L’APPROCCIO TEACCH – Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children

La questione dell’indipendenza è un’impresa cruciale per il mondo della disabilità mentale ma non impossibile in quanto molti risultati possono essere raggiunti anche facilmente. In questa sfida sono coinvolti molti protagonisti e molti fattori; alcuni di questi ultimi sono:

  • Il potenziale di apprendimento di abilità nella persona
  • La valutazione competente, approfondita e realistica delle abilità della persona
  • L’ambiente organizzato per l’indipendenza
  • Calma, tempo e tranquillità
  • La gestione del rinforzo
  • Il controllo degli stimoli

La tecnica TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children) del lavoro indipendente consiste nel proporre compiti non solo organizzati secondo un’appropriata gradazione di difficoltà, allo scopo di favorire apprendimento senza errori, ma anche materialmente organizzati in modo da garantire assoluta indipendenza nella comprensione del compito, del modo di svolgerlo, della sua durata e della sua fine. Nata all’interno del programma statale del Nord Carolina fondato da Eric Schopler negli anni ’70, questa metodologia ha come scopo il trattamento e l’educazione delle persone affette da disturbi generalizzati dello sviluppo e con disabilità intellettiva, comprende servizi di diagnosi valutazione, programmazione educativa, training dei genitori, degli insegnanti e degli operatori e si occupa di persone con autismo e disabilità intellettiva dall’infanzia all’età adulta, dalla scuola materna all’impiego e vita nella comunità; esso è l’unico programma universitario statale autorizzato per legge a fornire servizi, ricerca e formazione multidisciplinare per questi tipi di problematiche.

CORSO ONLINE

 

Tre sono i princìpi fondamentali della Division TEACCH:

  • Individualizzazione: mete e obiettivi devono essere scelti in base all’approfondita valutazione individuale e la scelta dei modi per aggirare le difficoltà deve sfruttare i punti di forza riscontrati nel disabile
  • Flessibilità: modalità e strumenti dell’educazione, oltre ad essere scelti per rispondere ai bisogni dell’individuo, si devono modificare in base al variare delle sue necessità e delle sue abilità
  • Indipendenza: gli sforzi di tutti coloro che lavorano con persone affette da disabilità intellettiva non sono limitati all’insegnamento di nuove abilità, ma concentrati anche nella facilitazione dell’uso indipendente, utile, significativo, flessibile e spontaneo delle abilità possedute. Chiaramente deve essere ridotta al minimo, anche gradualmente, l’interferenza da parte di una persona esterna.

Fondamentale è quindi individuare chiaramente le attuali abilità possedute dal disabile e le abilità necessarie per svolgere il compito proposto: si ha infatti indipendenza in un compito quando esso richiede, per essere svolto, abilità che sono già possedute da chi lo svolge.

Se vogliamo davvero favorire l’indipendenza bisogna ricordare che:

  • È indispensabile una valutazione delle abilità del soggetto con disabilità intellettiva relative al compito da proporre
  • Occorre una conoscenza di quali abilità sono necessarie per svolgere il compito proposto (analisi del compito)
  • Bisogna controllare il modo il cui si chiedere di svolgere il compito, così da legare il comportamento del soggetto alle variabili inerenti al compito e non alle interferenze

Un concetto fondamentale legato a quanto detto sopra è quello della facilitazione. Facilitare significa adattare i compiti alle abilità già possedute depurandolo da quelle complicazioni che renderebbero l’apprendimento o l’esercizio autonomo impossibile.

Se si riuscirà a facilitare frequentemente lo svolgimento dei compiti ai soggetti con disabilità intellettiva, allora sarà più probabile che essi apprendano a svolgere questi compiti in autonomia.

Possiamo dividere le facilitazioni in due tipi:

  • Intervento di aiuto a svolgere il compito: si tratta dell’usuale aiuto graduale. Davanti al compito difficile dal disabile, lo si aiuta a compierlo, ritirando poi progressivamente l’aiuto fino a permettere l’esercizio autonomo del compito appreso. Nel caso in cui l’attività richieda l’uso di abilità non possedute o emergenti, il tempo di aiuto sarà lungo e ciò potrà provocare dipendenza: in questo caso conviene aiutare direttamente il disabile
  • Organizzazione facilitata del compito, esso consiste nel:
    • Preparare il compito in modo che esso si presenti di adeguata complessità e alla portata del soggetto con disabilità intellettiva
    • Variare gradualmente questa organizzazione in modo che il soggetto possa affrontare in modo indipendente la novità in quanto quest’ultima comporta l’uso di una abilità che è già presente nel repertorio ma viene usata di solito in compiti diversi
    • Organizzare il compito in modo che fornisca immediatamente il prompt a fare da soli

È in quest’ultima categoria che è contenuta l’educazione strutturata, attività che data la semplicità, l’evidenza e l’utilizzo nella realizzazione di materiale povero, dal 2014 i medici, la caposala e le educatrici professionali hanno deciso di farla svolgere agli ospiti del reparto RSD6 dell’Istituto Ospedaliero di Sospiro in provincia di Cremona.

