Relazione educativa: gli aspetti

Le numerose conoscenze in ambito pedagogico e le competenze didattiche e comunicative necessarie per l’insegnamento, delineano una crescente complessità non solo dei processi di apprendimento ma anche circa il ruolo altrettanto complesso che in questi processi svolge la relazione educativa.
I processi inerenti la relazione educativa racchiudono al proprio interno sia il saper fare che il sapere essere del docente.
Lo studio e l’applicazione delle competenze relazionali sono, nel mondo della scuola, un ambito relativamente recente: ciò su cui precedentemente verteva l’attenzione era infatti l’abilità di trasmissione di contenuti disciplinari, il così detto “trasferimento del sapere” e la sua rielaborazione da parte dello studente, ponendo in secondo piano o considerando solo in minima parte, le dinamiche relazionali e i processi affettivi ed emozionali implicati nei contesti educativi.
L’etimologia della parola educare deriva dal latino “ex-ducere” che vuol dire “condurre fuori”, inteso come il favorire l’emergere da ciascun allievo di tutto ciò che poteva essere utile alla sua maturazione come persona, indirizzata alla formazione quindi di un cittadino attivo e protagonista nella propria vita e nella società in cui vive.
In Psicologia, il processo di apprendimento è una dinamica complessa che si compone di tre fasi: nella prima fase la mente acquisisce ciò che non conosce, creandosi nuove conoscenze. Nella seconda fase l’apprendimento si esplica nella conoscenza dichiarativa e/o procedurale di ciò che si è appreso. Nella terza fase, tutto ciò si è appreso viene, per così dire, trasformato attraverso un processo di rielaborazione attiva da parte del soggetto, in strutture di conoscenza più ampie e ricche di complessità. In tale fase intervengono i processi attivi e ricostruttivi, propri della mente, di attribuzione di significato e il potenziale creativo.
In tale prospettiva, sottolineiamo come già Vygotskij (1987) con il concetto di “zona di sviluppo prossimale” ha evidenziato come esistano delle capacità, abilità, e zone di apprendimento che non sono ancora in atto nel soggetto, ma che sono presenti potenzialmente in lui in rapporto alla sua età e al livello delle esperienze e degli apprendimenti maturati fino a quel dato momento. In sostanza è possibile svilupparle in colui che apprende attraverso un lavoro attento di sollecitazione e fornendo gli stimoli opportuni che possano essere recepiti, attuando strategie educative il più possibile adeguate e personalizzate. Il ruolo del docente diventa quindi proprio quello di cogliere tali processi e favorirli.
Le ricerche scientifiche nel campo delle neuroscienze (Edelman 2007, Rizzolatti e Sinigaglia, 2006) sembrano confermare ciò che già Vygotskij aveva intuito, cioè che le esperienze hanno una grande influenza nello sviluppo cerebrale e quindi nella creazione e selezione di connessioni sinaptiche, grazie alla plasticità neurale.
Oggi è pienamente accertato che lo sviluppo del cervello non è dato solo da fattori biologici e genetici, ma anche da quelli ambientali: lo sviluppo è in questo senso “esperienza-dipendente”.
In tale prospettiva, anche e soprattutto dalla qualità della relazione educativa dipende un parte piuttosto consistente e fondante di ciò che il soggetto può apprendere.
Dal suo canto il docente nel contesto scolastico non si rapporta ad un singolo allievo ma ad un intero gruppo classe, composto da differenti individualità. È posto inoltre davanti a problematiche non solo a carattere prettamente educativo, ma anche psicologico, legate alla crescita così come a possibili e sempre più frequenti aspetti di disagio emozionale. È quindi richiesta al docente una competenza relazionale sempre più complessa.
Parallelamente, le attuali normative ministeriali richiedono il rispetto dei tempi di insegnamento, al fine di garantire l’appropriatezza del programma, ciò tuttavia potrebbe incidere sulla qualità della relazione educativa.
Nella relazione educativa, il docente che utilizza opportune modalità comunicative verbali e non verbali, come incoraggiare, sollecitare, accompagnare, può favorire nei propri studenti una migliore maturazione di diverse competenze, che si esprime non solo nello sviluppo delle conoscenze e delle abilità, ma anche nello sviluppo di abilità relazionali e vissuti emozionali positivi nell’apprendimento che contrastino l’impotenza appresa, (Seligman, 2013) ovvero quella particolare percezione delle proprie abilità quali insufficienti o inefficaci nel risolvere una situazione problematica o un compito, che il soggetto può sviluppare a seguito di ripetuti fallimenti o nel contesto di una scarsa autostima (Bandura, 1997) che in alcuni casi può diventare causa di abbandono o rifiuto della scuola.
Un docente che ad esempio utilizza come mezzo per la correzione dell’errore la disconferma senza al contempo attivare strategie relazionali positive, non ottiene nessun miglioramento nell’apprendimento. Il vissuto emozionale negativo in contesto di apprendimento può creare vissuti di disagio, frustrazione o di blocco, piuttosto presenti tra gli studenti delle scuole, fino a casi di vera e propria fobia scolare.
Soprattutto in questi casi di disagio, l’incoraggiamento dello studente, anche quando vi siano da parte sua degli errori, può connotarsi di una importante valenza educativa.