LA FIABA: FASCINO SENZA TEMPO

A cura di Laura Musso

Nei primi due articoli Libri per crescere (Libri per crescere – 1 e Libri per crescere – 2)  abbiamo analizzato alcune ricerche e studi scientifici che confermano il ruolo fondamentale dei genitori nella lettura ad alta voce, fin dai primi mesi di vita dei bambini: è la posa della prima pietra per costruire  un solido legame con i propri figli, soprattutto attraverso la lettura delle fiabe che, da sempre, rappresentano una fonte inesauribile alla quale attingere;nate come narrazione orale – tradizione mantenuta anche dopo l’invenzione e la diffusione della stampa – tramandate nel corso dei secoli, fanno parte della letteratura per ragazzi; gli studi scientifici degli ultimi decenni, ne hanno confermato non solo il valore didattico, ma anche  il  ruolo fondamentale nella formazione del sé di un  bambino, come abbiamo evidenziato nei precedenti articoli. 

Le fiabe tradizionali, che oggi leggiamo con i nostri bimbi, sono molto più antiche di quanto pensiamo: alcune risalgono a migliaia di anni fa, molto prima della nascita della scrittura; altre risalgono a tempi in cui le nostre lingue non si erano ancora formate.

Dalle pitture rupestri…alle fiabe

È impossibile dare una datazione certa dalla quale gli uomini hanno iniziato a utilizzare la narrazione per comunicare o per trasmettere storie e tradizioni. Gli uomini iniziarono ad esprimersi attraverso il linguaggio orale migliaia di anni prima di imparare a leggere, scrivere e conservare i testi nel tempo al fine di tramandarli alle generazioni successive; oltre al linguaggio verbale, utilizzarono anche il linguaggio visivo: testimonianze ne sono le pitture e le sculture rupestri realizzate, dagli uomini dell’epoca Paleolitica, all’interno di grotte in diverse parti del mondo, le più antiche delle quali risalgono a circa 45000 anni fa. I nostri antenati raffigurarono la loro visione del mondo che li circondava: a noi appare come un mondo generico, vago, globale, ma senza dubbio trovarono un modo di esprimere i loro pensieri e le loro emozioni, le loro paure di fronte ai fenomeni naturali, il loro rapporto con l’ambiente circostante, lasciandoci inoltre la testimonianza delle loro attività quotidiane. I dipinti ci mostrano figure umane disegnate con pochi tratti essenziali e animali primitivi di ogni tipo, stilizzati ma quasi sempre riconoscibili e realizzati con una tecnica a forte impatto visivo. Potremmo considerare le pitture rupestri come genesi dell’arte figurativa e testimonianza della necessità dell’uomo di raccontare, creare storie e comunicare anche per mezzo di immagini, dando così l’inizio all’interazione tra eikon e logos, linguaggio visivo e linguaggio verbale. Non abbiamo documenti scritti a testimonianza di come fossero narrate le storie migliaia di anni fa, tuttavia la considerevole quantità di incisioni che ci sono pervenute – anche su vasi, codici e altri manufatti –  ci forniscono indizi sulle tipologie di racconti diffusi nelle antiche culture.  Zipes osserva che 

Ogni narrazione – fin dalla preistoria – ha origine da esperienze condivise, e tutt’ora è così. È attraverso la trasmissione orale che storie di diverso tipo vengono a costituire la tessitura delle nostre vite. […] se è attraverso il linguaggio e la narrazione che la conoscenza si rinsalda, cresce, è tanto più importante per noi osservare le connessioni che legano le antiche storie e le modalità e le ragioni per cui noi continuiamo a ripeterle sotto nuove forme (2012).

