Il Parental Burnout

a cura di Carmela Lojercio

Il fenomeno del burnout, si verifica in qualsiasi attività che provoca livelli di stress frequenti e intensi e la genitorialità è, senza dubbio, un’attività complessa e stressante, facilmente suscettibile al burnout.

Infatti, le sfide che ogni genitore affronta nella gestione della vita quotidiana, nella riorganizzazione della propria vita in base alle esigenze dei figli, nella rinuncia del tempo libero e di attività gratificanti, determinano una condizione di stress cronico, che protratto nel tempo può portare ad una sindrome, da qualche anno definita con il termine parental burnout o burnout genitoriale (H. Freudemberger, C. Maslach, 1970).

1- Che cos’è il parental burnout ?

Il termine di burn-out, che alla lettera significa essere bruciati, esauriti, scoppiati, è stato introdotto alla fine degli anni sessanta dallo psicologo statunitense Herbert Freudemberger per riferirsi allo stress cronico nel campo lavorativo. 

Gli studi successivi hanno dimostrato che il burnout colpisce soprattutto i lavoratori occupati nell’assistenza alla persona, manifestandosi con tre sintomi tipici: esaurimento fisico ed emotivo, apatia e perdita di efficacia professionale.

Negli anni ottanta alcuni ricercatori attribuirono questa sindrome anche ai genitori, ma solo a quelli che avevano bambini affetti da malattie croniche.

Nel 2011, due ricercatrici belghe dell’Università di Lovanio, Moira Mikolajczak e Isabelle Roskam, sottoponendo ad osservazione circa 3000 genitori, dimostrarono che il burnout può colpire qualsiasi genitore, che accumuli diversi fattori di rischio in un certo momento e non abbia sufficienti fattori di protezione per poter fronteggiare lo stress

Il parental burrnout (PB) o burnout genitoriale, si differenzia dai baby blues, causati dalle oscillazioni ormonali nei giorni successivi al parto e dalla depressione post-partum, che subentra dopo un anno dalla nascita del bambino e può manifestarsi in entrambi i genitori in qualunque momento, a prescindere dall’età del figlio. Non può essere paragonato alla depressione, che comporta la perdita di entusiasmo per ogni aspetto dell’esistenza, perché, in questo caso, colpisce solo la vita familiare e l’educazione dei figli. 

I tre sintomi principali di cui soffre un genitore affetto da burnout sono: 

  1. Esaurimento psico-fisico: il genitore si sente stremato, al limite delle forze.
  2. Distacco affettivo: il genitore non riesce più ad investire le sue energie nel rapporto con i figli.
  3. Perdita di efficacia genitoriale: il genitore, perde entusiasmo e fiducia nelle proprie capacità di essere quel genitore che avrebbe voluto essere.

2 – Qual è la causa principale del burnout genitoriale?

A partire dal marzo 2020, numerosi sondaggi effettuati in 42 paesi in tutto il mondo mostrano che circa il 5% dei genitori sperimenta il burnout nella genitorialità, con la percentuale che sale al 9% nei paesi occidentali, raggiungendo livelli più alti tra i genitori di bambini con malattie croniche.

Il PB sta diventando progressivamente un grave problema sociale nel mondo moderno a causa dello squilibrio tra richieste genitoriali eccessive e risorse genitoriali limitate.

Finora sono stati convalidati due strumenti per misurare il burnout dei genitori: il Parental Burnout Inventory (PBI), sviluppato per la prima volta da Maslach, ha messo in evidenza tre sintomi principali, cioè l’esaurimento legato al proprio ruolo genitoriale, l’allontanamento emotivo dai propri figli e la perdita di efficienza genitoriale.

Mentre, il Parental Burnout Assessment (PBA) messo a punto da Roskam et al., ha messo in rilievo un quarto fattore, cioè il contrasto tra il modo in cui il genitore era abituato a condurre la propria esistenza e voleva essere e i risultati della sua vita genitoriale.

