Riconoscere una condizione di bilinguismo da un disturbo dell’apprendimento
a cura di Angelica Venanzetti
Al giorno d’oggi viviamo in una società multilingue, che per tale ragione potrebbe essere definita complessa. Si osservano spesso dei fenomeni di migrazione e situazioni in cui i bambini si trovano ad acquisire più di una lingua. In alcune condizioni questo potrebbe limitarne gli apprendimenti e talvolta potrebbe essere confuso con un disturbo del linguaggio o con un disturbo dell’ apprendimento (Levorato & Marini, 2019).
Una delle prime considerazioni da dover attuare in queste situazioni è di proporre una doppia valutazione, dunque si consiglia di svolgerla in entrambe le lingue poiché in tal modo si comprende la presenza o l’assenza di eventuali differenze che potrebbero emergere tra la L1 e la L2 (Marinelli et al., 2020).
Innanzitutto uno dei criteri da dover tenere in considerazione in queste situazioni è l’età di esposizione del bambino ad entrambe le lingue, infatti possono esserci diversi livelli di competenza raggiunti (S.N.L.G., 2022). Il bilinguismo si suddivide in bilinguismo simultaneo quando le due lingue vengono acquisite contemporaneamente, e bilinguismo sequenziale, quando le due lingue sono acquisite in due momenti differenti (Levorato & Marini, 2019). Oltre a tale fattore, è opportuno valutare il contesto ambientale in merito alla qualità degli input ricevuti e alla ricchezza degli stimoli presenti (Levorato & Marini, 2019). Dunque, in generale è opportuno svolgere una valutazione della storia linguistica iniziale per comprendere i fattori annessi al fenomeno del bilinguismo (S.N.L.G., 2022). Inoltre si considera di tenere conto della tipologia di strumenti utilizzati nel contesto valutativo e come questi possono impattare sugli esiti rispetto ad eventuali bias dovuti alla strumentazione (S.N.L.G., 2022). È opportuno che la valutazione sia funzionale, cioè che tenga conto del funzionamento globale dell’individuo. Uno degli elementi identificati come “marker clinici” nelle traiettorie evolutive linguistiche è la ripetizione di non parole, ovvero quelle parole che non esistono nella lingua (Marini & Vicari, 2022).
In conclusione, si intende approfondire la distinzione tra la presenza di disturbi del linguaggio e degli apprendimenti rispetto a delle difficoltà dovute al bilinguismo.
- Introduzione
La società odierna è sempre più considerata multiculturale, infatti date le tante situazioni di migrazioni, sono presenti una variabilità di culture che si mescolano tra loro. L’impatto che più se ne può evidenziare è quello sulle traiettorie evolutive del linguaggio nei bambini. Nelle scuole risulta una presenza di alunni stranieri pari all’11,3% rispetto ad una totalità di 8 milioni e mezzo di studenti che sono iscritti nelle scuole; di questi studenti l’11,4 % frequenta la scuola dell’infanzia, il 32,7% frequenta la scuola primaria, il 18,9% la scuola secondaria di primo grado e il 21,3 % la scuola secondaria di secondo grado; inoltre, il 14,4 % si trova nei percorsi di primo livello e l’1,4 % nei percorsi di secondo livello (UIL scuola, 2023).
In merito alla componente territoriale, è possibile osservare una prevalenza di studenti con cittadinanza non italiana al nord, dove c’è il 62,3 % della totalità, a seguito nel centro, parli a 22,1 % ed infine il sud, dove sono presenti per il 15,6 %. In particolare, la Lombardina è la regione del nord con più studenti stranieri iscritti, mentre nel centro Italia è il Lazio e nel sud Italia, la Sicilia (UIL scuola, 2023).
Vista la forte presenza di studenti con cittadinanza non italiana nelle scuole, è opportuno tenere in considerazione la componente linguistica, quindi che impatto può avere questo sui processi di sviluppo, in particolare in merito ai bambini che frequentano la scuola dell’infanzia e la scuola primaria.
- Il bilinguismo
Il bilinguismo è definito come “un insieme di conoscenze implicite (cioè, automatiche) e/o esplicite (ovvero consapevoli) che permettono ad un individuo di usare due o più lingue per comunicare” (Levorato & Marini, 2019).
Talvolta si utilizzano i termini “lingua di origine” e “L1” come sinonimi, e la stessa considerazione viene effettuata per la lingua parlata nella cultura in cui si vive e la L2; è da sapere che talvolta queste due lingue potrebbero subire un’inversione, infatti se una persona si trova a vivere per moltissimi anni in un paese diverso rispetto a quello di origine, potrebbe abituarsi a quella cultura e a quella lingua, dunque potrebbe ridurre le sue competenze linguistiche nella lingua di origine, pertanto la L1 potrebbe divenire la lingua del luogo in cui vive.