Inizialmente le attività venivano svolte per riempire il tempo, per tenere occupati quei pazienti affetti da gravi disabilità che causavano problemi di tipo relazionale e gestionale, per cercare di creare un ambiente di vita il più possibile ricco di stimoli per tutti e per creare una sorta di autonomia in ciascuno degli ospiti, sempre dipendenti dagli operatori; successivamente, vedendo dei risultati nella maggior parte dei casi positivi, si è deciso di mantenere attivo questo progetto.

 

CORSO ONLINE

 

Nella realizzazione delle attività, il team ospedaliero ha così agito:

  • Stilato una sorta valutazione iniziale il più possibile attenta e realistica delle abilità  e delle incapacità di ciascun paziente così da non creare esercizi troppo complessi od inadeguati
  • Raccolto il materiale ed assemblato
  • Creato un ambiente il più adatto possibile alle esigenze di ciascuno con tavoli, scaffali a destra e a sinistra di ciascun piano d’appoggio, sedie per chi non è in carrozzina
  • Mostrato l’iter dell’attività (prendere il materiale dallo scaffale di sinistra, svolgerlo, posizionarlo in quello di destra) tutte le volte che l’educatore lo riteneva disponibile
  • Rilevato, tramite griglie, i possibili miglioramenti; esse sono:
  1. Griglia di valutazione Prima e Dopo: questo strumento si basa sulla valutazione AAPEP (Profilo psico-educativo per adolescenti ed adulti) la quale è costituita da una serie di prove che permettono di definire il profilo psicoeducativo del disabile adulto; il suo obiettivo è quello di definire specifiche abilità di base su cui lavorare al fine di sviluppare nuove abilità. Per ogni item esistono tre punteggi possibili: Acquisito (quell’abilità è saldamente posseduta), emergente (quella determinata capacità risulta essere il possibile insegnamento), non acquisito (l’item è troppo lontano dalle sue momentanee possibilità). Il profilo psicoeducativo completo del disabile deriverà quindi dall’analisi dei successi, degli insuccessi e delle emergenze di ognuno alle diverse prove. Con esse gli educatori valutano e monitorano le abilità di ciascuno, sia all’ingresso che durante tutta la permanenza in istituto del paziente.
  2. Scheda di rilevazione attività occupazionali e tempo di impiego: la scheda mostra le attività che ogni che paziente svolge durante la settimana; possono essere eseguite interamente, parzialmente o non eseguite del tutto per diversi motivi.

Le attività vengono svolte, durante la mattinata, dalle ore 9:45 circa, dopo la colazione e l’igiene personale di ciascuno, alle 11:30 circa, prima del pranzo.

 

Osservazione dei dati

Analisi bivariata con calcolo delle differenze Prima- Dopo:

  • 2 casi sono rimasti invariati (Giovanni C., Gianfranco S.)
  • 9 casi hanno avuto dei miglioramenti in modo totalmente acquisito o emergente (Maria Catena S., Giovanna B., Ines D., Dina B., Maria Grazia S., Giuseppe G., Carlo P., Angelo C., Renzo L.), con una rispettiva diminuzione dei valori nell’ambito dei non acquisiti.

 

Il grafico mostra i dati relativi al punteggio Acquisito: i miglioramenti si notano in tutti i casi tranne in tre casi rimasti invariati (Giovanni C., Franco S., Renzo L.)

 

 

 

Il grafico mostra i dati relativi al punteggio Emergente: nella rilevazione Dopo si notano dei miglioramenti tranne in due casi (Giovanni C., Franco S.) rimasti immutati.

 

 

 

Il grafico mostra i dati relativi al punteggio non acquisito: la diminuzione è evidente in tutti i casi tranne nei tre (Giovanni C., Carlo P., Franco S.) in cui i valori sono pari a zero sia Prima che dopo.

