FAMIGLIA: SEPARAZIONI, DIVORZI, GENITORIALITÀ

A cura di: Mariacristina Salini

INTRODUZIONE

La società, negli ultimi anni, è stata investita da veri e propri “tsunami” di cambiamento che hanno ridefinito le dinamiche all’interno degli ambienti familiari e sociali: “sono mutati gli schemi interpretativi dei rapporti coniugali e familiari” (Guido, Moine & Pinna, 2014). L’attuale contesto sociale, contrassegnato dall’incremento del numero di separazioni e divorzi, non fa che innescare una parcellizzazione di universi relazionali all’interno della realtà “famiglia”.

1. Famiglia e padri separati

Sicuramente in relazione alla condizione “dei padri separati e delle loro condizioni molte volte sfavorevoli con il processo di separazione si riprogettano ad ampio spettro nelle reti sociali mostrando vissuti di isolamento, solitudine ed ovviamente la relazione che viene  maggiormente condizionata è quella con i figli” (Guido, Moine & Pinna, 2014).

A causa delle forti conflittualità o complicata gestione dei figli, si palesano anche inesorabili difficoltà sul piano economico o relazionale con la necessità di trovarsi di fronte a nuove sfide nella riorganizzazione del proprio ambiente quotidiano, per poi inevitabilmente ancorarsi ai servizi del territorio o alle associazioni di volontariato.

A suffragare tutto ciò nel sono i dati registrati nel 2011 da cui emerge un quadro poco confortante: le persone in situazioni di difficoltà economica ed abitativa che hanno usufruito, nei 158 comuni italiani, di un accesso ai servizi di accoglienza notturna (o alla mensa cittadina) si aggirava vicino ad una quota di circa 47.648 individui di cui l’86,9% costituito da uomini e di questi il 57,9% con un’età inferiore a 45 anni.

Le motivazioni per cui questi uomini si ritrovano relegati ai margini della società sono in primis la precarietà economica (causata dalla diminuzione del salario lavorativo e, a volte, dalla perdita vera e propria) ed anche in seguito alla pronuncia di separazione o divorzio dal coniuge ed all’allontanamento dai figli (Animazione Sociale, 2016).

2. Famiglia e nuovi legami

Negli ultimi anni si sono modificati gli assetti negli ambienti familiari e sociali in quanto “sono mutati gli schemi interpretativi dei rapporti coniugali e familiari” (Guido, Moine & Pinna, 2014). Dalla disgregazione del legame matrimoniale si assiste alla formazione di nuove famiglie ricostituite.  “Prendono vita nuovi legami e i figli del primo matrimonio vengono a far parte di nuovi nuclei affettivi“(Andolfi & Mascellani, 2013).

Per favorire i padri separati nelle loro esigenze di carattere economico, abitativo e sociale gli enti locali si sono accollati l’onere di potenziare i propri interventi. Come affermato da Sirignano (2010) “la famiglia stessa è, dunque, un sistema relazionale in continua trasformazione, poiché i progetti di vita dei suoi componenti contribuiscono a farla crescere, migliorarla, ma anche, qualche volta, a dissolverla“.

La realtà sociale della famiglia dipende dalla prospettiva con cui la guardiamo: essa esiste, ha una sua ‘estensione’ fenomenologica, che diventa ‘reale’ se osservata dalla prospettiva degli attori sociali in gioco” (Di Nicola, 2017).

Il sistema familiare si mostra sempre più “per un esiguo numero di componenti, per una struttura sempre più ripetutamente giocata sull’interazione di pochi ruoli (un solo genitore con figli, i single, la coppia coniugale) e per la nascita di nuove tipologie familiari (famiglie ricostituite, convivenze, nuclei monogenitoriali)” (Di Nicola, 2017).

Si individuano nei processi di privatizzazione, individualizzazione e deistituzionalizzazione (Belardinelli, 2018) le motivazioni che hanno portato alla decadenza e dissolvimento dell’idea abituale di famiglia che è trasmutata da sottosistema sociale etichettato nell’assolvimento di funzioni socialmente rilevanti ad affare “privato”, unità di affetti e da istituzione a gruppo (Di Nicola, 2017).

2.1 Individui autosocializzati

La società attuale è formata da individui “autosocializzati” (Beck, 2000), votati a raggiungere “una vita all’insegna della soddisfazione dei desideri e della spontaneità, con rapporti labili e insieme affettuosi scevra di vincoli sociali troppo ingombranti […]” (Belardinelli, 2018).

