La Job Interview oggi: la sua importanza e le sue evoluzioni

A cura di: Marialuisa Primi

Introduzione

La job interview rappresenta un momento cruciale nel processo di selezione del personale, perché assolutamente fondamentale nel valutare l’idoneità di un candidato per un dato ruolo lavorativo (Anderson, Lievens, & Van Dam, 2006). Questo articolo si propone di esaminare le dinamiche e le tendenze attuali riguardanti le job interview, fornendo un’analisi delle teorie, dei costrutti principali e delle recenti evidenze scientifiche in merito.

Nella sezione introduttiva viene definito il concetto di job interview e se ne delineano le molteplici tipologie utilizzate nelle pratiche aziendali moderne, sottolineando inoltre l’importanza di un approccio strutturato e scientifico (Huffcutt & Arthur, 1994).

Si esplorano, successivamente, le applicazioni delle teorie psicologiche e organizzative alle job interview. Particolare attenzione è rivolta ai costrutti chiave come l’adeguatezza della selezione, la validità predittiva e la formazione dell’impressione, nonché alla presenza di bias cognitivi che potenzialmente possono inficiare la valutazione dei recruiters.

I dati statistici più recenti vengono quindi esaminati per evidenziare le migliori pratiche e le tendenze emergenti nelle job interview. In particolare, si analizzano gli effetti delle nuove tecnologie lungo tutte le fasi dei processi di selezione del personale, ad esempio ciò che concerne l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data, insieme alla crescente importanza attribuita a fattori sociali di rilievo come l’equità e l’inclusione.

Lo scopo ultimo e principale di questo articolo è quello di fornire una guida informativa ed esaustiva, nonché pratica, riguardo le attuali potenzialità e le future evoluzioni della job interview, che incoraggi inoltre l’adozione delle migliori tecniche relative a questo importante strumento valutativo basandosi su solide e comprovate evidenze scientifiche (Salgado, 2017).

1. Job interview: cornice concettuale

1.1 Definizione di Job interview

Il colloquio di lavoro, riconosciuto su scala internazionale con l’espressione job interview, è un’interazione decisiva tra datore di lavoro e candidato, un fenomeno di interesse significativo per diverse discipline accademiche. La sua complessità e importanza nel contesto delle relazioni lavorative sono state ampiamente studiate e analizzate attraverso numerose prospettive teoriche.

La job interview è un’interazione strutturata, solitamente faccia a faccia, o come avviene sempre più spesso mediata dalle nuove tecnologie tramite video-call, tra un datore di lavoro o rappresentante aziendale e un candidato, finalizzata a valutare la qualificazione e l’idoneità di quest’ultimo per una specifica posizione lavorativa. Questo processo può includere una serie di domande e risposte, prove tecniche, e anche valutazioni delle competenze interpersonali e professionali del candidato.

In questa fase così delicata, quindi, le aziende valutano la rosa dei possibili candidati che aspirano ad una certa mansione e scelgono la persona più adatta a svolgerla in maniera ottimale (Argentero, 1998).

Durante il colloquio, infatti, si manifestano esplicitamente sia le esigenze dell’azienda che quelle del candidato. Il selezionatore ha l’opportunità di presentare l’organizzazione e delineare chiaramente la posizione aperta rispetto al semplice annuncio, mentre il candidato si propone mettendo in luce soprattutto le proprie competenze e aspettative. L’obiettivo della job interview è principalmente quello di consentire a entrambe le parti di fare una scelta informata e consapevole, che rispecchi le necessità e gli obiettivi reciproci (De Carlo, 2002).

1.2 Modelli di Job Interview

Le interviste di lavoro possono essere classificate in diverse categorie, in base alla struttura, al contenuto e al formato utilizzato. Una distinzione fondamentale riguarda la modalità di conduzione dell’intervista, che può essere strutturata, semistrutturata o non strutturata (Huffcutt & Arthur, 1994). Tuttavia, altri autori hanno ampliato questa distinzione introducendo nuove categorie e approcci.

La struttura d’intervista più utilizzata nelle aziende, e promossa da parte degli esperti delle risorse umane, richiede una formazione specifica, meglio conosciuta con il nome di modello WASP, che si articola nei seguenti passaggi:

