Le funzioni esecutive tra disabilità intellettiva, funzionamento intellettivo limite e plusdotazione: suggerimenti di trattamenti 

funzioni esecutive

a cura della Dott.ssa Angelica Venanzetti

Abstract 

Le funzioni esecutive sono delle abilità che permettono di svolgere in maniera autonoma compiti di vita quotidiana, quali la capacità di pianificazione del tempo, del denaro, capacità di apprendimento di lettura, scrittura e calcolo e problem solving. In situazioni di disabilità intellettiva le funzioni cognitive si mostrano carenti, seppur con diversi gradi di disabilità. Secondo alcuni modelli teorici, alla base del funzionamento cognitivo è presente la capacità di inibizione, caratterizzata dal saper mantenere alcune informazioni salienti e non essere influenzati da altre informazioni che in uno specifico momento risultano irrilevanti. Inoltre, un’altra importante funzione esecutiva è la memoria di lavoro, mediante la quale si possono mantenere in memoria più informazioni ed elaborarle al fine di raggiungere un risultato. La terza funzione esecutiva è la flessibilità cognitiva, o shifting, è caratterizzata dalla capacità di saper spostare la propria attenzione o di individuare delle soluzioni innovative, non abituali. 

È opportuno distinguere la disabilità intellettiva dal funzionamento intellettivo limite (F.I.L), per tale ragione, uno strumento utile è l’utilizzo del quoziente intellettivo. Il Q.I. si manifesta nella popolazione tipica con un punteggio medio di 100 e una deviazione standard di 15; dunque coloro che alle prove di valutazione intellettiva otterranno un punteggio compreso tra 85 e 115 saranno classificabili come popolazione nella norma. Se il risultato sarà tra 71 e 84 sarà opportuno definire la situazione come un F.I.L.; in tale condizione, la quale non è considerata come una disabilità, saranno presenti delle difficoltà riguardanti alcune delle funzioni esecutive suddette precedentemente. Quando il punteggio sarà inferiore a 70 si potrà considerare una disabilità intellettiva, è importante tenere in considerazione i diversi gradi di disabilità che comprendono, non solo la componente cognitiva, ma anche il funzionamento adattivo negli ambiti concettuale (ad esempio il tempo, il denaro), sociale (capacità comunicative) e pratico (orientamento spaziale, utilizzare mezzi di trasporto, lavoro, gestione della casa, cura della persona). Quando il Q.I. è al di sopra di 130 si definisce “plusdotazione”, la quale spesso si manifesta mediante dei talenti in degli ambiti specifici. 

Ciascuna di queste situazioni richiede dei trattamenti specifici rispetto alle condizioni di carenza, è necessario mantenere la consapevolezza che ciascuno è caratterizzato da punti di forza e da punti di debolezza; dunque, i punti di forza possono essere lo strumento affinché si possa intervenire sui punti di debolezza. Sia nel contesto familiare che nel contesto scolastico è necessario proporre attività che vadano ad incrementare tali abilità deficitarie lavorando sulle potenzialità dell’individuo. 

Introduzione 

Il DSM-5 (APA, 2013) definisce la disabilità cognitiva un “disturbo con esordio nel periodo dello sviluppo che comprende deficit nel funzionamento intellettivo che adattivo negli ambiti concettuali, sociali e pratici. Devono essere soddisfatti i seguenti criteri: 

  1. Deficit delle funzioni intellettive, come ragionamento, problem solving, pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e apprendimento dall’esperienza, confermati sia da una valutazione clinica sia dai test di intelligenza individualizzati, standardizzati. 
  2. Deficit del funzionamento adattivo che porta al mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali di autonomia e responsabilità sociale. Senza un supporto costante, i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, come la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita autonoma, attraverso molteplici ambienti quali casa, scuola, ambiente lavorativo e comunità. 
  3. Esordio dei deficit intellettivi e adattivi durante il periodo di sviluppo.” 