La Teoria dei Sistemi Ecologici (EST), sviluppata dallo psicologo americano Urie Bronfenbrenner nel 1979, aiuta a comprendere i fattori multilivello del burnout genitoriale. Questa teoria sostiene che le persone e il loro ambiente interagiscono in modo progressivo e reciproco per promuovere lo sviluppo individuale.

Secondo la teoria dell’ecosistema, l’ambiente che influenza i comportamenti di salute può essere classificato in microsistema (fattori individuali, come il livello di istruzione, il reddito, la personalità dei genitori, l’ansia e i sintomi depressivi, la resilienza, la bassa autostima, lo stile di attaccamento della madre, l’elevato bisogno di controllo), mesosistema (fattori interpersonali, come la relazione genitore-figlio e la soddisfazione coniugale), esosistema (fattori organizzativi e comunitari, come il numero di bambini in famiglia, il vicinato, il numero di ore trascorse con i bambini, la salute del bambino e i suoi problemi comportamentali, il supporto sociale) e macrosistema (fattori di società, politica o cultura, come i valori personali e culturali dei genitori).

Prendendo in considerazione tutti questi fattori che si ripercuotono sul genitore, sul bambino e sulla famiglia, questo studio mira a valutare i fattori di rischio e quelli protettivi associati al burnout genitorale tra i genitori con figli di età compresa tra 0 e 18 anni sulla base della teoria dell’ecosistema. 

Infatti, oggi più che mai, i bambini sono al centro delle preoccupazioni della nostra società (grazie anche alla Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia, pubblicata nel 1989) e, senza dubbio, il carico di responsabilità del loro sviluppo, della loro salute e della loro felicità ricade sui genitori.

A metà degli anni settanta Hans Selye, il padre della teoria dello stress, individuò due tipi di stress: il distress, che è un’esperienza spiacevole e provoca malesseri e patologie e l’eustress, una certa forma e quantità di stress, che invece di fare ammalare, contribuisce al buon funzionamento dell’organismo. 

Nello stesso periodo la studiosa Suzanne Kobasa, dell’Università di Chicago, nel corso delle sue ricerche ha individuato i tre tratti di personalità, che consentono di fronteggiare livelli elevati di distress, senza impatti negativi sulla salute fisica e mentale, essi sono: impegno, controllo e gusto per la sfida. 

In particolare, spesso, i genitori sono sottoposti ad uno specifico tipo di stress: raggiungere la perfezione nel loro ruolo. 

Quindi, l’idealizzazione della famiglia e del ruolo genitoriale è, sicuramente, un fattore fondamentale nell’insorgenza del burnout, poiché determina un investimento eccessivo delle proprie energie. 

Infatti, come afferma lo psicologo americano del lavoro Cary Cooper, la persona, immergendosi nel suo ruolo, è portata a sopravvalutare le proprie forze, a trascurare i suoi bisogni e i suoi desideri, mettendo in primo piano quelli dei figli.

Tutto questo determina una profonda frustrazione, poiché il genitore prende coscienza dei sacrifici e degli sforzi compiuti, spesso non ricompensati, e, allora, subentra il distacco emotivo dal vissuto e dalle emozioni dei figli.

L’ultimo atto è la perdita di efficacia del ruolo genitoriale e uno stato di malessere, che investe la sua vita e quella dei suoi familiari.

Le due ricercatrici belghe, sopra menzionate, asseriscono che tutte le persone intervistate, affette da burnout, hanno riferito di comportarsi in maniera negligente nei confronti dei figli, arrivando persino agli schiaffi e agli insulti.

