DESCRIZIONE
La Comunità educativa minorile nasce come realtà finalizzata al superamento di quelle che sono le situazioni di disagio psichico, fisico e relazionale dei giovanissimi.
Il relativo progetto educativo si colloca, infatti, in una realtà di vera e propria accoglienza che intende realizzare il benessere del minore soddisfacendone: esigenze sanitarie, educative, formative di risocializzazione garantendogli una residenzialità di tipo familiare (un concetto che include un’accoglienza, certamente pratica, ma, anche, attenta al piano emozionale del minore). La comunità offre, in tal modo, assistenza e supervisione da parte di personale non solo specializzato, ma, anche, dotato di caratteristiche peculiari: empatia; resilienza; elasticità; problem solving.
Lavorare in una comunità minorile significa possedere le competenze necessarie per comprendere le diverse sensibilità dei minori al fine di favorirne, in ogni modo possibile, un più che adeguato sviluppo personale. Nonostante tali realtà siano le migliori alternative possibili all’ambiente di vita originario del minore, esistono stati di disagio che ne inficiano, ulteriormente, le opportunità sociali, educative e relazionali. Tra questi, quello più complesso è quello legato al mondo delle dipendenze, intese nel senso più moderno del termine, ossia a tutto tondo (dunque, non solo tossicodipendenza).
Un tema che interessa grandemente l’adolescenza odierna. Essere collocato in una comunità rieducativa, dovendo, anche, affrontare un problema di dipendenza, significa per l’ospite, per l’équipe educativa e per la rete dei servizi coinvolti, dover gestire una problematica decisamente più complessa, ove la dipendenza è causa, ma anche conseguenza del percorso deviante o criminale del giovanissimo. Un percorso comunitario che debba sostenere il minore, anche, nella disintossicazione, deve coinvolgere la famiglia del giovane e tutti coloro che, a vario titolo, siano ricompresi nel nucleo affettivo dell’ospite, al fine di dotare tutti i soggetti coinvolti di strumenti adeguati alla risocializzazione funzionale del minore (esaminando, per esempio, in chiave costruttiva, i vari profili di responsabilità personale e le relazioni funzionali-disfunzionali tra i coinvolti). Lo stesso tipo di lavoro è svolto in caso di minori stranieri non accompagnati: una realtà che affiancata ai minori non stranieri, caratterizza molte comunità italiane.
In conclusione, è senza dubbio corretto affermare che la dipendenza rende maggiormente difficoltoso il contrasto allo sviluppo di comportamenti antisociali: urge, allora, in questi casi più che mai, una progettualità che sia, assolutamente, personalizzata, ossia, che garantisca l’introduzione nella vita del minore di spazi di crescita sani, curando, anche, il supporto scolastico (spesso inficiato dalla dipendenza stessa che rende difficoltosa la convivenza coi pari in ambito formativo). La comunità lavora col minore affetto da dipendenza su modelli comportamentali che siano alternativi a quello esperito nella vita fuori dalla comunità o dal carcere, se la provenienza è il circuito penale. Tale lavoro prevede l’attivazione del minore, non solo come ruolo atteso da tutta la rete concretamente coinvolta nel suo recupero rieducativo, ma, anche, come punto di partenza dal quale non sia possibile prescindere nell’ottica della risoluzione della dipendenza che lo affligga. L’intervento educativo pone al centro la valorizzazione del profilo del minore: si individuano e si esaminano tutti i fattori che possono prevenire l’insorgenza di comportamenti antisociali.
In particolare la Dott.ssa Giorgia Stanese ci parlerà dell’inquadramento sulla comunità educativa minorile, esplorando le finalità dell’accoglienza, le motivazioni per l’inserimento dei minori, e le problematiche legate al disagio psichico, fisico e relazionale, incluse dipendenze e devianza, con particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati e alle difficoltà dell’accoglienza mista.
Successivamente ci illustrerà le opportunità offerte dal percorso comunitario per gestire le dipendenze minorili, evidenziando il ruolo di équipe educativa, servizi e famiglia nella risocializzazione. Affronterà le difficoltà dei minori provenienti dal circuito penale, la devianza legata all’immigrazione e la dispersione scolastica.
Gli Incontri Tematici hanno una durata complessiva di 2 ore di formazione teorica.
Gestire le dipendenze nelle comunità educative minorili italiane odierne (prima parte)
La Comunità educativa minorile. Inquadramento della realtà dell’accoglienza comunitaria italiana; delle finalità comunitarie; delle ragioni sottese all’inserimento del minore in comunità.
Inquadramento di situazioni di disagio psichico, fisico e relazionale dei giovani accolti nelle comunità. Dipendenze minorili/devianza minorile: panoramica
Il percorso educativo basato sul progetto personale e gruppale comunitario. Progetti e professionalità correlate.
La famiglia e il gruppo dei pari di provenienza del minore collocato in comunità: ruoli, funzioni, disfunzionalità.
Collocamento/inclusione in comunità del minore straniero non accompagnato. Le difficoltà di un’accoglienza di tipo misto. Le dipendenze nel minore straniero.
Gestire le dipendenze nelle comunità educative minorili italiane odierne (seconda parte)
Opportunità sociali, educative e relazionali offerte dal percorso comunitario versus gestione delle dipendenze minorili.
I protagonisti della gestione della dipendenza. Favorire la risocializzazione del minore tramite équipe educativa, rete di servizi coinvolti e famiglia del minore.
Provenienza del minore dal circuito penale: la difficile realtà dei reati connessi alla dipendenza. Immigrazione: seconde generazioni / devianza giovanile / dipendenze e reati connessi a tali ambiti.
Dispersione scolastica/inclusione scolastica del minore collocato in comunità affetto da dipendenze.
ATTESTATO
A conclusione degli incontri tematici verrà rilasciato l’attestato di partecipazione.
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