FIABE E SCIENZA

  • Vladimir Propp

Se cerchiamo le fonti di una fiaba scopriamo che ci sono versioni molto simili in varie parti del mondo. Propp, nel suo saggio Le radici dei racconti di fate (1946, in lingua russa – 1949, nella traduzione italiana)interpreta i racconti fiabeschi come documenti delle prime comunità di cacciatori nomadi, antecedenti ai primi nuclei stanziali dediti all’allevamento e all’agricoltura. Propp ha sviluppato la sua ricerca analizzando le storie di fate della tradizione russa: avvalendosi di un vasto materiale comparativo, tratto dalle scienze etnologiche, lo studioso ha confrontato i principali elementi che emergono nelle fiabe, con forme rituali analoghe, esistenti già presso gli uomini primitivi. Nel saggio Morfologia della fiaba, Proppha individuato, tra le fiabe, una categoria che conosciamo come «racconti di fate», caratterizzata da narrazioni con struttura e schema narrativo fissi. Il racconto inizia con una mancanza o un danno,  oppure il desiderio di possedere qualcosa; il protagonista lascia la casa paterna e la storia si sviluppa attorno al suo percorso di ricerca. L’eroe durante la quête deve superare ostacoli e prove; incontra un donatore o un aiutante che gli offrono un mezzo magico che lo porterà a trovare l’oggetto dei suoi desideri; infine non mancano momenti di tensione durante la lotta contro l’antagonista. Propp ha analizzato, in modo puntuale, le parti che ne compongono la struttura: l’intreccio, i motivi del racconto; i luoghi dove si svolgono le varie azioni, i doni fatati, i mezzi per percorrere lunghe distanze, le imprese compiute dall’eroe, la conquista dell’oggetto desiderato, la ricongiunzione degli innamorati e l’agnizione finale.

Obiettivo del lavoro di Propp é indagare e individuare le «radici storiche del racconto di fate», pertanto ha ricercato le fonti dei motivi di cui sono intessute le fiabe, mettendo poi in evidenza che tanta parte di essi «risalgono a diversi istituti sociali, fra i quali il rito di iniziazione» è, senza dubbio, la base più antica  e frequente dei racconti di fate.  (Propp, 1949)

Notevole importanza hanno anche i viaggi oltremondani con le relative rappresentazioni dell’oltretomba e della morte.  

  • Jack Zipes

Altrettanto significativoè il saggio La fiaba irresistibile(2012) di Jack Zipes, uno tra i più noti studiosi della materia, che ha formulato le sue teorie attingendo alle scienze sociali, naturali, cognitive, alla psicologia evolutiva e alla biologia. Dedica particolare attenzione al tema della costante diffusione delle fiabe, rintraccia le origini della tradizione orale della fiaba e ne ricostruisce l’evoluzione. Lo studioso attribuisce alla fiaba il carattere di irresistibile:fin dalla notte dei tempi, la fiaba conquista l’attenzione del lettore, fa presa sulla sua fantasia; emana un fascino che incanta e che continua a persistere nei secoli, indipendentemente dalla forma o dal mezzo attraverso i quali è trasmessa. Ma non solo: «irresistibile», perché è forse l’unico genere letterario a possedere un fascino rimasto quasi inalterato nei secoli; le fiabe fanno parte del nostro imaginario e ad esse sovente sono associati vissuti emotivi profondi, conflitti psicologici che ci tormentano e che, ad un’attenta analisi, sono quelli che nei racconti di magia mettono a confronto e contrappongono i protagonisti.             

Fondamentale è anche lo studio dell’evoluzione del linguaggio: gli esseri umani iniziarono ad utilizzare una forma di linguaggio orale per comunicare le loro esperienze, il loro vissuto e per lasciare una testimonianza di sé. Storie «dove prende assolutamente vita un altro mondo» grazie alle capacità di narrare (Jack Zipes, 2012). 

  • Sara Graça da Silva – Jamshid J.Tehran

Interessante per la metodologia adottata, è la ricerca condotta dall’antropologo Jamshid J.Tehrani dell’Università di Durham, nel Regno Unito, e la studiosa di folklore Sara Graça da Silva, dell’Università di Lisbona, nella ricerca accademica «Comparative phylogenetic analyses uncover the ancient roots of Indo-European folktales» pubblicata sul «Royal Society Open Journal» (2016). Dalla comparazione di 275 fiabe provenienti da tutto il mondo, hanno rilevato le strutture ricorrenti nelle diverse lingue e culture: narrazioni che probabilmente hanno origine prima della scrittura. Portano come esempio la fiaba The Smith and the Devil, rintracciabile fino all’Età del Bronzo (tra il 3500 e il 1200 a.C.): narra la storia di un fabbro che vende la sua anima al Diavolo per ottenere in cambio poteri soprannaturali, per prendersi poi gioco di lui. La fiaba non è molto conosciuta, ma il tema del patto Faustiano è assai noto. 

