Il problem solving dell’educatore nel contesto dell’asilo nido

problem solving

a cura della dott.ssa Francesca Satragno

Introduzione

Il presente articolo approfondisce il tema delle soft skills dell’educatore, competenze trasversali di grande rilevanza non solo nel contesto professionale ma anche in quello educativo.

In particolare, tratteremo nella prima parte dell’articolo le capacità di problem solving. Il matematico George Polya dedicò al problem solving il testo “How to solve it”, in cui presentava le diverse fasi per la risoluzione dei problemi (1945):

  • Isolamento del problema: in questa fase iniziale è importante che le educatrici isolino il problema, mediante l’elenco generale dei problemi, preselezionate i problemi e scegliere in base alla priorità.
  • Individuazione delle cause: nella seconda fase, l’equipe deve individuare le cause del problema che affronterà. Per definire le cause è impronta che il gruppo educativo si concentri sul definire e capire il problema, ricercare possibili cause e raggrupparle, documentarle, analizzae e scegliere le cause reali del problema
  • Definizione della soluzione: questa fase è quella creativa, in quanto gli educatori esprimono e condividono le loro idee al fine di ricercare possibili soluzioni, selezionare le migliori e redigere ed approvare il progetto finale.
  • Attuare a livello pratico la soluzione: in questa fase successiva alla definizione del problema si passa alla parte operativa: pianificando nel dettaglio l’azione, attuare il piano, osservare i progressi e valutare e confermare i risultati.
  • Verifica della soluzione: al termine di queste fasi si passa alla verifica della risoluzione del problema. I risultati finali possono essere due:
    • soluzione conclusiva soddisfacente ed efficace;
    • soluzione conclusiva non soddisfacente.

Queste 5 fasi che si attuano generalmente per la “risoluzione di un problema” da cui deriva appunto il termine problem solving, sono le analoghe fasi, che l’educatore attua durante i momenti di osservazione, progettazione e documentazione al nido, per l’attuazione del progetto pedagogico. Durante l’attuazione di tale documento, l’educatore mette in campo queste fasi, secondo un’ottica ampia e flessibile.

1. Il problem solving dell’educatore

Un esempio pratico di problem solving può verificarsi quando, pianificata un’attività educativa o didattica, nonostante la progettazione attenta degli spazi e in sicurezza, un bambino può essersi fatto male.
L’educatore deve attuare un comportamento idoneo ed immediato nel risolvere prontamente ed efficacemente il problema. Durante questa rapida valutazione della situazione mette in campo diverse procedure inconsce di pensiero:

  • Pensiero conseguenziale: anticipare e prevedere possibili conseguenze di un determinato problema e optare per le decisione più consone;
  • Pensiero analitico: pianificare e progettare azioni che portano verso un obiettivo. Sono tutte valutazioni che il cervello fa per arrivare velocemente a soluzione.

Secondo il modello proposto da Miyake, Emerson, Friedman (2000), si ha, pertanto, un’attivazione funzioni esecutive, cioè funzioni corticali necessarie durante la pianificazione di un comportamento (Owen, 1997), caratterizzate da 3 sottosistemi:

  • Inibizione della risposta: capacità di selezionare e volutamente ignorare alcuni stimoli ritenuti poco importanti, al fine di mantenere il focus attentivo sullo stimolo principale.
  • Aggiornamento della memoria: la capacità di mantenere le informazioni e sfruttarle per un lasso di tempo molto breve.
  • Flessibilità cognitiva: l’abilità di cambiare comportamento e pensiero sulla base del contesto circostante, in base alle regole o ad un compito da svolgere.

Queste abilità permettono ad un individuo di organizzare e modificare il proprio comportamento sulla base del contesto in cui è immerso.

2. Problem solving individuale e di gruppo

L’aspetto interessante della competenza “problem solving” mette in evidenza questo duplice ruolo dell’educatore: da una parte lo coinvolge individualmente in quanto sarà il primo soggetto ad avere responsabilità nel risolverlo, dall’altra parte ha la fortuna di lavorare in una équipe educativa avendo la possibilità di confrontarsi nella risoluzione del problema in modalità collettivo condivisa ed efficacemente.
Grazie alla possibilità di confronto l’educatore è motivato verso un “apprendimento autodiretto”, un processo di sperimentazione attiva in cui il soggetto è stimolato ad apprendere autonomamente e a migliorarsi.

Ispirandoci alla tesi di Gian Piero Quaglino (2004), il soggetto riesce attuare un auto-apprendimento efficace perché spinto da una motivazione intrinseca, cioè è libero di conoscere ciò che desidera e sceglie di spontanea volontà la motivazione estrinseca, influenzata dall’esterno in cui viene imposto.