Infatti, quando nel nostro organismo i livelli di cortisolo, molecola comunemente nota come “Ormone dello Stress”, che modula molteplici funzioni vitali, sia a livello periferico (metabolismo, secrezione ormonale, funzione cardiaca e immunitaria, etc.), sia a livello cerebrale (plasticità neuronale), sono troppo elevati e permangono nel tempo, si è più esposti a malattie metaboliche, cardiocircolatorie e immunitarie anche gravi, e non di meno, a patologie psichiatriche e alla possibilità di neurodegenerazione in aree cerebrali come l’ippocampo, con conseguenti alterazioni della sfera cognitiva, emozionale e affettiva.

Secondo la dottoressa Daniela Kaufer, ricercatrice dell’Università di Berkeley, in California, è proprio l’ippocampo (area deputata alla memoria e alle emozioni) a risentire maggiormente dello stress cronico. 

Gli studi condotti in quest’area cerebrale hanno rivelato che, in condizioni di stress cronico, l’ippocampo genera una forte connessione con le aree cerebrali più primordiali, responsabili delle nostre reazioni istintive, con un indebolimento delle sue connessioni con la corteccia prefrontale, che solitamente modula questo tipo di risposte. 

Quindi, lo stress cronico scatena in noi delle velocissime reazioni di paura e ansia, oltre ad una scarsa capacità di impedirle o limitarle e, con un meccanismo molto simile ad un circolo vizioso, ci rende più soggetti allo stress

Senza dubbio, quindi, si può asserire che tra le cause principali che determinano il burnout genitoriale vi è lo stress cronico, cioè protratto nel tempo, a cui i genitori sono quotidianamente sottoposti nell’affrontare una serie di sfide, come la riorganizzazione della propria vita intorno alle esigenze del bambino, l’abbandono di alcune attività gratificanti, la gestione di nuove e impreviste difficoltà, che si possono presentare, le critiche che spesso provengono da familiari e amici sulla gestione dei figli.

Studi recenti hanno dimostrato che il burnout dei genitori può essere molto distruttivo. 

Per quanto riguarda i genitori, questa sindrome può portare a problemi esterni come dipendenze comportamentali e da sostanze, idee suicide e di fuga, disturbi del sonno e aumento dell’aggressività nei confronti del bambino. 

Tutto questo ha gravi ripercussioni sui bambini. Infatti, la negligenza e l’aggressività manifestata dai genitori affetti da burnout può essere considerata un fattore di rischio per il burnout scolastico e i problemi interni ed esterni nei bambini, aumentando i livelli di ansia e solitudine, il comportamento aggressivo e la depressione negli adolescenti, con una riduzione della soddisfazione di vita, compromettendo la loro salute mentale.

Nei confronti della famiglia, il burnout genitoriale riduce la qualità della vita e la soddisfazione dei suoi membri, mettendo a dura prova le relazioni familiari e aumentando l’intensità del conflitto coniugale. 

3 – Come si può uscire dal Parental Burnout.?

Come affermano Moira Mikolajczak e Isabelle Roskam, quando si è genitori e si ha la sensazione che tutto diventa difficile e incontrollabile, l’importante è prestare attenzione ai primi segnali di allarme e rompere quel tabù che ci impedisce di dire che siamo in difficoltà come “genitori”. 

Esistono dei segnali che devono essere riconosciuti in tempo dai genitori per poter prendere coscienza del loro stato come:

  • sentirsi stanchi già dal mattino.
  • sentire che le incombenze pratiche ed emotive dell’essere genitori richiedono un coinvolgimento che travalica le energie, che pensano di avere a loro disposizione.
  • sentirsi spesso svuotati, rassegnati e passivi, con la sensazione di non poterci fare nulla.
  • sentirsi sempre meno coinvolti nella relazione con il proprio figlio, distaccati, adoperandosi il minimo indispensabile nelle cure quotidiane.
  •  limitarsi nei rapporti di accudimento agli aspetti funzionali/strumentali a scapito degli aspetti emotivi.
  • arrivare a sentirsi esasperati, provando un intenso senso di colpa e vergogna per queste sensazioni.

