Il concetto di numero
Buongiorno a tutti sono la dottoressa Blumenthal. Benvenuti alla prima lezione del corso “I bambini e la matematica: come avviene il processo di apprendimento“. In questa lezione presenteremo le principali ricerche condotte nel campo della conoscenza numerica. Partiremo dall’ipotesi di Piaget, che è stata centrale fino a circa gli anni 80 e poi analizzeremo i nuovi studi che hanno un po sovvertito le idee di Piaget che prima sembravano inconfutabili. Iniziamo.
Piaget è stato uno psicologo, un biologo, un pedagogista e anche un filosofo un filosofo svizzero. Piaget è da sempre considerato uno dei massimi esponenti dello studio dello sviluppo del pensiero infantile. Le sue teorie derivano da anni di studio osservazionale da cui ha cercato di individuare l’esistenza di una serie di tappe che sono considerate ancora oggi del tutto valide, quindi dobbiamo riconoscere a lui il merito di aver formulato le prime fondamentali teorie cognitive riguardo all’elaborazione del concetto di numero. Piaget sostiene che lo sviluppo cognitivo del bambino derivi proprio dall’interazione con la realtà circostante quindi grazie a questa realtà circostante si verifica una trasformazione in termini di acquisizione di informazioni che sono utili alla conoscenza pratica, quindi secondo le sue teorie le conoscenze logiche e matematiche si costruiscono progressivamente mediante l’osservazione e l’interorizzazione delle regolarità del mondo e al momento della nascita il cervello del bambino o del neonato sarebbe una pagina bianca quindi priva di qualsiasi conoscenza astratta. Possiamo dire dunque che secondo l’idea di Piaget, il bambino viene al mondo senza alcuna idea aritmetica e quindi sono necessari parecchi anni di osservazioni per comprendere che cosa sia un numero. Quindi il bambino a forza di manipolare oggetti finisce per rendersi conto che il numero è la sola proprietà e che quindi non varia al variare della posizione della natura dell’oggetto. Piaget ipotizza che la costruzione del numero sia correlata con lo sviluppo della logica e quindi ad un livello pre logico del pensiero corrisponde un periodo pre numerico. Più precisamente cosa vuol dire? Vuol dire che Piaget ritiene che l’idea di numerosità non possa emergere prima dei 6-7 anni poiché appunto si costruisce proprio sullo sviluppo di capacità tipiche del pensiero operatorio come ad esempio la conservazione delle quantità e l’astrazione delle proprietà percettive. Possiamo sintetizzare il pensiero di Piaget dicendo che il bambino acquisisce il concetto di numerosità attraverso una graduale elaborazione delle operazioni di classificazione e di seriazione. E possiamo anche dire che questo sviluppo avviene per tappe che si susseguono parallelamente al rafforzarsi delle strutture cognitive del bambino.
Verso gli anni 80 abbiamo detto che iniziano a comparire nuovi studi. Tra questi studi troviamo sicuramente quello di Butterworth, un neuropsicologo famoso in tutto il mondo. Le sue ricerche riguardano in particolare le difficoltà in matematica, la discalculia, la dislessia e anche i deficit di memoria a breve termine. Contrariamente a quanto proposto da Piaget, Butterworth ritiene che i bambini piccoli sembrano reagire alle proprietà numeriche del loro mondo visivo anche se non possono valersi del linguaggio e nemmeno del ragionamento astratto perché ancora troppo piccoli. Butterworth inizia a dare importanza al numero quando gli si presentano alcuni casi clinici essendo lui un neuropsicologo. Uno di questi casi è quello di una signora italiana, un albergatrice. Questa signora aveva tenuto i conti del suo hotel fino a che non subì un ictus. Dopo l’intervento rimase praticamente cieca e sorda a tutti i numeri superiori al 4 e questo ovviamente le impediva di effettuare acquisti, telefonate e molte altre cose che invece in precedenza aveva dato per scontato. Quindi questo portò a Butterworth a dire i numeri sono importanti. Iniziamo a pensare ai numeri. Anche noi li utilizziamo abitualmente, li usiamo per contare gli oggetti, per dire l’ora, per fare statistica, per comprare o vendere prodotti, ma ancora li utilizziamo per classificare, per dare anche un indirizzo alle abitazioni. Tutte le nostre case hanno un numero civico. Li utilizziamo ancora perdere dei voti oppure anche per identificare le auto (pensiamo alle targhe) oppure anche i canali della televisione, i numeri di telefono. Insomma ci rendiamo conto che la maggior parte delle cose che ci circonda possiede un numero. Ma l’importanza dei numeri non è solo nella loro utilità ma è anche proprio nella maniera in cui questi numeri danno forma al nostro modo di percepire il mondo. Butterworth ritiene che chiunque sia in grado di contare nel senso che chiunque possieda il concetto di numerosità, quindi la capacità di classificare il mondo in termini di numerosità non è come quella di leggere uno scritto ma che abbiamo bisogno di impararla. Nel caso della numerosità non abbiamo il bisogno di impararla perché nasciamo già sapendo come farlo, quindi è un qualcosa che fa parte del nostro cervello matematico.
