Il concetto di gruppo nella pratica dell’apprendimento cooperativo e i suoi elementi portanti

A cura di: Elisa Gosso

INTRODUZIONE

L’apprendimento cooperativo consiste in un approccio teorico che è stato concretizzato in alcuni metodi educativi basati su un lavoro collettivo da parte di un gruppo di studenti, nel quale ognuno mette in campo le proprie capacità, a seconda dei propri ruoli, al fine di raggiungere un obiettivo comune (cfr. Johnson & Johnson, 1975). Si potrebbe pensare che sia sufficiente raggruppare alcuni studenti e farli lavorare insieme, ma ciò non definisce necessariamente un lavoro cooperativo: come vedremo, infatti, la cooperazione è molto più che una semplice prossimità fisica, una discussione di materiali con altri, o una condivisione di risultati e informazioni (Johnson & Johnson, 2006, p. 95). In questo contesto diventa centrale la nozione di “gruppo”, per la quale l’enciclopedia Treccani offre questa definizione di base: «Insieme di più cose o persone, distinte l’una dall’altra, ma riunite insieme in modo da formare un tutto» (“Gruppo”, s.d.).

Sulla scorta di queste fondamenta, il concetto di gruppo è sicuramente ampliabile, a partire dalle diverse prospettive disciplinari che ne hanno fatto in qualche modo il proprio oggetto di studio. Le scienze sociali e la psicologia si sono normalmente interessate all’analisi di gruppi di piccole dimensioni. Il sociologo Merton (1968), definendo il gruppo sociale, ha posto in luce la caratteristica dell’interazione: una collettività, per essere definibile in quanto gruppo, deve rispondere al criterio dell’interazione fra i suoi membri (p. 353). Anche lo psicologo sociale Kurt Lewin (1951) evidenzia che un gruppo può definirsi tale non tanto in base alla similarità fra i suoi componenti – è anzi tipica dei gruppi organizzati una certa variabilità interna – quanto piuttosto per l’interazione e l’interdipendenza fra i membri che lo costituiscono (p. 147). Le speculazioni di Lewin sui gruppi e sulle dinamiche di gruppo sono considerate precorritrici delle teorie che hanno in seguito delineato l’apprendimento cooperativo.

1. Il gruppo come luogo di relazione

Lewin, nell’ambito della psicologia della Gestalt, elabora la celebre “teoria del campo” (1951), secondo la quale, di fronte a una situazione, il comportamento degli individui non si riduce a una semplice risposta allo stimolo, ma è costituito da un vasto insieme di potenziali variabili interdipendenti che concorrono a indirizzare i modi di agire: secondo la formula C = f (P,A) i comportamenti (C) risultano quindi funzione degli spazi di vita degli individui (f) costituiti dalle persone stesse (P) e dagli ambienti (A) (Paparella, s.d.).  

Il campo, nell’ottica della ricerca sulle dinamiche di gruppo, può essere concepito come elemento di analisi dei fattori sociali colti nella loro interdipendenza, poiché ogni parte che lo costituisce non esiste se non nella sua relazione e funzione rispetto alle altre parti. Così il gruppo, secondo Lewin (1972), in prospettiva gestaltica, costituisce non un insieme di parti ma un tutto olistico: «Si è molto discusso su come definire un gruppo. Spesso lo si è considerato come qualcosa di più, di più alto e di più significativo, della somma degli individui che lo compongono. Altri hanno postulato una “mentalità di gruppo” per definirlo» (cit. in Cereda, 1999, p. 38).

Anche il gruppo classe, come qualsiasi altro gruppo sociale, non rappresenta un semplice insieme di individui, ma costituisce un “luogo sociale” in cui interagiscono, oltre al comune obiettivo di apprendimento, tutta una serie di relazioni e interazioni, mutevoli nel corso del tempo e che coinvolgono tutti coloro che costituiscono quel gruppo, compreso l’insegnante, che come vedremo, vi ricopre un ruolo attivo.

In questa prospettiva, l’apprendimento cooperativo è molto diverso dal “semplice” lavoro di gruppo. Quest’ultimo infatti consiste in un insieme strutturato in maniera tale per cui prevalgono comunque individualità e competizione – elementi tipici dell’insegnamento cosiddetto tradizionale (Johnson & Johnson, 1986) –, e in cui sovente si creano dinamiche polarizzanti, per cui facilmente da un lato emergeranno uno o più membri del gruppo maggiormente attivi che si occuperanno di tutto il lavoro, mentre dall’altro lato chi è meno motivato o più introverso rimarrà in disparte, appoggiandosi passivamente al lavoro degli altri. Nel caso del Cooperative Learning più che di gruppo potremmo parlare di squadra: ogni membro di un certo insieme, infatti, avrà un compito differente ma totalmente integrato agli altri, e si verrà a così a creare una interdipendenza positiva per cui un membro non potrà portare a termine singolarmente il lavoro, né evitare di svolgere il ruolo assegnatogli, pena il non raggiungimento dell’obiettivo di tutti. È in questo senso che tale tecnica – col porre in comune le menti e le competenze individuali – consente di trasmettere agli studenti quelle abilità sociali interpersonali imprescindibili anche al di fuori del contesto scolastico. Possiamo citare in proposito lo psicologo statunitense Howard Gardner (1993), il quale, – trattando di educazione, stereotipi e di reale comprensione di ciò che viene trasmesso nell’ambito scolastico –, osserva efficacemente che:

