La ricetta della felicità: i risultati di una ricerca

A cura di: Melania Di Pietrangelo
INTRODUZIONE
Il termine felicità sicuramente ne abbraccia tanti altri, poiché si parla di un concetto così vasto che sembra difficile fornire una definizione che riesca a coglierne il vero senso. Per alcuni essere felici significa provare benessere, gioia, contentezza. Per altri significa sentirsi soddisfatti, grati, positivi. Ognuno insomma sembra associare la felicità a diversi stati d’animo, tutti però sembrano convergere nell’idea di star bene. Alla luce dell’importanza della felicità, filosofi, psicologi e vari ricercatori hanno provato a fornirne una definizione.
“Per Platone e Aristotele, per esempio, la felicità era una virtù, un concetto statico raggiungibile attraverso un forte impegno”. (Fermani, 2021). Per Seligman, psicologo positivo, la felicità rappresenta quella capacità di riuscire ad attrarre situazioni positive e dunque l’abilità di raggiungerla grazie a questo. George Vaillant, ricercatore, ha condotto uno studio che risulta essere il più grande tra quelli condotti sulla felicità. Una ricerca questa che si è posta l’obiettivo di identificare le variabili responsabili di questa grande emozione.
1. Le concettualizzazioni della felicità
1.1 Felicità come stato soggettivo
La felicità sembra essere uno stato soggettivo, dipendente da vari fattori.
A tal proposito, Daniel Gilbert, un ricercatore dell’Università di Harvard, afferma che “la felicità si può manifestare secondo queste tre forme” (Gilbert, D, 2006):
- Felicità emotiva: questa sembra essere una forma di felicità che si associa a esperienze momentanee. In tal senso la felicità emotiva sembra focalizzarsi sul presente e su quello che si prova nel momento presente. Per fare un esempio, basti pensare a quello che si prova quando si trascorre del tempo con i propri amici o mentre si sta guardando un film emozionante.
- Felicità morale: qui si parla di una forma di felicità più profonda che sembra derivare da una specifica consapevolezza, quella di riuscire a vivere una vita che sia coerente con i propri valori. Quando agiamo coerentemente con i nostri principi etici avvertiamo una grande soddisfazione a livello interiore.
- Felicità legata al giudizio: questa forma di felicità sembra dipendere dal giudizio personale o da specifiche situazioni. Basti pensare alla felicità che si prova dopo aver avuto una premiazione a lavoro o dopo aver raggiunto qualcosa d’importante.
Quanto detto mette in rilievo proprio il fatto che la felicità può dipendere da diverse variabili, almeno secondo l’autore citato.
1.2 Felicità come controllo delle emozioni
Matthieu Ricard, un monaco tibetano e un grande meditatore, pensa invece che la propria capacità di essere persone felici dipenda dal controllo che si esercita sulle proprie emozioni e questo può essere raggiunto solo attraverso la meditazione.
Sono diversi gli studi che confermano come questa riesca ad agire su vari ormoni come il cortisolo e neurotrasmettitori come la serotonina, che si trova nel sistema nervoso centrale e sembra essere stata definita proprio come la molecola della felicità. Questo perché ricopre un ruolo importante, per quanto riguarda il tono dell’umore e del sonno.
L’Università di Montreal ha portato avanti vari studi in tal senso, studi questi che hanno confermato che la meditazione aumenta il livello di serotonina nel cervello e in tal modo si ha una stimolazione naturale.
La meditazione sembra dunque essere una pratica importante, se non fondamentale in alcuni casi.
“Il centro statunitense Dhamma Pubbananda, specializzato nella meditazione, l’ha infatti definita un rimedio universale per mali universali che permette una liberazione totale da impurità e sofferenza” (Kortava, 2021).
2. La felicità per la Psicologia Positiva
Nel tempo la felicità è dunque diventata una vera e propria materia di studio, grazie anche ad alcuni psicologi che hanno portato avanti studi e ricerche in tal senso, definendo e operazionalizzando aspetti rimasti a lungo inesplorati, se non in campo puramente teorico. A tal proposito è doveroso menzionare la psicologia positiva, branca della psicologia che definisce, citando Lyubomirsky, “l’esperienza di gioia, contentezza, o benessere positivo, unito alla sensazione che la propria vita sia buona, significativa e utile”.
Secondo il padre della psicologia positiva, Martin Seligman “la felicità autentica consiste nel provare emozioni riguardo al passato e al futuro, nell’assaporare sensazioni positive derivanti dai tanti piaceri dell’esistenza, nel trarre abbondante gratificazione dalle proprie potenzialità personali e nell’usare tale potenzialità al servizio di qualcosa di più grande per ottenere senso” (Seligman, 2007).
In tal senso per Seligman felicità e benessere sembrano essere quasi sinonimi e a tal proposito l’autore ha fornito un grande contributo alla psicologia, il modello PERMA che sembra descrivere proprio cosa si può fare per aumentare il proprio benessere, a partire dalle proprie scelte.
Nello specifico l’autore in questione è passato dallo studio della felicità a quello del benessere, facendo riferimento a questo modello PERMA che rappresenta l’acronimo dei 5 elementi su cui il modello stesso si basa:
- P (positive emotion): consiste nell’ incrementare la quantità di emozioni positive per gestire quelle negative
- E (engagement): Consiste nel prendere un impegno con se stessi per attivare uno stato di attivazione che risulti essere ottimale.
- R (relationships): significa incrementare e favorire relazioni sane
- M (meaning): ricercare il significato e lo scopo nella propria vita
- A (accomplishment): riguarda un senso di realizzazione e di autonomia.
“se riusciamo a coprire tutti questi fattori, possiamo raggiungere un benessere sostenibile e completo” (Seligman, 2018).