Possono esserci diverse cause rispetto alla disabilità intellettiva: le cause biologiche genetiche, le quali sono dovute alla presenza di sindromi genetiche, alcune di queste sono la sindrome di Down, di Williams, X-Fragile, Prader-Willi; altre cause possono essere biologiche non genetiche, come malattie prenatali, perinatali e postnatali, ad esempio la rosolia, la toxoplasmosi, la prematurità, la meningite, l’encefalite e i traumi. Altri fattori di causa possono essere carenze educative dovuti a svantaggi socio-culturali (Vianello, 2015). 

La componente adattiva si suddivide in abilità concettuali, pratiche e sociali. Gli ambiti concettuali fanno riferimento al linguaggio, alle abilità di lettura, scrittura e calcolo e ai concetti di tempo e di denaro. L’aspetto sociale riguarda le capacità di comunicazione, interpersonali, avere consapevolezza delle regole, delle leggi e di saper evitare situazioni pericolose. L’ambito pratico si caratterizza per l’utilizzo del telefono, del tempo, del denaro, dei mezzi di trasporto e per la possibilità di prendersi cura della persona, della propria salute e della casa (Vianello, 2015). 

Il funzionamento intellettivo limite è una condizione in cui il Q.I. si trova tra 71 e 84. È importante valutare anche la componente adattiva nella diagnosi. Possono esserci diverse cause che indicano le situazioni limite, una tra le più frequenti è quella dello svantaggio socio-culturale. È possibile che nei primi anni di vita non si evidenzi alcuna carenza, successivamente, con il passare del tempo, alcune condizioni ambientali possono agire negativamente riducendone le potenzialità di sviluppo (Vianello, 2015). 

La plusdotazione viene definita tale quando dal test per il Q.I. risulta un punteggio superiore a 130, in queste situazioni le persone tendono ad avere una maggiore maturità e ridotti problemi emozionali (Davidson, 2000). Sono stati definiti alcuni criteri che definiscono le persone con la plusdotazione: la precocità, l’avere un ritmo diverso dagli altri e la passione per gli approfondimenti. La precocità si caratterizza per la conoscenza approfondita di ambiti specifici, l’apprendimento è più facilitato, si ipotizza che tale precocità sia dovuta alla presenza di un’abilità innata in un particolare dominio. La presenza di un ritmo diverso riguarda un differente modo di imparare, infatti talvolta non necessitano di particolari aiuti dagli adulti. La passione per gli approfondimenti si caratterizza per la motivazione verso gli ambiti dove manifestano i loro talenti, tendono a focalizzarsi in qualcosa di specifico, hanno una motivazione intrinseca (Winner, 1996). 

1. Lo sviluppo cognitivo 

Nel corso degli studi sulla psicologia dello sviluppo, diversi autori si sono occupati di individuare le fasi di sviluppo e quando avvengono i cambiamenti cognitivi.

1.1 Jean Piaget e le fasi dello sviluppo cognitivo

Uno degli autori più importanti è Jean Piaget. Nello sviluppo tipico, intorno al raggiungimento dei due anni di età, si dovrebbe raggiungere la “permanenza dell’oggetto”, ovvero la capacità di sapersi rappresentare mentalmente la realtà esterna, un tipico esempio riguarda la consapevolezza che anche quando un oggetto è nascosto, continua ad esistere e mantenere le sue proprietà fisiche, spaziali e temporali (Macchi Cassia, 2012). Nella fase definita da Piaget come “pre operatoria”, che si sviluppa tra 2 e 7 anni, emergono altre abilità importanti: l’imitazione differita, l’analisi mezzi-fini, il gioco simbolico e lo sviluppo del linguaggio, inoltre in questo periodo inizia ad essere presente il ragionamento pre logico. 

L’imitazione differita è la capacità di saper imitare un comportamento dopo un certo periodo di tempo da quando è stato osservato, tale imitazione non c’era quando il comportamento era visibile; questa abilità mostra una capacità di rappresentazione mentale. Il gioco simbolico si ha quando il bambino esegue una sequenza di comportamenti in assenza dello strumento tipico di quel gioco, dunque utilizza un oggetto come se fosse qualcosa di diverso. Il ragionamento pre logico si caratterizza per la rigidità e unidirezionalità, infatti in questa fase di età i bambini possono considerare un solo elemento per volta.