Tehrani e da Silva spiegano che la fonte dei dati utilizzati è The Aarne Thompson Uther (ATU) Index (pubblicato per la prima volta nel 1910 e aggiornato nel 2004), un catalogo che comprende oltre duemila tipologie differenti di racconti, ripartiti tra oltre duecento gruppi sociali, rivolgendo particolare attenzione alle Fiabe di Magia: una categoria che rappresenta il gruppo più numeroso di racconti, e includono anche le fiabe tradizionali. Nel loro studio, hanno applicato il metodo di analisi filogenetica, utilizzato nelle ricerche biologiche, che permette di indagare le relazioni evolutive tra le specie; per mezzo di una struttura ad albero delle lingue Indo-Europee (secondo il modello di Bouckaer – 2012), hanno abbinato ogni popolazione presente nella loro banca dati, con uno dei gruppi linguistici di Bouckaer. Successivamente hanno «sfrondato l’albero» eliminando i taxa – le unità tassonomiche – per le quali non si scontrava alcuna corrispondenza nel corpus dei racconti popolari. Nell’intervista concessa a «The Guardian» (2016), Tehrani sottolinea che: 

We find it pretty remarkable these stories have survived without being written. They have been told since before even English, French and Italian existed. They were probably told in an extinct Indo-European language.

Da Silva sostiene che tali narrazioni continuano a esistere 

thanks to the power of storytelling and magic from time immemorial […] Besides, the motifs present in fairytales are timeless and fairly universal, comprising dichotomies such as good and evil; right and wrong, punishment and reward, moral and immoral, male and female. […] Ultimately, despite being often disregarded as fictitious, and even as a lesser form of narrative, folk tales are excellent case studies for cross-cultural comparisons and studies on human behavior, including cooperation, decision making, [and so on]. (2016).

Studi che dimostrano quanto sia possibile risalire ad epoche remote, fornendo così nuove prospettive per la ricostruzione archeologica, linguistica e genetica delle società primitive. 

RACCONTI E TRADIZIONI

Anche Zipes  cita gli studi precedenti di Walter Bouckaert; lo studioso sostiene che ci sono racconti che possono diventare parte della tradizione culturale di una società, sia essa primitiva o sia  avanzata, ed essere tramandati nel tempo, anche se subiscono variazioni e rielaborazioni, mantenendo comunque una base di identità: possiamo presupporre che tali racconti abbiano un particolare valore, ruolo e funzione nell’evoluzione di una società, se non anche della civiltà umana (Bouckaert, 1979). Tali  narrazioni  erano considerate significative per i clan, le tribù o per le famiglie, in quanto testimonianza dell’organizzazione sociale, nonché del loro grado di sviluppo economico, ma non solo: le credenze, i miti, la cultura e le tradizioni erano considerati elementi identificativi di una determinata popolazione. Storie di vita che furono custodite nella memoria e poi trasmesse come «verbalizzazioni tradizionali di azioni e comportamenti» (Zipes, 2012). 

Analogamente Marie Louise Von Franz (1992): la fiaba si è diffusa facilmente poiché il suo è un linguaggio universale che supera le barriere delle differenze, sociali, culturali, di razza e di età. Hanno attraversato il tempo, sono arrivate a noi trasmettendoci la saggezza come una sorta di pharmakon e veicolando insegnamenti universali attraverso la forma del fantastico e del magico.

Creare, ricreare, comporre e scomporre: fiabe uguali, ma sempre diverse 

L’insieme di tutti i motivi presi in considerazione da Propp, si possono scomporre e ricomporre in modi diversi, creando fiabe e intrecci diversi, indubbiamente lontane dalle intenzioni e dal significato originario della narrazione. Tuttavia le unisce un fil rouge: è come l’esecuzione di una partitura, che rinasce ogni volta che viene eseguita. Forse l’autore originario, come un compositore ha tramandato le didascalie per l’esecuzione della sua sinfonia: nel corso dei secoli i vari esecutori delle sue opere hanno seguito alla lettera le indicazioni, talvolta le hanno stravolte per interpretazione personale, ma anche a seconda del momento storico e culturale.

Propp termina il suo saggio ponendosi egli stesso un interrogativo: «Che cosa abbiamo trovato?» Lasciamo allo studioso la risposta:

Abbiamo trovato che l’unità di composizione della fiaba non va ricercata in certe particolarità della psiche umana, né in una particolarità della creazione artistica, ma essa sta nella realtà storica del passato.  

Recenti studi scientifici hanno messo in evidenza gli elementi e i modelli – a livello di personaggi, contenuti e storie – con marcati punti di connessione tra culture e civiltà diverse, proprio attraverso le narrazioni che l’infanzia, a prescindere dal dove, ha da sempre condiviso nel tempo. 