3. Vaillant: 75 anni di studio sulla felicità
Se si parla di felicità, però, non si può non far riferimento ad un grande studio del 1938 condotto da un gruppo di ricercatori di Harvard. Uno studio che ha preso come oggetto di studio ben 724 persone tutti uomini, divisi poi in due gruppi. Un primo macro-gruppo con 268 studenti che frequentavano il secondo anno dell’ateneo di Boston, sotto la guida dell’equipe di George Vaillant e un secondo gruppo con 456 ragazzi, aventi un’età tra i 14-16 anni.
Ogni biennio, gli studiosi hanno incontrato le stesse persone a cui sono stati sottoposti dei questionari ed esami valutativi con l’obiettivo di comprendere quali fossero i fattori che “garantivano” una vita all’insegna della felicità. Lo scopo era comprendere anche un altro aspetto: indagare cosa significasse per queste persone invecchiare ed essere felici.
Questa ricerca condotta ad Harvard è una di quelle rare, poiché è stata lunga; si parla di un progetto costante che dal 2003 ha analizzato anche mogli e figli di chi è stato intervistato e questo è stato possibile anche grazie a Waldinger, il quarto responsabile dello studio, psichiatra al Massachussetts General Hospital.
Stando ai risultati, sembra che “il segreto della felicità” sia legato a due aspetti. Il primo riguarda quello interpersonale e quindi quello delle relazioni. A tal proposito Robert Waldinger ha affermato che “La connessione personale crea stimoli mentali ed emotivi e queste cose stimolano automaticamente l’umore “.
Il direttore dello studio, parlando dei suoi risultati, ha affermato che le relazioni influenzano davvero molto la salute e la propria visione di felicità. Lo studio ha infatti messo in evidenza come le relazioni davvero salde riescano a rendere felici più di quanto possa riuscire a fare il successo, il denaro o il benessere economico.
Nello specifico è stato messo in rilievo il fatto che i soggetti che erano maggiormente soddisfatti delle proprie relazioni all’età di 50 anni, avevano una miglior salute a 80 anni. Chi ha raggiunto l’età di 80 anni, con alle spalle un felice matrimonio e buoni rapporti familiari e non, ha riferito di esser riuscito a conservare buon umore anche quando il dolore fisico era forte.
Quanto detto fa capire come essere gratificati a livello relazionale significhi anche proteggersi da dispiaceri e promuovere una salute mentale e fisica, all’insegna della felicità. George Vaillant, a tal proposito, ha dichiarato che “Quando lo studio è iniziato, a nessuno importava dell’empatia o dell’attaccamento. Ma la chiave per l’invecchiamento salutare è: relazioni, relazioni, relazioni”. Waldinger ha inoltre affermato che a volte ci si dimentica che il segreto per essere felici sta proprio in chi si ha accanto e in quello che si prova.
Un secondo aspetto che lo studio ha messo in risalto è che la felicità spesso è anche merito della genetica: bisogna avere una predisposizione ai sentimenti positivi, dunque il nostro DNA sembra incidere molto in tal senso, ma come visto non è il solo elemento da considerare: nel 40% dei casi la felicità dipende dalle scelte che facciamo e dalle relazioni che intratteniamo.
CONCLUSIONI
Lo studio sembra parlare chiaro: chi ha avuto buone relazioni, ha vissuto più felice e più a lungo. Questo significa che è importante scegliere chi avere accanto, che sia in amicizia che in amore. Ecco che questo studio afferma che la ricetta della felicità comprende gli aspetti appena enunciati al fine di avere una vita più soddisfacente.
Per essere felici quindi è importante:
- avere una buona relazione con se stessi e anche con gli altri
- evitare la tossicità delle relazioni
- focalizzarsi sul concetto di autostima e sul proprio dialogo interiore.
In questo modo non si farà altro che lavorare anche sull’altruismo, sull’empatia e sulla relazione con gli altri. In tal senso si può prendere in considerazione l’approccio di Martin Seligman, incentrato proprio sulle emozioni, in modo positivo, poiché in questo modo “si aumenta la fiducia e l’autostima di una persona e dunque si lavora anche sulle sue relazioni”. (Seligman, 2018). I risultati di questa ricerca sembrano essere coerenti in qualche modo con le teorie avanzate e soprattutto con quanto detto da Seligman.
BIBLIOGRAFIA
- AA. VV., Le parole dell’essere. Per Emanuele Severino, Bruno Mondadori, Milano 2005.
- BAUDRILLARD J., La società dei costumi. I suoi miti e le sue strutture, trad. it. di G. Gozzi e P. Stefani, Il Mulino, Bologna 2010.
- EPICURO, Lettera sulla felicità, trad. it. di A. Pellegrino, Einaudi, Torino 2012
- FERMANI, A. Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele, eum, 2021
- Gilbert, D., & Medina, V. C. (2006). Tropezar con la felicidad. Barcelona: Destino.
- Kortava, D. (2021). Lost in Thought: The psychological risks of meditation. Harper’s Magazine, April 2021. Retrieved April 19, 2024
- Krygier, J. R., Heathers, J. A., Shahrestani, S., Abbott, M., Gross, J. J., & Kemp, A. H. (2013). Mindfulness meditation, well-being, and heart rate variability: a preliminary investigation into the impact of intensive Vipassana meditation. International Journal of Psychophysiology, 89(3), 305-313.
- Maier, S. F., & Seligman, M. E. (1976). Learned helplessness: Theory and evidence. Journal of Experimental Psychology: General, 105(1), 3–46. https://doi.org/10.1037/0096-3445.105.1.3
- Seligman, M., La costruzione della felicità, Fabbri Editori, 2007
- Tayyab, R & Seligman, M. (2018). Positive Psychotherapy: Clinician Manual. Oxford University Press.