Un’ulteriore caratteristica è la mancanza di flessibilità, in quanto i bambini si focalizzano sugli stati e non sulle trasformazioni tra gli stati. Infatti, in questo periodo, non si riescono a svolgere i compiti di conservazione, ovvero quei compiti che richiedono di valutare le proprietà della materia quando ne viene modificato l’aspetto esteriore. A partire dai 36 mesi circa, i bambini iniziano a compiere le prime classificazioni e seriazioni, le quali man mano divengono più complesse e mature nella fase che Piaget definisce “operazioni concrete”, tra i 7 e gli 11 anni d’età. In questo periodo vengono sviluppate le operazioni intellettuali; dunque, si acquisiscono capacità logiche rispetto alle relazioni, ai sistemi organizzativi e alle relazioni tra le classi (Macchi Cassia, 2012). 

Per poter lavorare sulle funzioni esecutive, è importante considerare le operazioni logiche di base, poiché a partire da queste, sarà possibile individuare l’assenza o la presenza di funzioni più elevate. Quando si parla di disabilità cognitiva è opportuno valutare l’età mentale, ovvero quell’indicatore che permette di individuare l’età di sviluppo effettivo; mediante questo valore possiamo comprendere a quale tappa dello sviluppo il bambino dovrebbe trovarsi e lavorare sulle fasi successive (Vianello, 2012). 

1.2 Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale

Nella definizione dello sviluppo occorre considerare anche la teoria di Vygotskij differenziando tra la zona di sviluppo attuale del bambino e la sua zona di sviluppo prossimale.

La zona dello sviluppo attuale si riferisce a quei compiti che il bambino riesce a svolgere in autonomia; la zona di sviluppo prossimale riguarda quelle attività che il bambino potrebbe compiere se venisse aiutato da adulti o da pari con delle competenze superiori (Vianello, 2012). Per tale ragione è necessario essere consapevoli di quali sono le capacità del bambino in autonomia, per incrementare gradualmente la complessità al fine di sviluppare altre abilità. 

2. Lo sviluppo cognitivo in situazioni di disabilità cognitiva

Innanzitutto, per proporre dei trattamenti e degli interventi in situazioni di disabilità cognitiva occorre conoscere le fasi dello sviluppo tipico, mantenendo la consapevolezza di come l’ambiente e i fattori individuali agiscano contemporaneamente. Inoltre, è importante valutare l’età mentale equivalente al fine di comprendere qual è il livello raggiunto dalla persona in quel momento (Vianello, 2012). 

Per poter sviluppare i processi responsabili dell’apprendimento vengono identificati alcuni elementi importanti: l’attività del soggetto, la coordinazione degli schemi e le tappe evolutive. L’attività del soggetto riguarda la possibilità di mantenere attiva la capacità cognitiva. La coordinazione degli schemi fa riferimento all’integrazione tra diverse conoscenze acquisite affinché si possano instaurare delle nuove conoscenze modificando quelle precedenti. Le tappe evolutive riguardo la progressione nelle tappe di sviluppo, dunque, quando si propongono dei compiti, è importante rispettarle (Bovet et al., 1974). 

Una delle principali linee da dover seguire, per coloro che presentano disabilità cognitiva, è l’inserimento in una classe normale. Spesso le persone con disabilità cognitiva tendono ad avere degli atteggiamenti negativi verso gli estranei, un’eccessiva dipendenza verso gli adulti che conoscono, ridotta autostima, maggiore motivazione estrinseca rispetto a quella intrinseca e una limitata aspettativa di successo. Dunque, mediante l’integrazione in una classe normale, i bambini con tali deficit possono essere sostenuti rispetto alla componente emotiva e motivazionale, poiché hanno la possibilità di incrementare le loro capacità in presenza di un ambiente stimolante. In contesti normali possono esprimere meglio le loro capacità (Kim, 2001; Vianello, 2012). 