La società dell’incertezza e dei rapporti “liquidi” (Bauman, 2003) in cui si assiste ad un intreccio di contraddizioni e dicotomie insite nel mare magnum delle trame familiari: mentre da un lato si tende ad instaurare rapporti sociali per dar vita ad un senso di appartenenza dei singoli individui, si assiste, da un altro lato, alla nascita di pensieri tesi al timore di legarsi stabilmente con un’altra persona per non far diventare irrisoria la propria libertà personale (Andolfi & Mascellani, 2013).

Anche se la tendenza è volta ad instaurare rapporti intimi e personalizzati per gettare le fondamenta di un reciproco dialogo, contemporaneamente si fa largo “l’idea che le relazioni familiari sono a tal punto diventate instabili tanto che a pagarne le conseguenze è […] il legame di coppia da cui ci si svincola nel momento in cui i vantaggi, che ciascuno individuo potrebbe ottenere nella ricerca dell’appagamento personale, non vengono più soddisfatti” (Ronfani, 2020).

2.2 Provvisorietà delle relazioni familiari

La provvisorietà delle relazioni familiari rappresenta una faccia di una stessa medaglia, caratterizzante le famiglie dell’attuale momento storico, a fronte della quantità crescente di separazioni e divorzi che da tempo si rilevano nel nostro Paese  (Malagoli Togliatti et al., 2009).

Riprendendo le parole utilizzate da Sirignano (2010), “tali configurazioni familiari […] sono ormai riconosciute socialmente anzi si palesa l’ipotesi che la separazione di coppia venga considerata all’interno del ciclo di vita familiare come evento fisiologico anche se certamente critico“.

Prendendo atto del numero elevato di coppie che decide di interrompere il vincolo matrimoniale si ipotizza un aumento dei livelli di insoddisfazione dei rapporti coniugali, sfociando sempre più spesso nella condizione di separazione legale o divorzio (Arosio, 2008).

3. La separazione come forma di normalizzazione

La separazione assume i contorni di una forma di “normalizzazione” e di controllo del conflitto coniugale, sulla scia dell’idea del matrimonio paragonabile ad un contratto (Di Nicola, 2017).

Un’impennata esponenziale dei divorzi si è registrata negli anni compresi tra il 1995 e il 2015 (27.000 nel 1995, 51.319 nel 2012 e 82.469 nel 2015) ed una crescita (di oltre 30.000 circa) significativa delle separazioni tra cui una percentuale considerevole riguardava le coppie con figli nati dal rapporto coniugale. Le separazioni legali rappresentano ancora oggi in Italia l’evento più esplicativo dell’instabilità coniugale.

Il trend delle separazioni è rimasto invariato (nel 2019 oltre 90.000) nel nostro territorio tenendo ben presente il fatto che non tutte le separazioni legali si sono trasformate (successivamente) in divorzi (Istat, 2021). Appare dunque essenziale focalizzarsi sulla tematica della genitorialità: “la filiazione, e la sua manifestazione sociale più evidente, diventare genitori, costituiscono elementi imprescindibili dei discorsi, delle pratiche e delle rappresentazioni pubbliche e private attorno alla famiglia” (Di Silvio, 2017).

3.1 I cambiamenti a cui la genitorialità è sottoposta

Per affrontare i cambiamenti a cui la genitorialità è sottoposta nella maggior parte dei paesi occidentali sono state prese in considerazione forme di affidamento condiviso, mettendo in luce sia le risorse insite nei ruoli genitoriali che l’uguaglianza formale nella titolarità ed esercizio della responsabilità genitoriale (Quadrelli, 2018).

Corre l’obbligo porre l’accento sulla salvaguardia della genitorialità e della cogenitorialità nella fase immediatamente successiva alla pronuncia di una separazione quali fattori protettivi per uno sviluppo relazionale ed emotivo dei figli di genitori separati. Principio ribadito con l’emanazione della Legge 54/2006 “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, che consacra l’attenzione normativa sull’applicazione dell’affido condiviso come modalità da privilegiare nelle situazioni di crisi coniugale (Malagoli Togliatti et al., 2009).