  • Welcome the candidate: fase di apertura in cui l’intervistatore accoglie il candidato e spiega in maniera esaustiva e concisa le finalità e le modalità di conduzione del colloquio;
  • Acquire information from the candidate: in questa seconda fase, attraverso alcune domande mirate, l’intervistatore punta ad ottenere informazioni sufficienti e convincenti sulla formazione scolastica e professionale del candidato, sulle sue motivazioni e aspirazioni e sulle sue condizioni socio-economiche e familiari;
  • Supply information to the candidate: in questa fase vengono fornite al candidato informazioni dettagliate sulla tipologia di profilo ricercato e su cosa accadrà successivamente nell’iter di selezione, definendo aspetti cruciali della vita lavorativa come l’orario di lavoro, le responsabilità, le aspettative dell’azienda, eventuali trasferte o straordinari, oltre naturalmente allo stipendio e ai benefit concessi (questi fattori rientrano generalmente fra i temi affrontati in una fase più avanzata e decisiva del processo di selezione, almeno al secondo colloquio), dando infine spazio anche a possibili domande di approfondimento da parte del candidato;
  • Part the interaction and close the interview: interazione conclusiva, talvolta meno formale, in cui si approfondisce la conoscenza del candidato anche da un punto di vista personale prima di chiudere l’intervista.

Il WASP è uno stile di intervista in cui l’intervistatore ha il pieno controllo sulla gestione del colloquio, con la possibilità di mettere a proprio agio il candidato introducendolo gradualmente all’intervista e chiarificando passo passo i punti essenziali relativi alla proposta professionale.

L’adozione di un approccio strutturato e scientifico alle interviste di lavoro è fondamentale per garantire maggior validità e affidabilità delle valutazioni dei candidati (ibidem). Le interviste strutturate sono state identificate come la modalità più efficace per ridurre il rischio di pregiudizi degli intervistatori, migliorando la coerenza nelle valutazioni (Huffcutt & Arthur, 1994; Ryan & Ployhart, 2000) e identificando le competenze e le qualità necessarie per il lavoro (Dipboye & Howell, 1992), aspetti che rappresentano le maggiori criticità durante il colloquio.

1.3 Behavioral & Situational Interview: vantaggi e aspetti teorici

Secondo i modelli della behavioral e della situational interview (Campion, Palmer & Campion, 1997), le interviste strutturate basate su scenari specifici sono particolarmente utili per prevedere il successo lavorativo.

L’approccio della behavioral interview si basa sull’idea che il comportamento passato sia il miglior indicatore predittivo del comportamento futuro, consentendo agli intervistatori di valutare in modo più accurato le capacità e le competenze dei candidati (Janz ,1982).

Un esempio di domanda basata su questo modello potrebbe essere: “Descriva una situazione in cui ha dovuto gestire una scadenza stretta e come ha gestito la pressione”.

Questo tipo di approccio porta il candidato a rispondere al quesito in modo diretto, strutturando la sua risposta seguendo quello che nel gergo HR viene detto modello STAR (acronimo di Situation, Task, Action, Result), che si snoda in 4 fasi:

  1. situazione: il candidato inizia la sua risposta descrivendo il contesto o la situazione che si è manifestata in passato;
  2. compito: procede spiegando quale fosse il compito o l’obiettivo da raggiungere in quella data situazione, definendo magari anche la difficoltà;
  3. azione: quindi descrive le azioni specifiche che ha intrapreso per affrontare la situazione, o raggiungere l’obiettivo, esplicitando soprattutto quali competenze personali e/o tecniche sono state utilizzate per centrare il successo;
  4. risultato: infine, conclude ponendo un focus sul risultato, dimostrando l’impatto positivo delle proprie azioni e la capacità di raggiungere brillantemente gli obiettivi prefissati.

Una tecnica, quindi, che consente all’intervistatore di acquisire un notevole quantitativo di informazioni senza dover porre quesiti diretti ed espliciti, ma lasciando al candidato la possibilità di rispondere autonomamente raccontando la sua esperienza.

Le situational interview si concentrano invece su scenari specifici che simulano situazioni di lavoro reali, permettendo tramite le risposte e le proposte avanzate di valutare la capacità dei candidati di affrontare sfide e problemi pratici (Ryan & Ployhart, 2000). Per esempio, porre un candidato al livello di una figura manageriale di fronte a uno scenario ipotetico riguardante la gestione di un conflitto tra membri del team, o altre eventuali criticità che potrebbe incontrare ricoprendo quello specifico ruolo di responsabilità.

Le domande situazionali si basano sulla tecnica degli incidenti critici (Flanagan, 1954), valutano cioè le possibili intenzioni del candidato offrendo un’anticipazione del suo potenziale comportamento futuro (Latham, 1989). Un beneficio psicometrico di questo genere di domande è la possibilità di confrontare direttamente le risposte dei vari candidati, aumentando così l’affidabilità dell’analisi durante l’iter di selezione. Inoltre, un ulteriore vantaggio degno di nota riguarda la possibilità di sottoporre a tali quesiti anche coloro che non hanno ancora avuto esperienze professionali correlate alla posizione lavorativa oggetto del colloquio.