Esistono tre diverse tipologie di bilinguismo in relazione all’età di acquisizione delle due lingue (Levorato & Marini, 2019):
- Il bilinguismo viene considerato simultaneo quando il bambino sviluppa le competenze in entrambe le lingue parallelamente, ad esempio questo si verifica nelle situazioni in cui i genitori parlano frequentemente entrambe le lingue, oppure sin dalla nascita viene esposto in maniera costante all’ascolto di entrambe le lingue (Levorato & Marini, 2019).
- Il bilinguismo può essere definito “sequenziale precoce” quando le due lingue vengono acquisite in due momenti diversi della vita del bambino, in particolare una delle due lingue viene ascoltata e parlata sin dalla nascita mentre l’altra lingua viene acquisita tra 2 e 9 anni (Levorato & Marini, 2019).
- La terza forma di bilinguismo è quella “sequenziale tardiva”, ovvero, anche in questo caso le due lingue vengono acquisite in due periodi differenti, quindi una delle due lingue sarà presente sin dalla nascita mentre la seconda lingua dopo i 10 anni, per tale ragione si utilizza l’attributo “tardivo” (Levorato & Marini, 2019).
- Disturbo specifico dell’apprendimento, difficoltà linguistica o bilinguismo?
I bambini esposti ad una molteplicità di lingue potrebbero avere delle traiettorie evolutive differenti, ad esempio in alcune situazioni potrebbero avere un vocabolario ridotto (Roch et al., 2023), talvolta queste caratteristiche vengono confuse con delle situazioni di disturbo del linguaggio o con un disturbo specifico dell’apprendimento.
I disturbi specifici dell’apprendimento sono disturbi caratterizzati da un’alterazione neurobiologica con una sintomatologia di ridotta accuratezza e / o velocità nelle competenze scolastiche, quindi lettura, calcolo e scrittura, quest’ultima sia nella componente ortografica che in quella motoria (Vio et al., 2012).
Nello specifico il manuale diagnostico DSM-5 (APA, 2013) definisce i disturbi specifici dell’apprendimento con la seguente definizione:
“A. Difficoltà di apprendimento e nell’uso di abilità scolastiche, come indicato dalla presenza di almeno uno dei seguenti sintomi che sono persistiti per almeno 6 mesi, nonostante la messa a disposizione di interventi mirati su tali difficoltà:
1. Lettura delle parole lenta e imprecisa o lenta e faticosa (…)
2. Difficoltà nella comprensione del significato di ciò che viene letto
3. Difficoltà nello spelling (…)
4. Difficoltà con l’espressione scritta (…)
5. Difficoltà nel padroneggiare il concetto di numero, i dati numerici o il calcolo (…)
6. Difficoltà nel ragionamento matematico (…)
B. Le abilità scolastiche colpite sono notevolmente e quantificabilmente al di sotto di quelle attese per età cronologica e causano significativa interferenza con il rendimento scolastico o lavorativo, o con le attività della vita quotidiana, come confermato da misurazioni standardizzate somministrate individualmente dei risultati raggiunti e da valutazioni cliniche complete.
Per gli individui di 17 anni e oltre, un’anamnesi documentata di difficoltà di apprendimento può sostituire l’inquadramento clinico standardizzato.
C. Le difficoltà di apprendimento iniziano durante gli anni scolastici ma possono non manifestarsi pienamente fino a che la richiesta rispetto a queste capacità scolastiche colpite supera le limitate capacità dell’individuo (…).
D. Le difficoltà di apprendimento non sono meglio giustificate da disabilità intellettive, acuità visiva o uditiva alterata, altri disturbi mentali o neurologici, avversità psicosociali, mancata conoscenza della lingua o istruzione scolastica inadeguata” (APA, 2013).
Riguardo la componente linguistica, sono diverse le aree associate al linguaggio: il lessico, la fonologia, la morfosintassi e la narrazione.
Il DSM-5 pone diversi criteri per la definizione dei disturbi associati al linguaggio, all’interno della categoria dei Disturbi della Comunicazione vengono considerati il disturbo del linguaggio, il disturbo fonetico-fonologico, il disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia e il disturbo della comunicazione sociale (pragmatica) (APA, 2013).
In particolare, in questo caso si intende considerare il disturbo del linguaggio.
Il disturbo del linguaggio viene descritto come:
“A. Difficoltà persistenti nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio (cioè linguaggio parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovuto a deficit della comprensione o della produzione che comprendono i seguenti elementi:
- Lessico ridotto (conoscenza e uso delle parole).