Le ricerche effettuate dalle due ricercatrici belghe hanno evidenziato che i più esposti al rischio burnout sono: 

  • i genitori incapaci di gestire le proprie emozioni o che non riescono a riconoscere e capire quelle dei figli. 

Infatti, per affrontare al meglio le difficoltà della vita è fondamentale disporre di una buona intelligenza emotiva (Goleman, 1996), che ci guidi a identificare e controllare le nostre emozioni e a valutare quelle degli altri. 

  • i genitori affetti dalla sindrome del perfezionismo.

Sarebbe necessario ridurre alcune attività dei figli, che comportano un impegno eccessivo, ma soprattutto allentare la pressione, lasciare passare qualche imperfezione ed essere più indulgenti con se stessi nella gestione familiare.

  • i genitori a cui manca il giusto supporto pratico o affettivo da parte di uno dei due coniugi, per motivi di lavoro o scarsa partecipazione all’educazione dei figli. 

In questa circostanza viene a mancare il sostegno emotivo, non si fa più gioco di squadra, e subentra l’incoerenza educativa. 

E’ necessario, allora, che la coppia chieda il supporto di un consulente pedagogico, che l’aiuti a fare il punto della situazione e a identificare i fattori di stress, che causano il suo malessere. 

Un aiuto alla genitorialità da parte del pedagogista potrà avvenire attraverso una serie di incontri e colloqui, per comprendere la domanda e il vissuto dei genitori, orientandoli e sostenendoli nel trovare una strategia di aiuto e interventi efficaci volti ad accrescere le loro capacità relazionali e le loro competenze educative. 

I colloqui saranno utili a riconoscere ciò che risulta particolarmente stressante, ad affrontare al meglio l’educazione dei figli, identificando e stabilendo alcuni valori educativi comuni, imparando a chiedere l’aiuto della propria cerchia familiare e amicale, cambiando nel modo migliore la routine quotidiana, per poter dedicare alla famiglia un tempo di qualità, cioè delle ore passate in attività, che possano piacere ad entrambi, genitori e figli, per non sentirsi troppo sacrificati.

Imparando a gestire le sue emozioni, il genitore stressato riuscirà a vedere la sua giornata con un’ottica diversa, diventando più resistente allo stress.

Poiché, come si è detto, le cause che possono scatenare il burnout sono tante e variano da genitore a genitore, l’aiuto del pedagogista potrebbe risultare basilare per superare questo stato. 

Infatti, studi recenti hanno messo in evidenza che dal burnout si può uscire. E’ solo una questione di tempo. Una volta individuato il problema, la persona emotivamente esaurita potrà ritrovare la gioia di essere genitore. 

Bibliografia.

M. Mikolajczak, I. Roskam, Le Bur-nout Parentel, L’éviter et s’en sortir, Paperback, 2017.

I. Roskam, et al., Exhausted Parents: Development and Preliminar of the Parental Burnout Inventory, in Frontiers in Psycology, pubblicato on line il 9/02/2017.

Neil D. Brown LCSW, Ending The Parent-Teen Control Battle, New Harbinger Publication, 2016.

John P.J. Pinel, PsicobiologiaLa psicologia fisiologica delle emozioni e dello stress, il Mulino, 2006, pp. 599-608.

A. Oliverio Ferraris, Stressati ma sani, in Mind, mensile di Psicologia e Neuroscienze, n.161, anno XVI, maggio 2018.

U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, collana “Biblioteca Mulino”, 2002.

Sitografia.

M.Mikolajczak, I. Roskam et al., un approccio di rete al burnout dei genitori. Abuso e negligenza sui minori, III,104826. https://doi.org/10.1016/j.chiabu.2020.104826.

M. Mikolajczak, I. Roskam et al., (2021), sviluppo e validazione della scala breve del burnout parentale (BPBS). Valutazione psicologica, 33(11), 1125-1137. https://doi.org/10.1037/pas0001064.