L’équipe educativa si avvale di questo strumento metodologico flessibile che permette di usufruire di tutte le competenze preesistenti in ogni soggetto dell’equipe per rende il lavoro efficiente e soprattutto rendere oggettive le scelte che deve compiere l’equipe.

La risoluzione e condivisione del problema con altri membri del gruppo permette di avere punti di vista differenti ed è grazie ad una sana comunicazione che permetterà la riduzione di conflitti e momenti di tensione per arrivare ad un unica soluzione e visione del problema. Il problem solving strumento metodologico molto importante in quanto permette di rendere oggettive le scelte dell’equipe.

In gruppo si parte da un problema iniziale, percepito e analizzato da tutti gli educatori/educatrici e non prendendo in considerazione le proprie personali “visioni del problema”.

2.1 Collegialità

Quando si parla di collegialità si intende all’insieme di esperienze, di volontà, intenzionalità, di responsabilità, impiegno condivisi tra i membri di una vita comunitaria.
Vivere la vita al nido come comunità educativa, non solo per i bambini ma anche per gli educatori, vuol dire vivere in una realtà come parte integrante di un contesto ampio e condiviso di valori progettuali, rispetto e progettualità.

La collegialità educativa, ovvero il collettivo degli educatori, è un gruppo che va oltre alla pura semplice somma degli operatori ma è fondamentale che disponga di un clima positivo per rendere efficace il lavoro tra colleghi.

Per potere lavorare efficacemente, è importante che il gruppo abbia le seguenti caratteristiche:

  • Coesione: si tratta del “collante” che tiene uniti i membri del gruppo, come ad esempio condivisione di regole, la dimensione del gruppo, la sua eterogeneità;
  • Appartenenza: è il sentimento che lega i membri nel sentirsi “parte integrante di”, ad esempio sentirsi accettato e accettare gli altri, assomigliarsi nelle idee;
  • Interdipendenza : fare parte di gruppo determina una connessione elementi soggettivi ed intersoggettivo, caratteristiche apprese mediante la frequentazione di quest’ultimo;
  • Stabilità affettiva: elemento chiave che facilita la coesione ed è garantita quando i bisogni di ciascuno educatore vengo ascoltate;
  • Equilibrio operativo: il senso di equilibrio è caratterizzato dall’equità nella distribuzione dei compiti per valorizzare ciascuno;
  • Differenziazione dei ruoli: ogni membro all’interno di un gruppo riveste un ruolo. Il ruolo è il connubio tra l’insieme delle norme e delle aspettative che coinvolgono l’individuo in quanto occupando di una determinata posizione in un sistema sociale è importante perché permette la vita stessa del gruppo. Ogni membro del gruppo è fondamentale in quanto individuo dotato di unicità. Il gruppo educativo è un insieme di persone che cooperano ed lavorano per un fine comune: è possibile tutto ciò quando si conseguono insieme obiettivi prefissati, mediante l’uso di linee di condotte univoche e non contraddittorie.

Il lavoro dell’educatore è una professione in continuo divenire e si nutre di un sano equilibrio tra i membri dell’equipe educativa, che fissano obiettivi educativi comuni attraverso azioni intenzionali, al fine di creare una progettazione attenta puntuale, a cui viene sottoposta periodicamente a verifica e rimodulazione in relazione al confronti tra i risultati attesi e quelle conferiti.

3. Osservazione, progettazione e documentazione

L’osservazione, la progettazione e la documentazione sono tre elementi cruciali e tre aspetti importanti nella professione dell’educatore, in quanto, chi opera all’interno di strutture educative deve saper svilupparle sia individualmente, sia collegialmente.

3.1 Osservazione

L’osservazione è uno dei metodi e strumenti rilevanti nell’agire professionale, in quanto permette di rilevare le esigenze e le abilità dei bambini. Una buona riuscita di osservazione dipende molto da un’attenta pianificazione, in cui vengono specificati gli obiettivi e diversi elementi da osservare.

Un mezzo pratico che sostiene questo processo di osservazione è la ‘griglia di osservazione’, in cui vengono elencati una serie di comportamenti del bambino di cui si vuole seguire l’andamento comportamentale, ad esempio durante il gioco libero, il piccolo è libero di esprimere al massimo se stesso.

La griglia è caratterizzata da una terminologia descrittiva e non valutativa in cui l’educatore segna i vari comportamenti dei bambini, con accanto una relazione in cui vengono raccolti e indicazioni di cosa sta accadendo in quel preciso momento.

Infatti, l’osservazione durante l’anno può essere di due tipi:
occasionale: svolta ogni giorno ed il più delle volte non intenzionale
sistematica : svolta con criteri e finalità ben precise, in cui si delineata un campo osservativo dettagliato al fine di raccogliere accuratamente informazioni per creare una progettazione completa ed efficace.