- Limitata strutturazione delle frasi (capacità di mettere insieme parole per formare frasi fondate sulle regole sintattiche e morfologiche).
- Compromissione delle capacità discorsive (capacità di usare le parole e di connettere le frasi tra loro per spiegare o descrivere un argomento o una serie di eventi o per sostenere una conversazione).
B. Le capacità di linguaggio sono al di sotto di quelle attese per l’età in maniera significativa e quantificabile, portando a limitazioni funzionali dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o delle prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione.
C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.
D. Le difficoltà non sono attribuibili a compromissione dell’udito o ad altra compromissione sensoriale, a disfunzioni motorie o ad altre condizioni mediche o neurologiche e non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo.” (APA, 2013).
- Distingue un disturbo specifico dell’apprendimento o un disturbo del linguaggio dal bilinguismo
Il bilinguismo, per essere definito tale, richiede il raggiungimento di alcuni criteri importanti; innanzitutto uno degli aspetti da considerare è la componente quantitativa, infatti il tempo è un fattore rilevante, per essere considerato bilinguismo, i bambini devono essere esposti per almeno il 30 % del tempo ogni giorno a ciascuna lingua, in questo modo è possibile permettere ai bambini di acquisirle entrambe; ad esempio si può parlare una delle lingue nel contesto familiare e l’altra lingua nel contesto scolastico o sociale (Marini & Vicari, 2022). Il secondo criterio da considerare è la qualità degli stimoli a cui i bambini sono esposti, infatti dovrebbero essere corretti, solo in tal modo sarà possibile ampliare le competenze linguistiche dei bambini (Marini & Vicari, 2022). Il terzo criterio è la ricchezza degli stimoli, pertanto i bambini devono ricevere degli stimoli in maniera frequente e con ampia variabilità (Marini & Vicari, 2022).
Dunque, per poter effettuare una distinzione tra il disturbo del linguaggio o disturbo specifico dell’apprendimento e il bilinguismo, è da considerare il rispetto di questi tre criteri, senza i quali è possibile che ci sia stata una gestione errata di una situazione di bilinguismo.
Un’ulteriore considerazione riguarda il fatto che, per poter definire la condizione disturbo del linguaggio o D.S.A., tali carenze linguistiche o negli apprendimenti dovrebbero presentarsi in entrambe le lingue, non solamente in una delle due. Anche le linee nuove guida per i disturbi specifici dell’apprendimento (S.N.L.G., 2022) considerano tale aspetto, infatti è consigliato di svolgere una valutazione in entrambe le lingue, così può essere osservata la variabilità tra le due.
Per effettuare una considerazione in merito a tale variabile, è da notare che il vocabolario risulta inferiore alle attese per i bambini bilingui rispetto ai bambini monolingui, mentre in merito alla competenza in comprensione delle frasi e dei testi non emergono discrepanze intorno al terzo anno di età, pertanto per raggiungere un’adeguata comprensione nei bambini bilingui viene richiesta un’esposizione alla lingua di almeno due anni, mentre per la produzione all’età di 3 anni è stata evidenziata una prestazione tra le due e le quattro deviazioni standard inferiori alla media, mentre a partire dal quarto anno di esposizione si aveva una ridotta discrepanza tra bilingui e monolingui a riguardo (Roch & Levorato, in stampa).
L’esposizione bilingue non è da considerarsi come un fattore di rischio per l’insorgenza di un possibile disturbo linguistico; è probabile che si osservino delle lacune, infatti sono molteplici i fattori variabili che hanno un rilevante impatto (Levorato & Marini, 2019). Quando viene svolta la misurazione del vocabolario è consigliabile effettuare una valutazione del lessico concettuale, ovvero considerare il vocabolario di entrambe le lingue (Marini & Vicari, 2022).
Uno dei principali rischi quando si effettuano tali valutazioni riguarda soprattutto i bambini bilingui sequenziali, i quali nella lingua di origine avranno raggiunto una maggior completezza linguistica, mentre evidenti carenze saranno presenti nella lingua acquisita in un secondo momento (Kay – Raining Bird, Genesee & Verhoeven, 2016). Uno dei fattori da poter considerare, secondo Rothweiler, Chilla & Clahsen (2012) è la presenza o l’assenza di deficit riguardo la morfologia flessiva del verbo, in particolare nell’accordo soggetto – verbo, in quanto questo potrebbe essere un marker clinico del disturbo del linguaggio sia nei bambini bilingui che nei bambini monolingui.
Inoltre, un altro degli elementi fondamentali per la valutazione di un disturbo del linguaggio è la storia linguistica del bambino e il profilo cognitivo (Marini & Vicari, 2022).