Nel caso in cui un genitore non eserciti la responsabilità genitoriale e vigili sull’educazione, istruzione e sulle condizioni di vita del figlio, in previsione di quelle situazioni di crisi coniugale si affidi quest’ultimo in maniera esclusiva, oppure nelle circostanze per cui uno dei genitori sia impossibilitato ad esercitare la responsabilità genitoriale per impedimento, lontananza o incapacità (quinto comma dell’art. 316 del C.C.)

Nel 55% circa dei casi nelle separazioni di fatto buona parte dei figli è rimasta a vivere con la madre (indagine Istat/2009), trascorsi due anni dal momento della separazione; mentre nel 58% circa l’affidamento esclusivo alla madre è stato stabilito nelle situazioni di divorzio o separazione legale e infine, nei casi di affidamento condiviso (32,9%), il 61,5% delle donne ha attestato che nei due anni successivi allo scioglimento dell’unione (pur avendo dei rapporti occasionali con il padre) restavano nella propria casa (Istat, 2009).

3.2 Rapporto Istat 2013

Dal rapporto annuale Istat del 2013 concernente le separazioni e i divorzi si è riscontrato che la percentuale (quasi 60% circa) che delinea i casi in cui l’assegnazione della casa coniugale spetti alla moglie sono nettamente superiori ai casi in cui l’abitazione resti al marito (circa il 20%).

Quilici (2017), esaminando alcuni dati Istat appartenenti al Report (pubblicato il 14 novembre 2016), focalizza l’attenzione in particolare sulla situazione dei padri in relazione alla separazione e all’affidamento e balza agli occhi l’aumento della quota di separazioni in cui la casa coniugale viene assegnata alle mogli, dal 57,4% del 2005, al 60% del 2015 e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne.

Per quello che concerne l’assegno di mantenimento, è corrisposto (nel 94%) dai padri con un ammontare medio (nel 2015) pari a 485,43 euro. Nonostante l’intento legislativo sia di superare il gap tra i genitori nella gestione dei ruoli familiari, questi dati mostrano una certa continuità con le vecchie pratiche: nella prassi, l’affidamento prevalente a “residenza privilegiata” presso il genitore collocatario pone l’altro genitore (genericamente il padre) in posizione marginale nella gestione educativa. È inoltre manifesta la conflittualità post separazione e carente la reale collaborazione tra gli ex coniugi. Il rischio frequente ricade sui figli che possono diventare contesi o triangolati in un sistema educativo disfunzionale, se non ricattante (Castellani, 2016)

D’altra parte, con l’incremento delle separazioni e dei divorzi, i padri si sono trovati a dover affrontare compiti che un tempo erano relegati alle madri nella situazione di affidamento congiunto nell’accudimento dei figli (Bonino, 2007).

Alcune indagini Istat (2005) relative ai tempi dedicati all’accudimento, hanno rilevato come, quando i bambini si trovano in tenera età, il padre si occupi di attività relative alla routine quotidiana, come ad esempi dare loro da mangiare, vestirli, lavarli, mentre quando sono più grandi si occupano di portarli a scuola o ad attività sportive.

4. La figura del padre

4.1 Il padre come compagno di giochi

Il padre riveste un ruolo interattivo e ludico con i figli più grandi, diventando un “compagno di giochi” nel tempo libero e nei momenti ricreativi (Tanturri, 2005).

Nella rottura di un legame condiviso quale può essere quello tra marito e moglie, la separazione può essere paragonata ad un lutto, in quanto si perde non solo l’altra persona ma anche quella parte di sé che si lega al partner e di cui rimangono flashback e a volte rammarico (Romano, 2018). Accettazione del cambiamento che tale evento ha portato nelle proprie vite da un lato, e dall’altro confrontarsi con le sensazioni che vengono a galla per metabolizzare le motivazioni che hanno portato alla presa di posizione. Nei padri si può assistere ad una estremizzazione negativa dei propri stati d’animo innescando uno squilibrio interno in cui emergono emozioni legate a rabbia e aggressività.

La maggior parte dei padri non riesce a superare la frustrazione nei confronti dell’ex coniuge e la percezione di perdita dovuta alla separazione (Arendell, 1995). Purtroppo la spirale negativa non si ferma ed i figli possono essere percepiti anche come “strumenti” per incrementare una situazione conflittuale con l’ex coniuge e come modalità per evitare di affrontare il proprio senso di fallimento (Quadrelli, 2018).