Secondo questo studioso il nostro cervello matematico sarebbe composto da due elementi:
- uno è il modulo numerico;
- l’altra è la capacità di usare degli strumenti matematici che ci vengono forniti dalla nostra cultura.
Il modulo numerico possiamo definirlo come un nucleo innato delle nostre capacità numeriche quindi una sorta di dotazione di partenza che ci consente di classificare il mondo in termini di numerosità ma fino a un massimo di quattro-cinque elementi. L’altro invece abbiamo detto che la capacità di usare strumenti matematici che ci vengono forniti dalla nostra cultura, quindi si tratta di strumenti molto diversi tra loro. Per esempio possiamo menzionare l’utilizzo delle dita per contare oppure l’utilizzo di tacche, della calcolatrice o anche di simboli. L’utilizzo di questi strumenti dipende proprio dalla cultura di appartenenza quindi cultura diversa strumenti diversi e quindi diverse modalità.
Tra questi nuovi studi che hanno sovvertito l’idea di Piaget troviamo anche gli studi di Dehaene. Dehaene non ritiene che la mente del bambino sia una tabula rasa, come invece riteneva Piaget, ma ritiene che sia un organo già strutturato. Quindi il bambino già al momento della nascita possiede eccellenti capacità di distinzione numerica. Quindi secondo Dehaene, il bambino predispone fin dalla nascita di una sorta di accumulatore interno quindi un contatore approssimativo che permette al bambino di percepire, di memorizzare e di confrontare delle grandezze numeriche, quindi sarebbe in grado di valutare in modo prossimativo gli oggetti che lo circondano. Dehaene sottolinea proprio la capacità intuitiva naturale e innata di utilizzare le quantità. Gli studi di Butterworth e di Dehaene dimostrano quindi che il senso del numero è indipendente dal linguaggio, dalla memoria e anche dal ragionamento. Entrambi vogliono sottolineare che nasciamo già con un senso del numero. Nasciamo già in grado di percepire le quantità. Questi nuovi studi ci consentono di arrivare a parlare di intelligenza numerica.
Cos’è l’intelligenza numerica? L’intelligenza numerica non si riferisce a una definizione generale ma viene messa proprio in rilievo la nostra capacità di intelligere.
Cosa vuol dire intelligere? Cioè capire interpretare ragionare attraverso un complesso sistema cognitivo di numeri e di quantità.
Attraverso questi importanti studi siamo arrivati a capire che a pochi giorni di vita un bimbo è in grado di riconoscere la quantità quindi e in grado di riconoscere la quantità prima di saperla nominare con le parole; ancor prima di parlare il bambino riconosce la quantità. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che un neonato in braccio alla mamma è in grado di discriminare uno. All’arrivo del papà, il neonato è in grado di discriminare uno diverso da uno. E se pensiamo all’arrivo di una terza persona come esempio di un’infermiera, il bambino è in grado di discriminare uno diverso da uno diverso da uno. Ma non solo all’interno del numero 3, della quantità 3, il neonato è in grado di riconoscere maggiore minore e uguale. Questo meccanismo si chiama Subitizing o anche immediatizzazione. Il cervello quindi riconosce le differenze all’interno della quantità 3. Questo è un meccanismo potentissimo del cervello, il 3 quindi si riconosce, il 4 invece si riconosce per l’avvicinamento al 3, ma oltre al 4 non si può andare perché oltre il 4 il cervello scompone quindi noi attraverso questo meccanismo di Subitizing (che comunque andremo a vederlo nella lezione successiva) riusciamo a percepire a colpo d’occhio la quantità. La quantità 1, la quantità 2, la quantità 3. Si arriva anche alla quantità 4 perché appunto si avvicina al 3 ma oltre il 4 non si può andare.
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