Il Training Autogeno trova grande diffusione in campo clinico psicologico e psicosomatico come tecnica volta ad affrontare una vasta serie di disturbi, in particolare disturbi funzionali e somatizzazioni di tipo neurovegetativo (cefalee, tachicardie, problemi circolatori e respiratori, disturbi gastrici e digestivi); fobie e disturbi d’ansia; tic e balbuzie; disturbi del sonno (insonnia, apnee). La tecnica, inoltre, essendo particolarmente concentrata sul corpo, aiuta l’individuo ad aumentare l’ascolto ed il controllo delle proprie funzioni organiche, favorendo, di conseguenza, anche una maggiore introspezione e coscienza di sè.
Un’altra funzione del T.A. riguarda la percezione del dolore.
Come è noto la sensazione dolorifica è caratterizzata dall’alterazione di alcuni apparati: il battito cardiaco e la frequenza respiratoria aumentano, si produce tensione muscolare, il T. A. normalizza e distende proprio quegli apparati, pertanto, pur non cancellando la fonte di dolore, aiuta il soggetto a percepirlo meno intenso. Inoltre, va ad agire anche sulla componente affettiva (paura e ansia) in grado di intensificare la percezione dolorifica.
Il Training Autogeno, risulta utile per migliorare le performance del soggetto in termini di capacità di memorizzazione e di concentrazione, il rendimento scolastico, sportivo, lavorativo, può servire per migliorare alcuni aspetti legati alle paure e alla timidezza, per i problemi legati al rapporto interpersonale, di coppia, sessuali, per quelli connessi alle problematiche relative all’abuso di sostanze (in particolare nicotina e alcool)
Il T.A. è in grado di aumentare gli effetti positivi nella pratica sportiva. L’apprendimento della tecnica consente infatti di controllare meglio il tono muscolare, recuperare le energie, controllare l’emotività e l’ansia pre-agonistica, padroneggiare e dosare lo sforzo atletico.
Infine il T.A. trova largo impiego in Ostetricia, dove viene utilizzato in Italia a partire dagli anni ’60 nella psicoprofilassi al parto. Viene generalmente suggerita la tecnica che utilizza i primi due esercizi: pesantezza e calore ed uno complementare: il respiro.
Esistono, tuttavia, delle situazioni nelle quali la tecnica di Schultz va applicata con cautela o addirittura sconsigliata.
In alcuni casi, infatti, quando è presente una condizione che può invalidare l’azione del T.A. o interferire con una malattia già in atto, è opportuno apportare delle modifiche, nel senso che si deve cambiare o addirittura omettere un esercizio.
Per esempio, se una persona è stata vittima di un grave trauma cranico, si deve evitare del tutto l’esercizio della fronte, e così via.
Il T.A. viene assolutamente sconsigliato nei casi di grave disturbo psichico in stato di scompenso o di ritardo mentale; per patologie mediche molto serie, come l’infarto del miocardio o l’ipertensione grave su base organica, non causata cioè da ansia e stress.
Un’ ultima esclusione va fatta circa i cosiddetti soggetti refrattari, ossia quelle persone che, pur godendo di condizioni fisiche e psichiche tali da garantire una buona riuscita del T.A., non potrebbero ottenere alcun beneficio dalla tecnica: si tratta, in questo caso, di individui estremamente inibiti o che si allenano con poca costanza e svogliatezza, non raggiungendo cosi’ nessun risultato.
Infatti nel T.A., come in qualunque altro tipo di trattamento, è necessaria una buona dose di motivazione e un sincero interesse, da parte del paziente, nei confronti della tecnica.
Sicuramente il T.A. permette di affrontare meglio tali elementi disturbanti, di correggerli o contenerli se esasperati, ma non può risolverli, in quanto non va a fondo nei problemi, nè ha fra i suoi scopi la ristrutturazione profonda della personalità dell’individuo (anche se l’esercizio costante può generare automaticamente una modificazione della personalità dell’individuo.
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