Nella scuola spesso gli educatori chiedono e accettano prestazioni meccaniche, ritualistiche o convenzionali, quelle che gli studenti offrono quando semplicemente rispondono, nel sistema simbolico desiderato, buttando fuori i particolari complessi di fatti, concetti o problemi che sono stati loro insegnati. […] A queste prestazioni meccaniche io contrappongo quelle che sono frutto di competenza disciplinare, ossia di comprensione vera. Si tratta delle prestazioni offerte da studenti capaci di prendere le prestazioni e le abilità apprese nella scuola o in altri ambienti e di applicarle in modo flessibile e appropriato ad una situazione nuova e almeno in parte imprevista” (pp. 18-19)

2. Lewin e le dinamiche di gruppo

A partire da queste riflessioni, è interessante considerare ancora alcuni ragionamenti pionieristici di Lewin e collaboratori relativi all’importanza della “atmosfera” nel favorire la cooperazione fra i membri del gruppo e per la quale un ruolo chiave è detenuto dalla competenza dell’insegnante.

Nel saggio Esperimenti nel campo sociale del 1939, Lewin, citando l’esempio di un lavoro sperimentale effettuato da alcuni suoi collaboratori presso la Jowa Child Welfare Research Station, dimostra come un gruppo sia contraddistinto non soltanto, e forse non principalmente, dai membri che lo compongono e dalle loro caratteristiche, ma anche e soprattutto dalla “atmosfera”, o clima, che in esso si viene a creare, quest’ultima determinata a sua volta dal tipo di leadership applicata alla conduzione del gruppo stesso (cfr. Lewin, 1972). Come osserva Lewin (1951), è sempre possibile misurare in qualche modo l’atmosfera psicologica e sociale di un contesto e un insegnante dovrebbe sapere che il grado di successo dell’insegnamento in una classe dipende largamente dall’atmosfera che vi si riesce a creare (p. 63), Atmosfera descritta da Lewin (1972) come una «proprietà della situazione sociale complessiva» (cit. in Cereda, 1999, p. 39).

Nell’indagine presentata, volta a studiare le dinamiche di gruppo, si erano suddivisi gli alunni in due gruppi con il medesimo obiettivo finale. Ai due insiemi erano stati assegnati due leader (studenti maturi) con l’incarico di dirigere il lavoro in due modi polarmente opposti: uno seguendo una linea democratica, in cui il leader doveva presentarsi egli stesso come membro del gruppo, seppur obiettivo e super partes, con incoraggiamenti e motivazioni, spiegazioni preliminari, delegazione del lavoro agli alunni. L’altro seguendo invece una linea autoritaria, senza un piano iniziale preciso, con direttive impartite autocraticamente dal leader e senza discussione critica. Le conclusioni a cui giunse l’esperimento furono le seguenti: mentre fra i membri del gruppo autocratico prevalse l’antagonismo, «nell’atmosfera democratica la cooperazione e la lode reciproca erano molto più frequenti» (ivi, p. 40); inoltre il clima positivo instaurato dal leader democratico influenzava i rapporti tra gli alunni membri del suo gruppo, favorendone la coesione e la collaborazione, mentre nel gruppo autoritario la tensione portò verso il conflitto, senza risoluzione positiva, conducendo alla situazione del cosiddetto capro espiatorio, per cui ogni alunno «[…] diventava un nemico potenziale degli altri, sicché il suo campo di potere si indeboliva anziché rafforzarsi attraverso la cooperazione» (ivi, p. 42); infine Lewin e gli altri rilevarono come l’atmosfera creata nel gruppo influisse anche sul grado di individualità dei singoli, per cui, così come accade anche nel lavoro specifico di apprendimento cooperativo, «ciascun membro del gruppo democratico mostrava un’individualità relativamente più sviluppata, poiché una parte del campo rimaneva personale» (ivi, p. 41). Quest’ultima rappresenta, forse un po’ inaspettatamente, una probabile conseguenza del fatto che in tale insieme, a differenza che in quello autoritario, era maturata una forte coscienza di gruppo.

