DOLORE: LA GESTIONE CON LA MEDICINA ALTERNATIVA
Il dolore, ci siamo mai soffermati a riflettere su cosa sia e perché ci sia? Il dolore è una costante nella vita dell’essere umano. Oggigiorno abbiamo molti farmaci che ci permettono di sopportarlo o annullarlo. Ma spesso questi non sono abbastanza. Da anni si sta affiancando all’utilizzo della medicina tradizionale l’uso di medicine complementari come autoipnosi, agoputura… facciamo un po’ di chiarezza su cosa sia il dolore e attraverso l’analisi di alcuni studi come vengono impiegate le CAM – Complementary and Alternative Medicine.
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Si può sicuramente affermare che il dolore è un elemento biologico, personale e soggettivo ma comunque un elemento sociale (Breton, 2017). La reazione al dolore si apprende e si conosce solo provandolo. Si può sostenere che il dolore sia un’esperienza intrinseca che combina ciò che si è appreso dall’esterno e ciò che si è conosciuto individualmente durante l’esperienza di vita. La reazione del dolore da parte dell’individuo dipende da molteplici fattori: relazioni, stato culturale, economico o sociale. La sua percezione varia in base al momento in cui tocca il soggetto. Anticamente il dolore era visto come una particolare emozione, con il passare dei secoli gli è stata attribuita la natura esclusivamente fisica e biologica (Breton, 2017).
Per inquadrare meglio il dolore è necessaria una breve e semplice spiegazione per comprendere il funzionamento a livello anatomico. La percezione del dolore è data da reti di terminazioni nervose libere presenti nella cute, generalmente esse prendono il nome di nocicettori, li possiamo distinguere in tre tipi: meccanorecettori che rispondono a una pressione intensa come un qualcosa che pizzica o penetra nella pelle; i recettori TRPV1 che si attivano con il forte calore, acidi e capsaicina; i recettori TRPA1 avvertono della presenza di sostanze chimiche che producono infiammazione. Grazie a queste terminazioni il dolore raggiunge il midollo attraverso il sistema spinotalamico che a sua volta manda le informazioni alla corteccia somatosensoriale che elabora l’informazione e la risposta (Clarson, 2014).
Studiare il dolore non è semplice infatti ancora oggi non si hanno degli strumenti che studino il dolore in maniera oggettiva, le scale di valutazione del dolore utilizzate nella ricerca vanno a studiare il dolore dal punto di vista soggettivo, quindi come esso è percepito (Imbasciati & Debrassi, 2009).
Nel 1964 Merskey definiva il dolore come una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale. Tale sensazione poteva essere associata a un danno dei tessuti reale o potenziale e descritta come danno.
Analizzando meglio questo concetto possiamo definire il dolore come un’esperienza complessa sensoriale, vale a dire un’emozione. Per comprendere quanto il dolore sia differente dai sensi dell’udito, vista e così via si consideri che questi sono neutri, per cui possono essere negativi o positivi. Il dolore ha sempre una connotazione sgradevole (Orlandi, 2005).
Non vi è dolore senza sofferenza, forse per questo oggi sempre di più si cerca di alleviarlo o non provarlo per niente. Il non sentire dolore ci rende vulnerabili, mettendo a rischio la nostra integrità fisica. Il dolore ci permette di evitare gli stimoli nocivi e di imparare quali siano, senza di esso l’uomo sarebbe in balia degli eventi (Breton, 2017).
Ancora oggi le funzioni del dolore sono poco conosciute dalla società e lo si teme a prescindere. Si pensi che il 25% delle donne riporta di aver intenzione di richiedere l’analgesia epidurale durante il travaglio.
Questo dato potrebbe far pensare a una disinformazione rispetto alla funzione fisiologica del dolore nel parto e su quali aspetti positivi e/o negativi derivino dall’utilizzo d’interventi volti ad alleviare o evitare il dolore (Ambasciati & Debrassi, 2010).
