragioni sconosciute, può accadere che i cromosomi di una stessa coppia non si separino tra loro, producendo un gamete con entrambi i cromosomi. Se questo gamete verrà fecondato, si produrrà una cellula zigote (una cellula con nucleo diploide originata dalla fusione del gamete maschile con quella femminile) con 3 cromosomi.
Ciò è quello che avviene nella sindrome di Down, in cui è presente un terzo cromosoma nella ventunesima coppia di cromosomi. Per questo motivo, questa sindrome viene denominata, anche, “trisonomia 21”.
Approfondendo su quest’ultima, risulta interessante affermare che esistono diverse tipologie di trisonomia 21, tra cui:
- libera: la più comune con un’incidenza del 92-95% dei casi. Cusata da una mancata disgiunzione (separazione) dei cromosomi della coppia 21 durante la meiosi. Uno dei due genitori è portatore di due cromosomi 21, invece di uno;
- da traslocazione: nel 2-3% dei casi. Si verifica perché una parte del cromosoma 21 si spezza durante la divisione cellulare, traslocandosi e attaccandosi ad un altro cromosoma (di solito il 13, il 14 o un altro cromosoma 21). È l’unica forma di trisonomia che è legata ad un aspetto genetico del padre o della madre. Il genitore portatore ha due dei suoi cromosomi uniti e il numero dei suoi cromosomi risulta essere 45, anziché 46;
- parziale: più rara con un’incidenza pari allo 0.2% dei casi. Il patrimonio genetico in eccesso è costituito solo da una parte del cromoscoma 21;
- libera a mosaicismo: incidenza pari all 1-2% dei casi. Sono presenti alcune cellule con 46 cromosomi e altre con 47 cromosomi. La non separazione si è verificata solo in alcune delle cellule derivate dallo zigote nella prima o nelle successive divisioni di uno zigote trisomico. È difficile da prevedere, in quanto si vanno ad analizzare soltanto le cellule del sangue e quelle del tessuto connettivo.
Test diagnostici del periodo prenatale
Per poter diagnosticare, nel periodo prenatale, la comparsa dell’anomalia a livello cromosomico del feto, si possono effettuare alcune tipologie di Test, tra cui:
- Amniocentesi: tra la quindicesima e la diciottesima settimana di gestazione. Consiste nell’aspirazione di circa 20 ml di liquido amniotico per raccogliere le cellule del feto presenti per svolgere delle analisi cromosomiche;
- Villocentesi: tra l’ottava e la dodicesima settimana di gestazione. Si attua una biopsia su una piccola quantità di placenta. Codesto test, è chiamato, anche, “prelievo dei villi coriali”, in quanto essi sono delle propaggini o diramazioni attraverso i quali lo zigote (la cellula uovo fecondata) si attacca alla mucosa dell’utero per ricevere nutrimento dalla madre;
- Tri-test: tra la quindicesima e la diciassettesima settimana di gestazione. Si effettua un prelievo di sangue per controllare e analizzare la presenza di tre sostanze prodotte dal fegato del feto e dalla placenta. Si sta parlando dall’alfafetoproteina (o AFP), ovvero una proteina prodotta dal fegato del feto, e della betagonadotropina corionica (o beta hCG), cioè una glicoproteina prodotta dalle cellule pre-embrionali che daranno origine alla placenta;
- Test della traslucenza nucale: tra la decima e la tredicesima settimana di gestazione. Attraverso un’ecografia, viene misurato lo spessore di edema (accumolo di liquido) sottocutaneo a livello della nuca del feto, in quanto nei bambini con sindrome di Down è presente una gran quantità di liquido in questa determinata zona anatomica;
- Duo test: nel primo trimestre;
- Uso di ultrasuoni con aggiunta di tecniche di analisi biochimiche (dell’alfafetoproteina) e di analisi dei tessuti (amniocentesi e biopsia dei villi coriali).
Anatomia del neonato
Dopo aver analizzato le caratteristiche genetiche e cromosomiche degli individui con sindrome di Down, è necessario incentrare l’attenzione sulle sfaccetature anatomiche che caratterizzano il nascituro.
Inizialmente, colui che si interessò di ciò fu il dottor Down, il quale, nel suo articolo “Observations on an ethnic classification of idiots”, scrisse che i bambini con sindrome di Down mostravano dei tratti simili, come, ad esempio: il viso ampio, piega epicantale dell’occhio (nota come “piega mongola”, presente nelle palpebre degli asiatici, ovvero la palpebra superiore che non possiede la piega semilunare rappresentata dal solco orbitario superiore) e lingua grossa.
Renzo Vianello, inoltre, aggiunse che nei soggetti con sindrome di Down sono presenti: testa più piccola e piatta nella parte superiore; viso rotondo con sella nasale larga e appiattita; lingua grossa e sporgente; collo ampio; mani corte e larghe (con mignoli inclinati verso l’interno della mano e solco palmare unico in entrambe le mani).
Baroff aggiunse che sono presenti, anche, una bocca e delle orecchie più piccole (spesso, con i lobi assenti), una statura media inferiore alla norma e un generale sottosviluppo del setto nasale e della mascella superiore.