L’inserimento nelle classi sostiene lo sviluppo sociale, infatti si possono costruire nuove amicizie, le interazioni, una concezione del sé differente, e permette di favorire il benessere (Vianello, 2012). Inoltre, è stato affermato che coloro che presentano uno sviluppo tipico, se si trovano in contesti classe dove sono presenti anche persone con deficit cognitivo, non hanno ridotte possibilità di apprendimento, bensì ottengono delle prestazioni superiori (Cole, 2004). 

Quando si vuole sviluppare un piano riabilitativo è importante partire dal livello raggiunto nelle varie componenti dello sviluppo, ovvero nell’intelligenza, nella capacità di comunicazione non verbale e in quella verbale, nelle abilità sociali e nel controllo emotivo; inoltre, occorre sorprendersi rispetto ai progressi dello sviluppo (Vianello, 2012). 

Nel contesto scolastico si ritiene opportuno che l’ambiente sia strutturato, non rumoroso, con delle distrazioni limitate, per quanto possibile, e caratterizzato da delle routine costanti; in tal modo ci sarà una prevedibilità che può favorire la capacità di apprendimento. Si ritiene necessario attivare ed utilizzare una didattica personalizzata ed individualizzata, occorre avere consapevolezza che ci siano le basi cognitive sufficienti affinché si possano raggiungere determinati requisiti di apprendimento (Vianello, 2012). 

3. Funzioni esecutive e disabilità cognitiva: modalità di intervento

È opportuno diversificare le modalità di intervento e di azione rispetto alla gravità della disabilità cognitiva. 

Quando si presenta una situazione di Funzionamento Intellettivo Limite è consigliabile lavorare su alcune funzioni esecutive poiché si evidenziano delle discrepanze rispetto alle persone con sviluppo tipico. A tal proposito, è possibile incrementare la memoria di lavoro mediante la proposta di attività in doppio compito, ovvero dove viene richiesto di mantenere più informazioni contemporaneamente ed elaborarle. Inoltre, si potrebbero utilizzare prove di memorizzazione delle informazioni intervallate da attività con richieste di dominio differente; tali strumenti includono anche la capacità di inibizione.

Ulteriori compiti consigliati riguardano le attività di comprensione del testo in cui viene richiesto anche di attuare un monitoraggio e un aggiornamento costante delle informazioni e delle relazioni tra le informazioni. Le attività di riordinamento di storie figurate o di testi (ad esempio introduzione, svolgimento e conclusione) possono incrementare le abilità di pianificazione. Inoltre, utilizzare dei problemi di natura logica, sia in modalità figurata, che verbale o aritmetica, permetto di stimolare l’abilità di problem solving e di flessibilità cognitiva (Lab.D.A.) 

Nelle situazioni di plusdotazione è importante lavorare sulla motivazione e sulla novità, in quanto il rischio è che questi bambini possano annoiarsi in presenza di compiti eccessivamente facili. Si consiglia di stimolare curiosità, attenzione e di rendere le attività attraenti; in alcuni casi è consigliabile mantenere flessibilità e, quando si presentano dei talenti straordinari, potrebbe essere opportuno inserirli in classi avanzate, inoltre è importante promuovere le abilità in cui si presenta l’eccellenza (Bloom 1985; Winner, 1996; Santrock, 2021). 

Conclusioni 

Ciascun individuo è caratterizzato da un differente sviluppo cognitivo, mostrando punti di forza e punti di debolezza; infatti, quando si propongono interventi e suggerimenti in situazioni di disabilità cognitiva o di fragilità cognitiva, è opportuno lavorare su ciascun individuo sulle debolezze mediante i punti di forza, i quali fungono da supporto allo sviluppo individuale. Ogni persona, seppur con modalità e tempi diversi, può migliorare ed incrementare le sue abilità affinché possano essere utilizzate in ciascun contesto di vita (Vianello, 2012). 