In merito alle abilità di lettura, si stimano delle competenze simili tra bilingui e monolingui nei primi due anni di frequenza scolastica riguardo l’abilità di decodifica di parole e di non parole; in alcuni casi sono presenti alcune fragilità che riguardano la velocità (Bonifacci & Tobia, 2016) o l’accuratezza (Marinelli et al., 2020). La lettura di non parole può essere considerato un marker clinico, dunque bambini che presentano delle difficoltà in questa area potrebbero avere un disturbo specifico dell’apprendimento.
Se le due lingue vengono acquisite dopo i 4 – 5 anni, le prestazioni risultano essere inferiori, in questa fase dunque per la lettura risulta essere attiva la via fonologica, mediante la quale si ha un accesso più lento per la lettura delle parole poiché richiede una conversione grafema – fonema, mentre nella via lessicale, dalla quale si può avere un accesso diretto per le competenze in lettura, si evidenziano delle importanti discrepanze tra monolingui e bilingui (Marini & Vicari, 2022).
Riguardo le prestazioni in scrittura, le competenze per i bambini bilingui richiedono del tempo superiore per essere consolidate. Così come per la lettura, le non parole potrebbero essere un importante indicatore di presenza o assenza del disturbo, anche per la scrittura, le non parole e la valutazione della qualità degli errori risultano essere fondamentali (Marini & Vicari, 2022).
Rispetto alle abilità di calcolo, i bambini bilingui sembrano preferire la lingua con cui il sistema numerico è stato acquisito per la prima volta; inoltre, è da considerare anche l’aspetto del sistema di calcolo utilizzato, poiché ciascuna lingua ha una modalità differente (Marini & Vicari, 2022).
Conclusioni
La società multiculturale sta diventando sempre più multilingue, in contemporanea emergono sempre più studenti con difficoltà o disturbi nelle abilità scolastiche riguardo gli apprendimenti, per tale ragione il rischio è di non riuscire a distinguere correttamente la condizione associata al bilinguismo, che può portare con sé delle difficoltà soprattutto nelle prime fasi di scolarizzazione, da un disturbo specifico dell’apprendimento.
Innanzitutto, dunque è da considerare il contesto del bambino in merito agli input ricevuti, alla ricchezza degli stimoli e all’età di esposizione alle due lingue; in alcuni casi è possibile che si tratti di una errata gestione del bilinguismo, spesso dovuta a delle inconsapevolezze in merito a cosa voglia dire essere bilingui. Inoltre, è da considerare alcuni aspetti legati alla componente linguistica, ad esempio la possibilità di svolgere un compito di ripetizione, di lettura o di scrittura delle non parole; un ulteriore aspetto da dover considerare è la presenza di difficoltà in entrambe le lingue o in una sola delle due lingue. Inoltre, essere bilingui è connesso a delle potenzialità riguardanti le funzioni cognitive, dunque è un vantaggio.
Quando si vive un disturbo specifico dell’apprendimento, questo si manifesta in entrambe le lingue, ma è opportuno sapere che non è un vincolo all’acquisizione di una nuova lingua; nelle lingue opache, rispetto a quelle trasparenti, è possibile che si presentino delle difficoltà ma questo non impedisce la possibilità di acquisirle.
Bibliografia
American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th ed.; APA Publisher: Washington, DC, USA, 2013.
Bonifacci & Tobia (2016), in “I disturbi del linguaggio in età evolutiva.”, a cura di Marini & Vicari
Kay – Raining Bird, Genesee & Verhoeven (2016) in “). I disturbi del linguaggio in età evolutiva.”, a cura di Marini & Vicari.
Levorato, M. C., & Marini, A. (2019). Il bilinguismo in età evolutiva. Aspetti cognitivi, linguistici, neuropsicologici, educativi.
Marinelli et al. (2020), in “I disturbi del linguaggio in età evolutiva.”, a cura di Marini & Vicari.
Marini, A., & Vicari, S. (2022). I disturbi del linguaggio in età evolutiva.
Roch, M., Dicataldo, R., & Levorato, M. C. (2023). Receptive Vocabulary and Listening Narrative Comprehension of Italian–English Bilingual Children between 5 to 7 Years. Education Sciences, 13(8), 780.
Roch & Levorato (in stampa), in “I disturbi del linguaggio in età evolutiva”, a cura di Marini & Vicari.
Vio, C., Tressoldi, P. E., & Presti, G. L. (2012). Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico. Edizioni Erickson.
Sitografia
S.N.L.G (2022) Linee guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento https://www.iss.it/documents/20126/8331678/LG-389-AIP_DSA.pdf/a288d319-fb01-bb17-9be1-d1cbd6a50e19?t=1677495513359
UIL Scuola (2023), Studenti stranieri, le nuove mappe della presenza in Italia