Si hanno vari tipi di dolore: acuto, cronico, intenso ai quali corrisponde una terapia per far sentire sollievo al paziente. Generalmente ci si approccia con farmaci per permettere al paziente di stare bene, ma recenti ricerche hanno evidenziato quanto l’approccio psicologico sia fondamentale per un miglioramento dell’individuo.
Uno degli approcci è sicuramente l’autosuggestione, che consiste nell’insegnare e quindi educare il paziente a gestire il dolore. Questo consiste nell’ampliamento del problem solving, pianificazione delle azioni, maggiore fiducia e autostima e sviluppo della consapevolezza corporea. Questo approccio ha dimostrato un miglioramento nello stato di salute generale dei soggetti (Peng, 2011).
Un esempio di utilizzo del programma di autosuggestione è lo studio condotto da McGillion et al (2007) su Il dolore cardiaco derivante da un problema cardiaco cronico (CSA) esso influenza negativamente la vira dell’individuo poiché causa dolore, scarso stato di salute generale e incapacità di autogestione della situazione. Questo studio intitolato “The Chronic Angina Self-Management Program (CASMP)” ha valutato l’impatto del programma di psico-educazione di sei settimane, sulla qualità della vita, autoefficacia e gestione del dolore dovuto alla malattia. Centotrenta partecipanti hanno partecipato al CASMP ma solo centodiciassette hanno completato lo studio. Questo studio era controllato randomizzato. Al completamento delle misure demografiche, i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale. L’età media dei partecipanti era di sessantotto anni, l’80% era di sesso maschile.
I risultati dello studio indicano che il CASMP è stato efficace per migliorare il funzionamento fisico, la salute generale, i sintomi del dolore e l’auto-efficacia per gestire il dolore a distanza di tre mesi (McGillion, 2008).
Zeng et al (2018), hanno condotto una ricerca con lo scopo di valutare prove tangibili sull’uso della medicina alternativa (Complementary and Alternative Medicine, CAM) in malati terminali. La ricerca partiva dal presupposto che l’obiettivo delle CAM è migliorare la qualità della vita dei pazienti con malattie gravi trattando i loro sintomi e gli effetti indesiderati dati dai farmaci. Sono stati presi in considerazione gli studi che includevano terapie come digitopressione, agopuntura, massaggio aromaterapico, respirazione, ipnoterapia, massaggio, meditazione, musicoterapia, riflessologia e reiki. Gli studi analizzati sono stati 4682. Molti di essi hanno dimostrato un beneficio a breve termine nel miglioramento dei sintomi. Le CAM possono fornire un beneficio limitato a breve termine nei pazienti con sintomi importanti. Ma sono necessari ulteriori studi per chiarire il valore potenziale della CAM nell’ospizio o nel contesto palliativo (Zeng, 2018).
Un’altra ricerca è stata eseguita per esaminare le prove dell’efficacia delle CAM nel trattamento del dolore per la dispnea, della nausea e del vomito nei pazienti in fin di vita. La ricerca è stata condotta da Pan et al (2000). Sono state prese in considerazioni terapie complementari come: l’agopuntura, la stimolazione elettrica transcutanea del nervo, la terapia di gruppo di supporto, l’autoipnosi e massaggi. Esse possono fornire sollievo dal dolore nei pazienti oncologici o nei pazienti morenti rispetto all’utilizzo esclusivo delle terapie tradizionali. Rilassamento e visualizzazione d’immagini possono migliorare il dolore alla mucosa orale. I pazienti con grave broncopneumopatia cronica ostruttiva hanno tratto vantaggio dall’uso di agopuntura, digitopressione e rilassamento muscolare con la riabilitazione respiratoria per alleviare la dispnea. Nonostante la scarsità di studi controllati, ci sono dati per supportare l’uso di alcune modalità CAM nei pazienti terminali. Nel caso specifico del controllo del dolore con psicoterapia e ipnoterapia sono state prese in considerazione cinquantotto donne (età media 54,5 anni) con carcinoma mammario avanzato, le pazienti sono state assegnate al trattamento standard o al trattamento standard più una terapia di gruppo. La terapia di gruppo consistente in incontri settimanali con un gruppo di supporto. Quest’ultimo gruppo è stato ulteriormente suddiviso in non-ipnosi e una parte di autoipnosi per gestire il dolore. Il dolore è stato valutato in una scala di valutazione da zero a dieci. I pazienti sottoposti a terapia di gruppo hanno sperimentato una riduzione statisticamente significativa della sensazione di dolore e sofferenza in 10 mesi di follow-up, ma non c’era differenza nella frequenza e durata degli episodi di dolore. L’autoipnosi ha fornito un’ulteriore riduzione della sensazione di dolore. Questo campione di donne si è differenziato dalla normale popolazione che utilizzava cure palliative in quanto avevano un periodo di sopravvivenza più lungo (Pan, 2000).
