Dislessia e lavoro: arriva una proposta di legge nuova in Italia
Oltre due milioni di italiani soffrono di Dislessia e più della metà di essi ha ormai terminato il percorso scolastico (e qualora avviato, anche quello universitario).
La dislessia e gli altri DSA (disgrafia, disortografia e discalculia) emergono a scuola, prima della fine della scuola primaria ed attraverso specifiche leggi e riforme, l’istituzione scolastica, tutela e supporta i bambini ed i ragazzi con DSA.
Ovviamente, i DSA, non scompaiono con la fine della scuola. Le difficoltà persistono infatti anche in età adulta, nel mondo del lavoro. Se è vero che nel mondo delle scuola ormai si è sviluppata una certa sensibilità verso i DSA, nel mondo del lavoro spesso c’è una totale mancanza di conoscenza della dislessia e degli altri DSA e talvolta sono gli stessi lavoratori dislessici, a non avere piena consapevolezza delle proprie difficoltà e delle proprie potenzialità. Ciò riguarda soprattutto le “nuove leve” che si inseriscono nel mondo del lavoro e che in età scolastica non hanno ricevuto una diagnosi.
- Cosa accade quando un ragazzo con DSA ha terminato gli studi e prova ad inserirsi nel mondo del lavoro?
Nel panorama lavorativo italiano, la conoscenza della dislessia è scarsa. Si tende a dare per scontato che l’individuo adulto abbia acquisito l’automatismo della lettura e della scrittura, condizione che tuttavia non si verifica in un dislessico, neanche in età adulta. Questo disagio se non riconosciuto, tende a venire erroneamente scambiato per mancanza di capacità.
Sicuramente non tutti i dislessici hanno difficoltà sul posto di lavoro.
Molti sono i dislessici noti che vantano storie di grande successo professionale. Gran parte di tale successo, è relativo alle numerose capacità ed abilità possedute dai soggetti con DSA, quali ad esempio: l’elaborazione visiva, l’elaborazione spaziale, la capacità di intuizione, la gestione delle difficoltà ed il problem solving.
Le capacità e le competenze individuali, possono non venire viste in un ambiente lavorativo ostile, poco capace di valorizzare i talenti personali dei loro dipendenti.
La buona riuscita di un soggetto con DSA a lavoro, dipende in gran parte dalla gravità del disturbo, dal grado di compensazione e l’eventuale presenza di altri disturbi dell’apprendimento ma soprattutto da quanto un’azienda conosca e sappia gestire adeguatamente il DSA e soprattutto vederlo non come limite ma come risorsa
Un’ esempio valido è rappresentato dai paesi anglosassoni, in cui la conoscenza della dislessia in ambito lavorativo è molto diffusa ed esistono leggi che obbligano le aziende a sostenere le persone con DSA. I datori di lavoro sono sensibilizzati a riconoscere i candidati dislessici non come persone che creano problemi e difficoltà, ma come talenti da valorizzare in contesti specifici.
- Anche in Italia, quest’anno è arrivata una proposta di legge innovativa per i DSA nel mondo del lavoro. Di cosa si tratta?
Nel marzo 2017 è stata presentata una proposta di legge in Parlamento per estendere alcune delle misure previste dalla legge 170, anche all’ambito lavorativo.
La proposta di legge prevede procedure di selezione lavorativa e progetti personalizzati per i lavoratori con DSA, che ne valorizzino le competenze, oltre alla diffusione di strumenti compensativi nei concorsi pubblici, nei test d’ingresso universitari, per l’esame di patente.
La legge è attualmente depositata in Commissione Lavoro ed è stata presentata anche ai Parlamentari europei.