Quando si intende attuare un intervento in situazioni di disabilità intellettiva o di fragilità cognitiva, è importante conoscere quale è il macro obiettivo a cui si vuole tendere, ma questo deve essere scomposto in micro obiettivi, affinché per ciascuna difficoltà che emerge, si possano individuare delle singole capacità sottostanti e lavorare su queste.

Per tale ragione, è possibile tenere in considerazione le fasi proposte da Piaget descritte in precedenza, poiché, se si intende lavorare sulle autonomie o sulle funzioni esecutive, come la memoria di lavoro, è opportuno avere la consapevolezza che la persona abbia acquisito la capacità di categorizzazione, di seriazione, di numerazione (Santrock, 2021). Dunque, suddividere delle abilità più elevate in sotto abilità, permette di considerare quali sono le capacità richieste e in quali la persona necessita di ricevere un intervento e in quali si trova in una traiettoria tipica dello sviluppo (Vianello, 2012). In generale, si consiglia di intervenire sin da quando si è piccoli, poiché una presa in carico rispetto a delle carenze di tipo cognitivo permette di svolgere un percorso scolastico in maniera più serena e tranquilla; altrimenti, in assenza di un supporto o un trattamento, il rischio è di affaticare ulteriormente il percorso di apprendimento; intervenire da piccoli permette di favorire un percorso evolutivo migliore. 

In situazioni di disabilità, così come in altre condizioni di difficoltà, è sempre necessario lavorare sul piano emotivo e psicologico; infatti, la fatica causa dalla disabilità o dalla difficoltà, rischia di condurre a demotivazione, senso di incapacità; dunque, il suggerimento è di lavorare in contemporanea sia sul piano cognitivo che sul piano emotivo-psicologico (Vianello, 2012). 

Bibliografia 

  1. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th ed.; APA Publisher: Washington, DC, USA, 2013.
  2. Bloom, B. S. (1985). Generalizations about talent development. Developing talent in young people, 507-549.
  3. Bovet, M., Inhelder, B., & Sinclair, H. (1974). Apprentissage et structures de la connaissance. FeniXX.
  4. Cole, C. M., Waldron, N., & Majd, M. (2004). Academic progress of students across inclusive and traditional settings.Mental retardation,42(2), 136-144.
  5. Davidson, J. E. (2000). Giftedness. In A. E. Kazdin (Ed.),Encyclopedia of Psychology(Vol. 3, pp. 494–498). Oxford University Press.
  6. Kim, S., Larson, S. A., & Charlie Lakin, K. (2001). Behavioural outcomes of deinstitutionalisation for people with intellectual disability: a review of US studies conducted between 1980 and 1999.Journal of Intellectual and Developmental Disability,26(1), 35-50.
  7. Macchi Cassia, V., Valenza, E., & Simion, F. (2012).Lo sviluppo della mente umana. Dalle teorie classiche ai nuovi orientamenti. il Mulino. 
  8. Miyake, A., Friedman, N. P., Emerson, M. J., Witzki, A. H., Howerter, A., & Wager, T. D. (2000). The unity and diversity of executive functions and their contributions to complex “frontal lobe” tasks: A latent variable analysis.Cognitive psychology, 41(1), 49-100 
  9. Santrock, J. (2021). Psicologia dello sviluppo, IV edizione. McGraw Hill education. 
  10. Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5 (pp. 1-284). Edizioni Junior. 
  11. Vianello, R. (2012). Potenziali di sviluppo e di apprendimento nelle disabilità intellettive. Indicazioni per gli interventi educativi e didattici. Edizioni Erickson. 
  12. Winner, E. (1996). Gifted children(Vol. 1). New York: Basic Books.

Sitografia 

Vianello, R. (2023). Disabilità intellettive https://www.disabilitaeinclusione.it/disabilita-intellettive/inclusione-e-trattamento/ 

Lab.D.A. https://www.labda-spinoff.it/corsi-di-aggiornamento-e-supervisione/materiali/