Felicità e gioia: quali differenze?
A cura di: Melania Di Pietrangelo
Spesse volte si parla di felicità e di gioia, come se fossero la stessa cosa.
Spesso e volentieri c’è confusione in tal senso e questo accade poiché vige la convinzione che siano sinonimi e dunque non è chiaro il fatto che la felicità e la gioia sono emozioni differenti.
Ma che differenze ci sono?
Per capirlo è importante innanzitutto definire cos’è la gioia: sicuramente è un’emozione, ma qui di seguito si daranno diverse definizioni, anche contrastanti tra loro.
Per esempio per il filosofo Spinoza la gioia è una di quelle emozioni che arriva da dentro, quando le nostre aspettative sono soddisfatte.
In psicologia si parla della gioia come di una reazione affettiva, di una risposta ad un evento a cui si dà una valenza da un punto di vista affettivo.
Ma cos’è davvero la gioia e cosa la differenzia dalla felicità?
In questo articolo si parlerà della gioia in termini un po’ più moderni, lasciandoci alle spalle le concezioni più “antiche”, per abbracciare una concezione psicologica che mette in campo altri concetti e altre dinamiche.
A tal scopo si cercherà di mettere in evidenza sia le differenze che i punti in comune con la felicità, partendo dal presupposto che la gioia sembra essere influenzata maggiormente da eventi esterni, a differenza della felicità che invece non sembra subire tale influenza.
Introduzione
Poc’anzi è stata messa in evidenza un’importante differenza, per quanto riguarda la gioia e la felicità, considerando quest’ultima come un’emozione immune da influenze esterne, lasciando quasi sullo sfondo la gioia, poiché facilmente influenzabile.
Eppure c’è chi afferma che la gioia “è un sentimento che viene da dentro e possiamo farvi affidamento anche quando la vita diventa difficile e quando abbiamo bisogno superare alcuni momenti difficili per noi.” (Gawdat, 2018). Da quale parte stare?
Quanto detto sinora mette in evidenza, chiaramente, che anche tra i vari autori, scrittori, filosofi sembra esserci una certa confusione.
In questo articolo, dunque, si proverà a mettere in rilievo cos’è davvero la gioia e quando la proviamo, ma soprattutto si metterà in evidenza cosa non è la gioia, per utilizzare questo concetto nel miglior modo possibile e nei giusti contesti.
Per fare questo inizieremo dalla felicità.
La felicità e la gioia: le definizioni
Come accennato in questo articolo, si parlerà in modo specifico di due emozioni, la gioia e la felicità.
Il fatto stesso di dire “due emozioni” fa intendere che si è in presenza di emozioni diverse, anche se è facile confonderle, tanto che spesso si parla di gioia quando magari si vorrebbe parlare di felicità o viceversa e lo abbiamo appena visto.
In tal senso, al fine di capire meglio cosa siano, sarà cruciale mettere in evidenza primariamente il significato di felicità e gioia, prese singolarmente, per poi mettere in evidenza le differenze che non si conoscono o si ignorano.
Proviamo quindi a definire innanzitutto la felicità.
Il termine felicità rimanda a quel concetto così tanto ambito dalla maggior parte delle persone, spesso confondendolo con altro.
Poiché ognuno ha la propria idea di felicità, questo rende ancora più difficoltoso definirla.
Ecco che qui si cercherà di dare una definizione corretta di felicità, per quanto possibile, partendo dal presupposto che è uno stato mentale, un’emozione positiva che in tanti rincorrono fuori, dove non c’è.
Spesso si pensa che per essere felici bisogna cercare altrove, spingersi chissà dove, fino a prendere consapevolezza che la felicità non è propriamente questo, ovvero una ricerca ossessiva, bensì qualcosa che bisogna cercare e trovare dentro.
Come afferma Matthieu Ricard “incapaci di trovare la felicità in noi stessi la cerchiamo disperatamente negli oggetti, nelle esperienze, nei modi di pensare o di comportarci in modo sempre più strano. In breve ci distanziamo dalla felicità, cercandola là dove non esiste”. (Ricard, 2014)
Quanto detto fa capire che la felicità nasce da dentro, a partire da una mente sana.
Ecco che essere felici può significare innanzitutto questo, sperimentare uno stato ottimale del proprio essere. Non si può essere felici, se non si ha il coraggio di essere.
La felicità, in un certo senso non ha tanto a che fare con il “fare”, ma con l’essere e questo, come si vedrà in seguito, sembra essere stato confermato da diversi studi e ricerche.
“Per felicità intendo un profondo senso di fioritura che nasce da una mente eccezionalmente sana. Questa non è una semplice sensazione piacevole, un’emozione fugace o uno stato mentale; ma uno stato ottimale dell’essere. La felicità è anche un modo di interpretare il mondo, perché anche se può essere difficile cambiarlo, è sempre possibile cambiare il modo in cui lo vediamo”. (Ricard, 2014).