La comunicazione: dalla parola… al WEB

La comunicazione nell’arco temporale di circa trecentomila anni, si è sviluppata in modi e tempi differenti, ma fino alla diffusione di Internet, la parola e il linguaggio sono stati i principali mezzi di comunicazione. Poe ha suddiviso la storia della comunicazione in sei fasi, a partire dalla preistoria: «parola, manoscritto, audiovisivo, internet e strumenti digitali» (2011). I due momenti storici che hanno segnato, senza dubbio, un cambiamento sono l’invenzione della stampa e soprattutto la diffusione delle nuove tecnologie digitali. Notevole è la letteratura scientifica prodotta e interessanti sono le applicazioni dedicate alla didattica e anche alle nuove tecniche di narrazione per i più piccoli.

Terzo millennio: la narrazione incontra la tecnologia

Quando parliamo di “fiabe”, il pensiero corre subito a quelle classiche e ai tradizionali libri illustrati di fiabe: ma anche le fiabe, hanno incontrato le nuove tecnologie multimediali di comunicazione.  Dalla fine degli anni Novanta ha iniziato a diffondersi il digital storytelling.

Il termine è stato coniato da Joe Lambert e Dana Atchley che, negli anni ’90, all’interno di un allestimento teatrale, realizzarono un sistema interattivo multimediale, attraverso il quale su di un grande schermo, posto sullo sfondo del palcoscenico, scorrevano immagini e video di storie di vita.

È possibile narrare storie o anche “raccontarsi”, attraverso i siti internet, i blog e i social networks: il digital storytelling è una narrazione realizzata con strumenti digitali e presentata sottoforma di breve filmato che unisce immagini, testi, una voce narrante, suoni e musica. Attraverso  l’utilizzo di media, stimola e potenzia le capacità espressive, comunicative e tecnologiche. Può essere impiegato positivamente anche nel contesto scolastico, un innovativo strumento didattico, anche fruibile ai bambini in età prescolare, in quanto sono stati sviluppati progetti dedicati ai più piccoli.

Nel campo scolastico, lo storytelling non è solo una tecnica per trasmettere la conoscenza, ma «una metodologia educativa basata sull’utilizzo della tecnica narrativa, sfruttata nelle sue potenzialità di risorsa cognitiva e di collante sociale» (Affede, 2011) oltre a sviluppare forme di life-long learning e di learning by doing.

I docenti quotidianamente vivono le problematiche e le criticità dell’insegnamento, affrontandole in base alla loro esperienza “sul campo” e alla realtà in cui insegnano. Il Digital Storytelling è una metodologia che, nel contesto scolastico, può aiutare a reinventare il modo tradizionale di insegnare e di apprendere che tutti conosciamo: proponendo nuove tecnologie che, con l’aiuto dell’insegnante, rendono i bambini protagonisti. Ad esempio, è possibile documentare un evento, un’uscita didattica, raccontando le attività svolte e i luoghi visitati; presentare la relazione di un lavoro di gruppo o un di progetto di classe realizzato; inventare una storia o “giocare” con le parole e rielaborare un racconto; creare un portfolio, illustrando il percorso formativo compiuto, eventuali difficoltà incontrate e le motivazioni della scelta di un determinato tema.

L’attività di Digital Storytelling in classe – in base all’età dei bambini  –  stimola la fantasia e la creatività, favorisce la collaborazione, aiuta a sviluppare la capacità di comunicare e condividere idee e conoscenze.

Per dare vita a storie, narrazioni e fiabe, e realizzare progetti multimediali, molti sono gli strumenti e le tecnologie facilmente fruibili anche ai più piccoli in età prescolare. Lo Storytelling e il Digital Storytelling catturano l’attenzione dei bambini, ma uno degli aspetti più importanti è il coinvolgimento attivo dei bambini nella realizzazione del progetto: essi stessi sono autori, registi, attori, coreografi, scenografi e costumisti; un modo diverso per inventare storie legate al vissuto del bambino o di fantasia: uno strumento per creare un ambiente inclusivo a misura di bambino.

Riferimenti bibliografici principali

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Toschi, P. (1949). LE RADICI STORICHE DEI RACCONTI DI FATE. Lares15(1/4), 137–149.

Articoli accademici di AA.VV citati nel testo