Altro studio ha valutato l’efficacia dell’autogestione nella gestione dei dolori nelle malattie croniche. Tale autosuggestione era stata progettata appositamente per lo studio in questione. Lo studio aveva la durata di sei mesi. I partecipanti erano 952 di età pari o superiore a quaranta anni con diagnosi di cardiopatia, malattia polmonare, ictus o artrite. Il gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo ha dimostrato miglioramenti in sei mesi sia a livello fisico sia cognitivo. Hanno anche avuto meno ricoveri e degenza in ospedale. Nessuna differenza è stata trovata nel controllo del dolore e del disagio fisico o nel benessere psicologico. Il gruppo di controllo ha seguito le terapie farmacologiche di routine senza l’ausilio delle CAM (Lorig, 1999 ).
Come si evince dalla letteratura le CAM racchiudono molte pratiche. Il percorso delle CAM però è ancora in fase si sviluppo ed evoluzione (Orlandi, 2005).
Bibliografia
- Benci, L. (2003). Demedicalizzare il parto o demedicalizzare il percorso nascita? Rivista di diritto delle professioni sanitarie, N°1, p. 19-30.
- Breton, D. (2017). Antropologia del dolore. Sesto San Giovanni: Meltemi.
- Clarson, N. R. (2014). FISIOLOGIA DEL COMPORTAMENTO. Padova: PICCIN.
- Imbasciati, A., & Debrassi, F. (2009). Il dolore nel parto: quale valutazione? Rivista di Psicologia Clinica, n°2, 220-241.
- Imbasciati, A., & Debrassi, F. (2010). Diagnosi prenatale: pensieri, credenze e emozioni delle mamme in attesa. PSYCHOFENIA,n°23, 179-208.
- Lorig, K. R. (1999 ). Evidence suggesting that a chronic disease self-management program can improve health status while reducing hospitalization: a randomized trial. Medical Care, 37(1):5-14.
- Manfè, Z. M. (2012). Taglio cesareo. Evoluzione, chirurgia, appropriatezza. Padova: Cleup.
- McGillion, M. H. (2008). Randomized Controlled Trial of a Psychoeducation Program for the Self-Management of Chronic Cardiac Pain. Journal of pain and sympton management, volume 36,pag 126-140. Journal of pain and sympton management
- Missonnier, S. (2005). La consultazione terapeutica perinatale. Cortina: Milano.
- Monti, F., Agostini, F., & Divizia, B. (2005). modalità di parto a confronto: impatto psicologico del parto spontaneo e del taglio cesareo. Phycofenia, 79-95.
- Pan, C. (2000). Complementary and Alternative Medicine in the Management of Pain, Dyspnea, and Nausea and Vomiting Near the End of Life. Journal of pain and sympton management, 20(5):374-87. Journal of pain and sympton management
- Peng, M. E.–K.–P. (2011). La gestione del dolore. Roma: minerva medica.
- Pinnelli, A. (2007). la medicalizzazione della nascita e del parto. Tratto da magazine on line della società italiana di statistica
- Rapisardi, G. (2011). La nascita da taglio cesareo: è diverso per il neonato? . quaderni acp, 18(6): 242-244.
- Sabbatini, L. (2001). Epicentro ISS
Autore: Alice Cuboni