Guardare la felicità da questo punto di vista significa intendere la felicità come un concetto non passeggero, dunque si parla di un qualcosa di più stabile e che dura più a lungo.
Quando si parla di gioia, invece, ci si riferisce ad un concetto che presenta delle caratteristiche specifiche, tali da differenziarlo da quello di felicità.
Quest’emozione può essere riconosciuta, infatti, facendo riferimento a specifici segni, come il sorriso, ma non solo.
“Un segno distintivo della gioia è sicuramente la fugacità: questo significa che quest’emozione è sperimentata il più delle volte in anticipo rispetto a ciò che la genera e tende a durare poco, dunque svanisce con il passar del tempo.
Provare gioia significa provare piacere per le cose positive che ci accadono e per l’energia che crea è in grado di spingerci oltre, al fine di raggiungere i nostri scopi.
Secondo questi presupposti essere felici può anche significare provare gioia, ma provare gioia non significa sempre essere felici.” (Craig, H, 2019).
Le differenze tra gioia e felicità
Dopo aver dato le definizioni di gioia e felicità, si proverà a capire cosa differenzia, nello specifico, la gioia dalla felicità.
Le differenze esistenti tra le due emozioni citate riguardano sicuramente vari fattori culturali, personali.
A tal proposito è opportuno citare un professore e un ricercatore di Psicologia presso la Princeton University,
Daniel Kahneman e Jason Riis che hanno parlato di due dimensioni della felicità, esperienziale e valutativa. (Kahneman D., Riis J., 2005)
La prima è quella che oggi stiamo definendo come gioia, poiché comprende delle condizioni psicologiche che sono transitorie, emozioni dunque di breve durata e che risulta essere influenzata da fattori esterni.
La seconda è quella che invece corrisponde al concetto di felicità, come emozione che sembra includere delle valutazioni globali, che riguardano perlopiù fattori interni, come la propria percezione di autonomia.
La felicità così intesa corrisponde ad un’emozione più duratura.
Quanto detto è stato anche confermato da Antonella delle Fave, una docente di Psicologia generale presso l’Università di Milano, che afferma come l’elemento più importante che distingue la gioia dalla felicità stia nella durata, poiché la gioia è transitoria, un’emozione del momento, mentre la felicità è duratura, uno stato che si coltiva dentro grazie alla conoscenza di se stessi. (Guido, C., Verni G, 2007).
La gioia risulta essere dunque più effimera.
“Il concetto di felicità, inoltre, sembra rimandare ad un altro termine, quello della consapevolezza, poiché per poter essere felici bisogna essere consapevoli e imparare ad apprezzare l’incertezza, smetterla di cercare di pensare positivo ad ogni costo e familiarizzarci con il fallimento e con le emozioni negative che esso comporta” (Shapiro, 2006)
Tale concetto è uno di quelli ripresi e utilizzati tutt’oggi nell’area delle psicoterapie cognitive-comportamentali, come per esempio la REBT di Albert Ellis.
La felicità rimanda anche ad un altro concetto, quello della connessione con gli altri, ma soprattutto con se stessi.
“Le relazioni sembrano essere uno dei pilastri della felicità e questo è riportato da tutti i modelli scientifici che si occupano di benessere. Secondo gli psicologi Ed Diener e Marty Seligman le persone che sembrano riportare un maggior livello di felicità sono proprio quelle che nella loro esistenza hanno più rapporti sociali. Connettersi con gli altri aumenta dunque la felicità”. (Epley, N., & Schroeder, J, 2014).
George Vaillant, un ricercatore di Harvard, ha condotto lo Study of adult development, che corrisponde ad una delle più grandi ricerche sulla felicità, poichè condotta per 75 anni con l’obiettivo di individuare i fattori che influenzano la felicità. In tal senso si è provveduto a monitorare per 45 anni 268 studenti di Harvard.
Da tale ricerca si è evinto che sono proprio i legami affettivi i fattori predittivi della felicità, soprattutto in seguito alla mezza età.
Da successive ricerche sono stati individuati anche altri fattori fondamentali, come la gratitudine, l’impegno, la generosità e il perdono.
La felicità si potrebbe dire essere una stile di vita, una scelta.
Sulla base di quanto detto sinora, la felicità è quel qualcosa che ha bisogno di essere allenato nel quotidiano e che può comportare difficoltà e prove da superare.
La gioia è ed esiste invece nel momento, nell’attimo, in un messaggio che non ci aspettavamo, in una promozione a lavoro.
“La gioia di un attimo non è la felicità. La felicità è più sfumata, contenuta, vigile, consapevole, razionale. La felicità anela alla gioia. Ma la gioia è un picco: un’emozione impalpabile, delicata e fragilissima. Un’emozione che vive nel presente. E, per questo stesso motivo, evanescente e fragile.” (Centonze, S. 2019)
Secondo questi presupposti la felicità sembra corrispondere ad uno stato profondo: una promozione a lavoro, per esempio, può portare gioia, per la durata dell’evento che la genera. Il poter portar dentro questa sensazione, anche quando tale evento finisce, ha a che fare con la felicità.