3.2 Progettazione

La progettazione è uno strumento che permette di rendere concreto proposte educative e percorsi interessanti esperienziali per i più piccoli (Malaguzzi, 1993).

All’interno di asili nidi il progetto pedagogico si colloca in una cornice centrale che indirizza l’intenzionalità educativa verso scopi comuni. Esso comprende i valori di riferimento, le finalità generali e gli orientamenti pedagogici su cui si fonda l’agire educativo, influenzati dal concerto socio-culturale. Questo documento ha l’intento di mostrare e rendere visibile a tutti, i principi ed i valori che sono alla base di un sistema educativo dei nidi di prima infanzia.

3.3 Documentazione

La documentazione è una fase che mette “nero su bianco”, tutto quello che è stato svolto. È la fase che permette di custodire e di tenere traccia delle esperienze svolte durante l’arco della giornata e durante l’anno scolastico.

Per potere realizzare una buona ed efficace documentazione è di notevole rilevanza che l’equipe educativa si concetri su due condizioni essenziali:

  1. sapere COSA documentare, selezionando aspetti pedagogici, didattici e relazionali
  2. sapere TRASMETTERE aspetti significativi, i quali devono essere rappresentativi, pertinenti e coerenti in relazione all’obbiettivo fissato.

3.3.1 Per CHI si documenta?

  • Per gli educatori: documentare ai colleghi o alle altre sezione ha lo scopo di condividere il percorso, per redere visibile il metodo operativo per poter riceve suggerimenti per apportare miglioramenti o evitare alcuni errori.
  • Per i bambini: documentare ai piccoli, attori protagonisti, permette loro di identificarsi, in quanto consente al bambino di ritrovarsi rivedersi e di valutarsi.
  • Per le famiglie: documentare ai genitori ha lo scopo di includere nella vita al nido il genitore e comprendere e vivere in modalità asincrona l’esposizione di vita quotidiana del figli.

3.3.2 COME SI DOCUMENTA?
Differenti sono gli strumenti di cui gli educatori dispongo per poter comunicare e condivide il quanto svolgo :

  • L’album dei ricordi : si tratta di un quaderno personale che conserva le esperienze svolte e permette di conoscere aspetti della vita al nido ai genitori dei propri figli.
  • I cartelloni: sono cartelli di grandi dimensioni che permettono di raccontare, tramite foto e scritte il percorso educativo svolto
  • L’archivio della memoria : strumento che aiuta il bambino a dare una logicità e temporalità ai ricordi e soprattutto lasciare una traccia su cui poter ritornare per vivere “il momento del ricordo”
  • Il diario di bordo: diario che serve per le famiglie ma anche per gli educatori. Quadernino in cui vengono annomate riflessioni, conquiste e tutte le attività. Permette inoltre all’educatore di rivedere ciò che è stato fatto e realizzato in quel momento sulla base degli obbiettivi prefissati e non. In conclusione “problem solving” è uno degli strumenti più utili per un educatore in quanto, tramite una attenta osservazione, una dettagliata progettazione e una documentazione efficace specifica l’equipe mette per iscritto il problema.

Attraverso un dialogo e un confronto efficace , il gruppo educativo trova una soluzione ed in sinergia con altre persone valuterà insieme l’efficacia e la risoluzione del problema. Il problem solving è una soft skills molto importante che riguarda in prima il singolo individuo ma che coinvolge l’intera collettività di un contesto educativo.

Bibliografia e Sitografia

  1. Polya, G. (2004). How to solve it: A new aspect of mathematical method (No. 246). Princeton university press.
  2. Owen, a.M. (1997). The Functional Organization of Working Memory Processes Within Human Lateral Frontal Cortex: The Contribution of Functional Neuroimaging. European Journal of Neuroscience. 9 (7): 1329 – 1339.
  3. Seccia, R. (2023). L’ambiente come terzo educatore nelle Linee pedagogiche e negli Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia. Ministero dell’Istruzione e del merito. URL: https://istruzioneveneto.gov.it/wp-content/uploads/2023/05/Seccia_intervento-del-12-maggio-2023.pdf
  4. Quaglino, G. P. (2004). Autoformazione. Autonomia e responsabilità per la formazione di sé nell’età adulta.
  5. Miyake, A., Emerson, M. J., & Friedman, N. P. (2000). Assessment of executive functions in clinical settings: Problems and recommendations. In Seminars in speech and language (Vol. 21, No. 02, pp. 0169-0183). Thieme Medical Publishers
  6. Malaguzzi, L. (1993). For an education based on relationships. Young children49(1), 9-12.