Alcuni studi (Hawthorne, 2005; Jordan, 1998 citati da Flood, 2012) hanno rilevato alcune conseguenze della separazione sul benessere dei componenti della coppia, in particolare la figura maschile, sia a breve che lungo termine. Al momento della rottura coniugale gli uomini possono sperimentare un notevole senso di disagio, che può portare a reazioni di colpa, depressione ed un possibile deterioramento sia psicologico che fisico.

Altre ricerche (Braver et al., 2005; Lehr & MacMillan, 2001 citati da Flood, 2012), evidenziano anche nel corso del percorso di separazione l’alternanza di significative difficoltà emotive e pratiche e la presenza di possibili effetti negativi esacerbati dai conflitti, dall’isolamento sociale, dalla povertà, dalla violenza e dalla cattiva salute mentale e fisica.

Dalla percezione del padre di impotenza nella gestione dell’andamento del rapporto coniugale scaturiscono una serie di sintomi collegabili alla depressione ed al disordine da stress postraumatico.

4.1 La deriva della funzione paterna

In queste circostanze, si rischia di giungere ad un esito destabilizzante per il padre, in quanto la sua funzione paterna si eclissa, provocando un deterioramento del proprio codice educativo fino a quella che Quadrelli (2018) definisce “la deriva della funzione paterna”.

Da una ricerca in ambito psico-giuridico condotta nel territorio italiano su alcuni bambini, sono emersi alcuni comportamenti pertinenti, da una parte attribuibili a figli di coppie separate e dall’altra a minori di famiglie integre dove viene mostrato come l’assenza paterna produce nei figli ripercussioni inerenti la dimensione dell’affettività, del modus operandi con le altre persone e dell’autostima (Ippolito, 2002).

Bambini che si ritrovano le proprie famiglie separate mostrano diverse resistenze a creare nuovi legami significativi e ad instaurare un rapporto di fiducia verso le altre persone. Si riscontra inoltre la tendenza a instaurare un rapporto restrittivo con il genitore presente, escludendosi dalle relazioni con altri adulti (Todesco & Cavaletto, 2012).

Con l’aumentare del tempo, relativo al processo separativo, i modelli di contatto propendono da un lato alla diminuzione prendendo in considerazione i probabili effetti negativi sullo sviluppo sociale e psicologico del figlio, dall’altra che all’aumentare dell’età di quest’ultimo corrisponda un possibile incremento nella frequenza dei contatti padre-figlio, condizionati dal precedente livello di familiarità intessuto nelle relazioni (Cheadle et al., 2010; Cooksey e Craig, 1998; Seltzer e Bianchi, 1988 citati da Haux & Platt, 2021).

CONCLUSIONI

I mutamenti che negli ultimi anni hanno investito la famiglia hanno condotto ad una differenziazione dei ruoli e delle funzioni all’interno del sistema-famiglia. A risentirne di più è stato certamente il legame di coppia: le pratiche genitoriali sono state influenzate da una crescente concezione di rischio e di incertezza e dal porre maggiore centralità al sé e alle proprie aspirazioni.

Tali trasformazioni hanno contribuito a spiegare una generale diffusione del fenomeno relativo all’instabilità coniugale e l’impatto che l’evento come una separazione o come un divorzio possono avere sulla gestione dei rapporti all’interno della famiglia.

Se nel secolo scorso i ruoli e le funzioni familiari erano incasellati a livello culturale e sociale rappresentando una certa passività e staticità degli individui, nella realtà attuale si assiste ad una valorizzazione delle scelte e delle caratteristiche del singolo visto come nucleo fondante di un sistema più ampio in cui far crescere la propria identità ed esprimere il proprio pensiero in modo libero.

Certamente continua a persistere da parte delle istituzioni un disequilibrio per quello che riguarda i rapporti genitoriali a causa della maggiore propensione a incentivare l’affidamento del minore alla madre piuttosto che al padre, innescando una diminuzione o rarefazione dei rapporti di quest’ultimo con i figli.

Da qui la vulnerabilità della figura del padre separato, che si presenta bisognoso di maggiore attenzione dalla collettività in quanto soggetto fragile e bisognoso di supporto con le diverse implicazioni sottostanti al fallimento del legame matrimoniale, puntando la lente sulle problematicità a livello psicologico nell’accettare e rielaborare i propri vissuti.

BIBLIOGRAFIA

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