Quella felicità che viene da dentro e che vive nonostante quello che accade fuori.
Cosa fare per provare felicità: cosa dice la scienza
Come si è avuto modo di osservare gioia e felicità sono tutt’altro che sinonimi.
Mentre per alcuni, come Mo Gawdat, la gioia è più duratura, per altri è la felicita ad avere questo privilegio.
Secondo Mo Gawdat “dobbiamo scegliere attivamente la gioia, sperimentandola noi stessi e donandola agli altri. La gioia è un sentimento ininterrotto, e anche quando affrontiamo ostacoli e momenti difficili nella vita, possiamo fare affidamento sulla nostra gioia interiore per superarli” (Gawdat, 2018).
Eppure nell’articolo si è fatta un’inversione di rotta, nel senso che è stato affermato che è la felicità a consentirci di affrontare ostacoli, poiché più profonda e duratura.
La concezione di felicità che abbiamo scelto di prendere in considerazione è più recente: prima del 700 infatti si parlava della felicità come di un’emozione fugace, oggi invece è la gioia ad essere considerata come tale.
Secondo alcune ricerche nell’ambito della psicologia positiva, possiamo sperimentare la felicità attraverso piccoli cambiamenti nella nostra vita, mediante azioni specifiche che possono portarci a godere di una felicità duratura e quindi un benessere.
“Nello specifico il modello PERMA di Martin Seligman, mettendo in risalto la teoria del benessere, ci vuole portare a considerare, come visto anche nel corso dell’articolo, l’esistenza di più fattori predittivi del benessere che sono:
- P (positive emotion): significa incrementare la quantità di emozioni positive (speranza, amore, curiosità, ecc.),
- E (engagement) : significa prendere un impegno con noi stessi per andare alla ricerca di quelle attività che ci consentono di attivare uno stato di benessere. Come quando ci buttiamo in un progetto e perdiamo la cognizione del tempo
- R (relationships): significa creare relazioni sane, poiché come visto, questo ha un forte impatto sulla nostra vita
- M (meaning): sta per andare alla ricerca di quello che è il nostro scopo nella nostra vita, quel significato più ampio che racchiude ogni obiettivo raggiunto.
- A (accomplishment): significa ottenere un senso di realizzazione, a partire dalla definizione di obiettivi che ci fanno sentire indipendenti e autonomi, oltre che soddisfatti”. ( Maier, S. F., & Seligman, M. E., 1976).
Attraverso i pilastri di questo MODELLO è facile comprendere come il nostro benessere dipenda da azioni e scelte messe in atto nel tempo, con impegno e dedizioni, partendo sempre dal presupposto che noi esistiamo con e attraverso gli altri.
La professoressa Laurie Santos dell’Università di Yale ha consigliato in tal senso, coerentemente a quanto mostrato dal modello PERMA, di preferire dei momenti di interazione con i nostri cari, che siano parenti o amici, al fine di creare le basi per provare l’emozione della gioia, ma anche quella della felicità.
Conclusioni: cosa è stato detto
Gioia e felicità sono emozioni diverse eppure sono indispensabili per vivere al meglio e soprattutto per affrontare la vita al meglio e lo si è visto nel corso di tutto l’articolo, facendo riferimento a teorie e ricerche fatte a tal proposito.
Nel corso dell’articolo si è voluto, dunque, mettere in rilievo il fatto che gioia e felicità sono due emozioni diverse.
Mentre in passato alla gioia veniva associato un carattere più duraturo, nel tempo le cose sono cambiate e oggi è la felicità a godere di questa caratteristica.
La felicità sembra essere un’emozione che resiste al tempo, alle difficoltà e una volta conquistata e fatta propria, è in grado di vivere a lungo, poiché profonda e duratura.
La gioia, invece, sembra essere più superficiale, nel senso che può durare poco, pur regalando emozioni positive.
Quanto detto non vuole mettere sullo sfondo l’emozione della gioia, anzi vuole far comprendere che tanti momenti di gioia, vissuti giorno per giorno, possono dare vita alla felicità, se c’è una piena consapevolezza di se stessi e una buona connessione con gli altri.
Il termine felicità dunque ne abbraccia tanti altri, anche quello di gioia, ma come visto anche quello di benessere.
Un benessere che possiamo costruirci con le nostre mani e in questo la scienza sembra essere dalla nostra parte.
Il concetto di benessere di Seligman sembra infatti comprendere quello di felicità, la quale può essere raggiunta attraverso emozioni positive, l’impegno, le relazioni positive con l’ambiente, scopi e risultati personali.
Riferimenti bibliografici
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Sitografia
http://eaps4.mit.edu/research/Lorenz/Butterfly_1972.pdf http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/In_152.htm#in La differenza tra gioia e felicità | RITUALS