 

Di fronte ad una persona con disabilità, la cui vita dipende dalle scelte che altri fanno per loro, non bisogna dimenticarsi della dimensione soggettiva e dei sentimenti che queste persone provano: esse non sono oggetti da manovrare ma individui da stimolare così da far emergere le loro abilità e potenzialità. Per operare positivamente a favore delle persone con disabilità occorre quindi formulare delle possibilità di vita e di benessere che superino le menomazioni reali e visibili. Leggere in modo competente le difficoltà è una delle abilità che gli educatori che si occupano di disabilità devono possedere: la possibilità di mettere a punto strategie ed interventi efficaci dipende anche dalle capacità di formulare ipotesi appropriate e significative rispetto a quei comportamenti ritenuti problematici.

Visti i risultati ottenuti, l’educazione strutturata si è presentata come un’ ottima strategia di intervento tesa a costruire ed arricchire l’autonomia dei singoli e a contrastare i comportamenti-problema di ognuno, in un ambiente ricco di stimoli ottimizzando il loro tempo.

Consiglierei dunque l’utilizzo di questo programma anche ad altri istituti ed a soggetti affetti da disturbi generalizzati dello sviluppo e con disabilità intellettiva e psichica.

 

Bibliografia

  • Canevaro, A. (1999). Pedagogia Speciale: la riduzione dell’handicap. Milano: Mondadori.
  • Goussot, A. (2009). Il disabile adulto. Anche i disabili diventano adulti ed invecchiano. Santarcangelo di Romagna: Maggioli editori.
  • Pasqualotto, L. (2014). La valutazione multidimensionale ed il progetto personalizzato. Trento: Erickson.
  • Cooperativa Sociale Onlus Progest. (2002). Gruppi appartamento. Progetti ed esperienze vissute. Torino: Ananke.
  • Micheli, E. e Zacchini, M. (2001). Verso l’autonomia. La metodologia TEACCH del lavoro indipendente al servizio degli operatori dell’handicap. Brescia: Vannini.
  • Fioriti, E. (2007). Costruire l’indipendenza. Strumenti di facilitazione visiva nelle Residenze per disabili. Brescia: Vannini.
  • Cottini, L. (2003). Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale. Progetti per la continuità educativa. Brescia: Vannini.
  • Hodgdon, L. (2004). Strategie visive per la comunicazione. Guida pratica per l’intervento nell’autismo e nelle gravi disabilità dello sviluppo. Brescia: Vannini.
  • American Association on Mental Retardation. (2005). Ritardo mentale: Definizione, Classificazione e Sistemi di sostegno. Brescia: Vannini.
  • Bardulla, E., Gemma, C., Laneve, C., Mollo, G., Minichiello, G., Pagano, R. e Schiedi, A.. (2011). La pedagogia generale. Aspetti, temi, questioni. Milano: Monduzzi Editoriale.
  • Bardulla, E. (2008). Scautismo: dal passato al futuro, Roma: Anicia.
  • Tramma, S. (2010). Pedagogia sociale. Milano: Guerini.
  • Caimi, L. (2012). Il confine sottile. Culture giovanili, legalità, educazione. Milano: Vita e Pensiero.
  • Felini, D. (2004). Pedagogia dei media. Questione, percorsi e sviluppi. Brescia: La scuola.
  • Felini, D. (2012). Video game education. Studi e percorsi di formazione, Milano: Unicopli.
  • Robasto, D. (2014). La ricerca empirica in educazione. Esempi e buone pratiche. Milano: Franco Angeli.
  • Parola, A. e Robasto, D. (2014). Sperimentare ed innovare nella scuola. Strategie, problemi e proposte mediaeducative. Milano: Franco Angeli.
  • Carbone, R. (2011). Lezioni di psicologia dello sviluppo, Parma: Uni.Nova.
  • Albiero, P. e Matricardi, G. (2007). Che cos’è l’empatia. Roma: Carocci editore.
  • Ligorio, M. B. e Cacciamani, S. (2013). Psicologia dell’educazione. Roma: Carocci editore.
  • Rollo, D. e Pinelli, M. (2010). Osservare e valutare lo sviluppo. Milano: Franco Angeli.
  • Crespi, F. (2002). Il pensiero sociologico. Bologna: Il Mulino.
  • Henry, M. (2010). Marx 1: una filosofia della realtà. Torino: Marietti.
  • Griswold, W. (2005). Sociologia della cultura. Bologna: Il Mulino.
  • Besozzi, E. (2010). Società, cultura, educazione. Roma: Carocci editore.
  • Bertasio, D. (2012). Disarmonie. Il caso del Kitsch. Napoli: Liguori.
  • Greco, P. (2013). Armonicamente: arte e scienza a confronto. Sesto San Giovanni: Mimesis.
  • Cipolla, C. M. (2012). Piccole Cronache. Bologna: Il Mulino.

Autore: Gaia Gaboardi