In conclusione, bisogna tenere in considerazione le caratteristiche anatomiche individuate e descritte in maniera tecnicamente notevole da Bartolozzi e Guglielmi, i quali affermarono che il soggetto con sindrome di Down mostra: volto rotondeggiante con profilo piatto; naso piccolo con radice piatta e rivolta verso l’alto; epicanto (piega muscolo-cutanea che si origina dalla palpebra superiore e decorre ricoprendo l’angolo interno dell’occhio. Tipica dei volti asiatici); rima palpebrale obliqua dall’alto in basso e dall’esterno all’interno; iride punteggiato; brachicefalia (appiattimento posteriore della volta cranica); microcranio; occipite piatto; ipolasia (crescita ridotta di un organo o di un tessuto) mascellare e mandibolare; macroglossia (eccessivo ingrossamento della lingua), a causa dell’ipertrofia muscolare (aumento di volume del muscolo), con presenza di solchi trasversali (lingua scrotale); collo corto e tozzo con cute retronucale sovrabbondante; mignolo con o senza clinodattilia (malformazione congenita caratterizzata dalla curvatura permanente di un dito o di una falange); ampio spazio tra il primo e secondo dito del piede; alluce valgo; piede piatto; assenza mono o bilaterale della dodicesima costa; displasia (disordine nella struttura e nell’organizzazione di un tessuto o organo) pelvica e ginocchio valgo.
Disturbi e patologie associate del bambino con sindrome di Down
Tra i disturbi che si possono presentare nei soggetti con sindrome di Down, si può considerare la disabilità intellettiva, ovvero un disturbo dello sviluppo intellettivo. Nel Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders – V (chiamato, anche, DSM-5 o Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), tale disturbo è stato collocato tra i disturbi del neurosviluppo, in cui ritroviamo quei disturbi che alterano le traiettorie di sviluppo tipico del cervello e che hanno un esordio nel periodo dello sviluppo, causando una notevole compromissione del funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. Tra i disturbi del neurosviluppo, ritroviamo: i Disturbi della comunicazione; il Disturbo dello spettro dell’autismo; il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività; I Disturbi Specifici dell’Apprendimento e i Disturbi del movimento.
Questo documento, riguardo alla disabilità intellettiva, suggerisce 4 livelli di compromissione, ovvero:
- lieve: QI 50-70
- moderato: QI 35-49
- grave: QI 20-35
- gravissimo: inferiore a 20
La presenza della disabilità intellettiva, infatti, modifica e condiziona il modo di vivere dei soggetti in cui tale disabilità è presente. Infatti, secondo l’Associazione americana per il ritardo mentale (American Association on Mental Deficency), la principale caratteristica del disturbo è la presenza di un’intelligenza ridotta e di una minor capacità di rispondere alle richieste che provengono dal contesto sociale e dall’ambiente esterno in cui il bambino è inserito.
Oltre alla presenza della disabilità intellettiva, nei soggetti con sindrome di Down, solitamente, sono presenti specifici problemi medici. Si possono, tranquillamente, visionare nella tabella seguente:
Problemi medici | Percentuale nelle persone Down |
Difetti cardiaci congeniti | 50 |
Difetti odontoiatrici | 60-99 |
Difetti visivi (strabismo, cataratta, miopia) | 60-65 |
Perdita dell’udito (non permanente) | 75 |
Otite sierosa media | 50-70 |
Malattie dermatologiche | 45-55 |
Apnea notturna ostruttiva | 50-75 |
Disturbi endocronologici (tiroidei) | 15 |
Obesità | 50-60 |
Lussazione congenita dell’anca | 6 |
Epilessia | 6-13 |
Altresia gastrointestinale | 12 |
Celiachia (intolleranza al glutine) | 1-4 |
Leucemia | 0,6 |
Fonti: American Academy of Pediatrics, “Commitee of genetics health supervision for children with Down syndrome pediatrics”, 107, 2001, pp.442-449;
Ricerche svolte: linguaggio e memoria
Oltre ai disturbi elencati in presecenza, si possono annoverare altrettante anomalie, riguardanti altri ambiti, presenti nei soggetti con sindrome di Down.
Si è evidenziato che, nello stadio preverbale, al pari dei normotipi, la produzione iniziale di questi soggetti è caratterizzata dalla presenza da suoni occlusivi, nasali e approssimanti, accompagnati da una scarsa vocalizzazione.
Si è notato, inoltre, che in questi soggetti, a partire dai 18 mesi di età, è presente un deficit più pronunciato ed evidente nella produzione verbale rispetto alla comprensione.
Fowler, secondo i suoi studi, ha evidenziato una notevole presenza di difficoltà dal punto di vista linguistico. Gli aspetti fonologico e morfosintattico si dimostrano carenti. Lo sviluppo lessicale è migliore di quello sintattico e morfologico, sia nella produzione che nella comprensione.
Se consideriamo, invece, le caratteristiche di tali soggetti in riferimento alle loro capacità mnemoniche, risulta necessario affermare che lo span visuo-spaziale lo ritroviamo tra i punti di forza, a differenza della memoria e breve termine verbale che la ritroviamo tra i punti di debolezza, su cui andare ad indagare su possibile tecniche e metodi per migliorare le loro capacità mnemoniche.
Vianello, Lanfranchi e Moalli, utilizzando il test OLC per valutare il pensiero logico nella sindrome di Down, hanno notato che 14 prove su 24 non sono state svolte dalla maggioranza dei minori con tale sindrome e che l’età mentale di pensiero logico dei minori con tale sindrome, di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, è di 4-5 anni.
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