Case rifugio: come funzionano
In un Paese dove la violenza domestica rimane un problema irrisolto, la presenza capillare sul territorio di strutture per trovare accoglienza, tali strutture prendono il nome di case rifugio. Questo tipo di supporto è il primo di molti aiuti importanti per le donne vittime di violenza e i loro figli.
Le case rifugio e i centri antiviolenza, sono uno strumento chiave nella lotta contro un problema peggiorato in un anno e mezzo di quanto riportato da Amnesty.
Al fine di garantire il costante e regolare funzionamento, questi servizi sono destinatari di specifici finanziamenti in forma continuativa ai sensi dell’art. 5 bis del d.l. 93/2013 (Artt. 22 e 23 CdI). Alla definizione dei requisiti per tali finanziamenti ha concorso quanto stabilito dall’Intesa del 27 novembre 2014. In futuro è prevista una ridefinizione dei requisiti, che verrà effettuata in seguito all’esito della nuova mappatura che concerne sia i parametri quantitativi che qualitativi dei servizi stessi.
Il dipartimento per le Pari opportunità, mette a disposizione sul loro sito dovernativo, la mappatura elaboata dal 1522 (numero di emezgenza) delle strutture in possesso dei requisiti previsti dall’Intesa del 27 luglio 2014 recante e i requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio , mappa dei centri antiviolenza.
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Come funziona una casa rifugio
Più nello specifico, le case rifugio sono realtà, ad indirizzo segreto, che forniscono un alloggio sicuro alle donne che subiscono maltrattamenti fisici e psicologici e ai loro bambini. Spesso tali violenze tendono ad aumentare successivamente al tentativo da parte della donna di separarsi dal partner.
Tali interventi di sostegno alle donne vittime di maltrattamenti sono del tutto a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, con l’obiettivo di tutelare madri e bambini, preservandone l’incolumità fisica e psichica.
Queste strutture garantiscono l’anonimato e la riservatezza di chi si rivolge a loro, offrendo agli ospiti i beni primari della vita quotidiana.
Per rispettare i requisiti minimi previsti nell’accordo del 2014, questi centri devono fornire, a titolo gratuito, protezione e nei periodi previsti da il programma personalizzato, anche ai servizi educativi e il sostegno scolastico ai minori.
L’accesso al rifugio può avvenire tramite una segnalazione diretta, se proviene dalle vittime di violenza, indiretta, se viene trasmessa, ad esempio, dalle forze dell’ordine o dalla rete regionale servizi sanitari e sociali con cui le strutture operano in maniera integrata, così come con i centri antiviolenza, i quali molto spesso fanno da ponte adoperandosi per la collocazione delle donne e i bambini in difficoltà nelle case rifugio.
Le case rifugio sono dei luoghi dove impegnarsi serenamente in un percorso di allontanamento affettivo e materiale dalla relazione violenta e serenamente della propria autonomia. I rifugi offrono protezione a donne adulte con o senza figli, italiane e straniere, che subiscono violenze accogliendo in strutture segrete. L’ospitalità va dai 6 agli 8 mesi.
Operatrici esperte e educatori lavorano per i bambini e le bambine accolti insieme alle loro madri, offrendo loro un supporto emotivo pratico in un delicato momento di transizione verso un reale cambiamento e in un percorso di autonomia.
Inoltre, viene garantito l’approvvigionamento alimentare e delle materie prime per sostenere coloro che non hanno reddito.
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Il ruolo dei centri antiviolenza
Pensati anche come realtà di accoglienza gratuita per le donne con figli minori, i centri antiviolenza rappresentano un primo luogo a cui rivolgersi per qualsiasi tipo di esposizione e minaccia. Ogni struttura deve garantire un’apertura almeno cinque giorni su sette, compresi i giorni festivi , nonché un telefono dedicato attivo 24 ore su 24, contattando anche il 1522.
Il focus dei centri antiviolenza è garantire i servizi minimi che possano garantire gratuitamente servizi di:
- ascolto
- accoglienza
- assistenza psicologica
- assistenza legale
- supporto ai minori vittime di violenza
- orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa attraverso convenzioni e protocolli con enti locali e altre agenzie.
Qualsiasi donna che abbia vissuto o stia vivendo episodi di violenza, o che si trovi in una situazione di pericolo, dovrebbe rivolgersi a un centro specializzato.
Un gesto che tuttavia per molti rappresenta un vero e proprio ostacolo, in quanto subire maltrattamenti per le vittime il fatto stesso di essere maltrattati porta a un sentimento di abbandono, che porta all‘isolamento sociale.
Una condizione, questa, che rappresenta un vantaggio per il carnefice.
Tuttavia uscire da questa condizione è possibile, grazie alla presenza sul territorio di tal strutture e degli operatori antiviolenza adeguatamente formati per supportare tutte le donne nel loro percorso di uscita dalla condizione di maltrattamento in cui si trovano.
E’ importante ricordare che chiedere aiuto è infatti il primo passo verso la serenità e la piena libertà.
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