3. Gruppo cooperativo, interazione e acquisizione di competenze

Nei gruppi cooperativi gli studenti devono necessariamente interagire fra loro al fine di portare a termine il proprio compito e raggiungere l’obiettivo prefissato: essi saranno dunque giocoforza coinvolti in interazioni verbali ed eventualmente non verbali, come domandare, spiegare, ascoltare, giudicare, esprimere le proprie opinioni e il proprio accordo o disaccordo su eventuali risoluzioni, saper prendere decisioni congiunte, dare dimostrazioni, ecc. (Cohen, 2014). La capacità di interagire tuttavia non è innata: quelle che possiamo definire abilità sociali o relazionali vanno trasmesse e possono essere perfezionate con la pratica e l’esperienza. Il fatto di saper coniugare abilità e conoscenze in una certa situazione, al fine di raggiungere uno scopo, determina l’instaurarsi di competenze, un altro elemento chiave nel contesto di una educazione pensata e fondata non più sul semplice passaggio di contenuti disciplinari, bensì sulla trasmissione di quelle «capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale» (“Raccomandazione del Parlamento Europeo”, 2008).

In questo quadro, un ruolo fondamentale è ricoperto dall’insegnante, che, collocandosi nell’ottica costruttivista dell’apprendimento, non dovrebbe porsi come veicolo diretto di informazioni, ma piuttosto come facilitatore e moderatore del lavoro cooperativo in tutte le sue fasi, dalla costituzione del gruppo fino alla valutazione finale dell’attività. L’insegnante, infatti, non è un banale osservatore, ma dovrebbe ricoprire un ruolo attivo, seppur obiettivo. Come osserva Castoldi (2020), il gruppo classe va ridefinito come ambiente di apprendimento i cui membri vengano incoraggiati ad impegnarsi attivamente e valorizzati dagli insegnanti nel loro contributo. Secondo questa prospettiva la dimensione socio-affettiva che viene a instaurarsi nel gruppo classe è una fra le principali caratteristiche che detengono un’importanza notevole nell’ambito della cooperazione: il gruppo stesso si rivela come uno strumento di lavoro e l’insegnante deve saper favorire un’atmosfera interazionale positiva per strutturare opportunamente un ambiente di apprendimento cooperativo.

CONCLUSIONI

Abbiamo introdotto il concetto di gruppo, a partire dalla sua considerazione come elemento imprescindibile nell’approccio cooperativo, fino ad allargare lo sguardo su teorie di più ampia portata, che hanno esaminato gli elementi fondamentali di un gruppo e le modalità mediante cui essi interagiscono fra loro. In questo quadro, abbiamo notato, con Lewin (1951), come il gruppo sia molto più della somma delle sue parti: ciò che si viene a creare, nell’agire cooperativo e nella positiva interazione dei membri di un insieme, è una vera e propria atmosfera o mentalità di gruppo, in cui la leadership gioca un ruolo importante (p. 191). Sebbene, infatti, il lavoro in un gruppo cooperativo favorisca l’apprendimento attivo, tale impostazione può portare una serie di problemi, che possono essere superati mediante una buona organizzazione e guida: l’insegnante, in questa prospettiva, deve saper delegare l’autorità senza abbandonare il gruppo nel caos incontrollato e contemporaneamente osservare senza esercitare una supervisione diretta (Cohen & Lotan 2014). L’insegnante dovrebbe, quindi, essere capace di monitorare il lavoro del gruppo agendo laddove fosse necessario assestare la forma, più che il contenuto: spiegare i principi dell’interdipendenza positiva e intervenire affinché vengano realmente applicati, incrementando le capacità interpersonali e sociali degli studenti (Johnson et al. 2008, cit. in Johnson & Johnson 2009, p. 373). Questo consentirà di creare un clima positivo nel gruppo e mettere efficacemente in moto l’apprendimento cooperativo.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  1. Castoldi, M. (2020). Gli ambienti di apprendimento. Ripensare il modello organizzativo della scuola. Carocci.
  2. Cereda, F. (1999). Kurt Lewin. In Id. (A cura di), Il Novecento e lo studio dell’uomo. I testi fondamentali (pp. 37-43). Einaudi Scuola.
  3. Cohen, E. G., & Lotan, R. A. (2014). Designing Groupwork. Strategies for the Heterogeneous Classroom (3rd ed.). Teachers College Press.
  4. Gardner, H. (1993). Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico. Feltrinelli (ed. or. The unschooled mind: How children think and what schools should teach, 1991).
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  9. Johnson, D. W., Johnson, R., & Holubec, E. (2008). Cooperation in the classroom (8th ed.). Interaction Book Company.
  10. Lewin, K. (1951). Field Theory in Social Science. Selected Theoretical Papers (D. Cartwright, Ed.). Harper & Brothers.
  11. Lewin, K. (1972). I conflitti sociali: saggi di dinamica di gruppo. Franco Angeli (ed. or. Resolving Social Conflicts: Selected Papers on Group Dynamics, 1948)
  12. Merton, R. K. (1968). Social Theory and Social Structure. The Free Press (1st ed. 1949).