Uno studio condotto da Taylor & Small (2002) ha stabilito che questi due tipi di interviste non differiscono tra loro in termini di validità, ma permettono altresì di misurare due aspetti differenti: la situational interview valuta le conoscenze dei candidati, mentre la behavioral interview permette di indagare sull’esperienza diretta del candidato e riflettere su quella che potrebbe essere mediamente la loro performance standard.

1.4 Le insidie della job interview e l’importanza di una formazione mirata

Colloqui strutturati, basati su domande standardizzate e griglie di valutazione predefinite, dunque tendono ad essere più predittivi rispetto a quelli non strutturati, caratterizzati invece da un maggiore margine di discrezionalità (Arthur et al., 2003).

La formazione degli intervistatori, come già evidenziato, è un requisito indispensabile per garantire maggiore obiettività nella formulazione della propria impressione sul candidato e soprattutto per minimizzare l’impatto dei bias cognitivi, migliorando la qualità complessiva della valutazione.

Gli intervistatori, solitamente, tendono a formarsi un’opinione approssimativa del candidato già nei primi minuti del colloquio, basandosi esclusivamente su elementi non verbali come il linguaggio del corpo, il contatto visivo e l’abbigliamento (Cialdini, 1984).

I bias cognitivi possono interferire durante il prosieguo dell’intervista. I bias sono delle distorsioni cognitive che portano il valutatore ad errori di giudizio. Tra i più comuni vi sono:

  • l’effetto alone: la tendenza a basare la valutazione complessiva del candidato su un singolo tratto, o semplicemente su una prima impressione positiva o negativa (Thorndike, 1920);
  • l’effetto similarità: la preferenza per candidati che condividono caratteristiche simili con l’intervistatore, come background, interessi o anche opinioni personali (Sarchielli, 2003);
  • l’ancoraggio: la dipendenza eccessiva da informazioni iniziali, come il curriculum vitae o i primi minuti del colloquio, nell’orientare il giudizio complessivo;
  • l’effetto di contrasto: la valutazione di un candidato basata sulla relazione con i candidati precedentemente intervistati, piuttosto che in base a criteri assoluti (ibidem).

Questi bias possono portare a discriminazioni involontarie nei confronti di alcuni gruppi di candidati, e in particolare discriminazioni riguardanti il genere, le minoranze etniche o addirittura persone con disabilità, ostacolando così la selezione di candidati potenzialmente più meritevoli e creando un ambiente di lavoro poco inclusivo (Hunter & Schmidt, 2004).

Programmi di training mirati possono dotare gli intervistatori di strumenti e strategie per riconoscere e gestire i propri pregiudizi, favorendo quindi lo sviluppo di processi di selezione più equi e accurati (ibidem).

2. Job Interview 2.0

Le evoluzioni, le sfide metodologiche e i punti di forza collegati allo strumento della job interview restano un tema fondamentale nel campo delle risorse umane; e naturalmente, l’avanzare incessante dello sviluppo tecnologico e della rete internet degli ultimi anni ha esercitato un impatto determinante su di esso.

Suo malgrado, un momento storico che ha fatto da spartiacque è stato indubbiamente quello della pandemia del Covid 19, in cui la diffusione necessaria di video-colloqui e smartworking hanno permesso alle organizzazioni e ai professionisti di continuare a lavorare e soprattutto sperimentare processi di selezione alternativi anche nei momenti più acuti della pandemia. Questo bisogno, che ricalca comunque una pratica già presente nell’ambito delle selezioni, ovvero il colloquio online, è diventata col tempo la modalità preferita di colloquio per l’81% delle organizzazioni anche nel post-pandemia (LinkedIn, 2024), in particolare per le prime interviste ai candidati, riservando dunque l’incontro di persona nelle fasi più avanzate.

Il video-colloquio presenta indubbiamente dei vantaggi per gli attori dell’intervista, tra cui:

  • riduzione dei costi: viene eliminata la necessità di spostarsi fisicamente, sia per i candidati sia per gli intervistatori;
  • efficienza: è possibile condurre più colloqui in un minor lasso di tempo;
  • flessibilità: possono essere effettuate agilmente in qualsiasi momento e luogo, con la comodità di una connessione internet e connettendosi anche da dispositivi mobili;
  • accesso a un pool di candidati più ampio: la selezione non si limita a candidati geograficamente vicini, ma potenzialmente a tutto il mondo, implementando di fatto anche la crescente rilevanza del remote working;
  • possibilità di registrare i colloqui: una possibilità che consente un’analisi successiva più approfondita per un confronto tra i candidati;
  • miglioramento dell’esperienza del candidato: la flessibilità e la comodità delle video-interviste è particolarmente apprezzata anche come mezzo per approcciarsi per la prima volta ad un’azienda e ai suoi rappresentanti.

Tuttavia, il video-colloquio presenta anche alcuni svantaggi che è doveroso evidenziare:

  • barriere tecnologiche: non tutti i candidati hanno accesso alle tecnologie necessarie, oppure non dispongono di una connessione internet stabile, e ciò può discriminare coloro che non dispongono delle stesse possibilità in termini tecnici;
  • mancanza di interazione personale: l’assenza di contatto fisico può limitare la valutazione di alcuni delicati aspetti non verbali della comunicazione;
  • possibili problemi di rete, audio e video: spesso la connessione internet soffre di interferenze esterne, eventualità che possono creare disagio e frustrazione per entrambe le parti durante l’intervista, inficiandone purtroppo la resa;
  • difficoltà di valutazione di alcune competenze: come nel caso dell’interazione personale, da remoto è molto difficile, se non impossibile, valutare abilità manuali o skills che richiedono interazione fisica;
  • potenziali pregiudizi: la valutazione basata su un video può essere influenzata da fattori esterni all’intervista stessa, come l’aspetto del candidato o l’ambiente domestico.

2.1 Nuove tecnologie a supporto della job interview

Accanto ai metodi tradizionali e alle video-interviste, di recente stanno emergendo anche nuove tecniche di job interview basate sull’utilizzo di strumenti digitali e algoritmi, che promettono di migliorare l’efficienza, l’accuratezza e la predittività del processo di selezione. Molto spesso questi nuovi strumenti accompagnano il lavoro dell’intervistatore, o intervengono in parte nel suo lavoro, tuttavia con l’obiettivo di ottimizzarlo e non di sostituire la figura umana (Hickman, et al; 2021).

Tra le metodologie e gli strumenti più diffusi vi sono:

  • chatbot: algoritmi di intelligenza artificiale che possono effettuare un primo screening dei candidati, ponendo domande preimpostate e valutando le risposte elaborate;
  • analisi del linguaggio: software di machine learning possono analizzare il linguaggio del candidato durante il colloquio, identificando alcuni particolari indicatori legati alla personalità, alle competenze e al potenziale adattamento al ruolo ricercato;
  • valutazione delle espressioni facciali: tecnologie di riconoscimento facciale possono essere utilizzate per analizzare le microespressioni del candidato, rilevando potenziali segnali di stress, inganno o disagio;
  • gamification: giochi online o simulazioni possono essere implementati durante le interviste per valutare in modo pratico abilità cognitive, problem solving e capacità di lavoro in team.

Tuttavia, queste nuove modalità suscitano ancora evidenti preoccupazioni in merito alla potenziale discriminazione algoritmica, alla mancanza di trasparenza nei processi decisionali e all’impatto negativo sulla relazione umana tra intervistatore e candidato.

È fondamentale, quindi, che l’adozione di queste nuove tecnologie sia accompagnata da un’attenta riflessione etica, da una solida formazione degli intervistatori e da un investimento nella ricerca, per comprenderne appieno i reali benefici e i limiti. Solo così si potrà garantire un processo di selezione equo, trasparente e basato su criteri oggettivi, che valorizzi le potenzialità della tecnologia senza compromettere la centralità del fattore umano.

2.2. Prospettive future per le job interview

Attualmente le nuove sperimentazioni, relativamente al mondo delle risorse umane e della selezione, stanno coinvolgendo la dimensione tecnologica del metaverso, come confermato da una recente intervista di Mark Zuckerberg (2024). Nella visione innovativa del noto imprenditore e informatico, in un futuro non troppo distante i candidati e gli intervistatori potranno sedersi l’uno di fronte all’altro, nonostante le distanze fisiche, e grazie ai loro ologrammi incontrarsi in realtà virtuali condivise e realistiche ricreate digitalmente.

Quella della job interview 3.0 è una prospettiva in cui la differenza fra reale e virtuale diverrà sempre più sottile, proponendo ai professionisti di oggi nuove sfide e opportunità di evoluzione e cambiamento per il domani, uno scenario nel quale bisognerà essere pronti ad accogliere le novità come occasioni di sviluppo.

CONCLUSIONI

In conclusione, nel presente lavoro sono state sottolineate le implicazioni pratiche delle teorie e delle ricerche riguardanti il vasto universo delle risorse umane e dei processi di selezione, dei quali la job interview è il fulcro, evidenziando l’importanza di approcci metodologici basati sull’evidenza scientifica e il continuo aggiornamento delle pratiche di recruiting.

L’unica vera pista da seguire per garantire efficacia ed equità della job interview, un processo che resta uno degli step più importanti per tutti i professionisti e per il loro ruolo di risorse preziose nelle organizzazioni, è quella sempreverde della continua analisi, dell’aggiornamento costante e della messa in pratica di tutte le risorse disponibili per trarre il meglio dalle innovazioni tecnologiche; anche in un contesto come quello HR che, storicamente, è stato prerogativa del contatto personale, e che trova tuttora nell’interazione diretta la sua massima manifestazione.

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