Apprendimento tra formazione e orientamento al futuro

A cura di: Damiano Milone
INTRODUZIONE
La parola apprendimento rappresenta nel campo della pedagogia e più in generale della formazione un termine sufficientemente vasto. Una definizione classica del vocabolo indica e sottolinea come apprendimento qualsiasi modificazione del comportamento, dell’atteggiamento e delle abitudini di un soggetto.
Inoltre, proprio nell’ambito delle cosiddette scienze dell’educazione, l’apprendimento è raffigurato in concomitanza con altri elementi concettuali inerenti al soggetto educato: stili cognitivi, emozioni, bisogni e motivazioni. In questo breve articolo si considera in generale una riflessione sull’apprendimento in ambito formativo ed educativo per passare poi, alle scienze dell’educazione (Mialaret, 2020) e alla professionalità del docente.
In quest’ultima considerazione, si vuole soprattutto connotare l’apprendimento quale modalità di categorizzazione del reale su diversi livelli compresi quelli percettivo-cognitivo nonché quelli squisitamente cognitivi. Inoltre, nel presente lavoro, si esamina l’approccio costruttivista (Giaconi, 2008) quale orizzonte definitorio ultimo per una sana e competente teoria dell’istruzione e della formazione per competenze.
Per ultimo, si osserverà l’attuale linea formativa che vede e lega l’apprendimento alla direzione dell’orientamento formativo, cifra di qualsiasi percorso personale e collettivo, anche a livello lavorativo. In una società della conoscenza come quella di oggi, infatti, lo snodo euristico dell’apprendimento risente dell’adagio onnipresente nei diversi contesti formativi imparare ad imparare, quale effettiva autonomia formativa e poliedrica dinamicità per il soggetto. Parlare di apprendimento e di formazione oggi, per tutto ciò, non significa solo soffermarsi sui diversi cicli scolastici ma ricomprendere la stessa autodeterminazione interumana quale elemento d’illuminazione e di libertà interiore ed uscita dalla “minorità” (Kant, trad. it. di Gonnelli, 1999, p. 51) come affermava a suo tempo Kant.
1. Apprendimento e formazione, due prospettive
Quando si parla di apprendimento, le due matrici operazionali di possibile erogazione di un servizio proteso alla formazione, si possono raffigurare in due impostazioni contrastanti.
1.1 Il passaggio educatore-educando
La prima è quella pedagogia e riflessione pedagogica, che ha voluto incentrare l’apprendimento sulla qualità dell’insegnamento e ha palesato una ricerca fruttuosa sulla professionalità docente, sulla ricerca di strategie didattiche efficaci e sulla programmazione di continue verifiche e valutazioni, privilegiando una trasmissione del sapere quale passaggio di contenuto informativo.
Per questa prima base teorica, il sapere è frutto di un passaggio, a volte non indolore, tra educatore ed educando. Corredo teorico di tale impostazione è il comportamentismo pedagogico che ha visto come maggiori rappresentanti storici Burrhus F. Skinner e Benjamin Bloom. Proprio per quest’ultimo Autore, la strutturazione di un percorso formativo sta principalmente nel quantificare la qualità dell’istruzione sugli stessi processi di apprendimento tassonomico e informazionale. Le nozioni, infatti, vanno sequenziate in modo tale da essere ritenute dal soggetto apprendente con una previa considerazione dei tempi “t”, di particolari indici ed indicatori (Anderson, 1973).
Lo stesso Bloom nel qualificare una teoria dell’apprendimento scolastico, rileva opportunamente tre variabili interdipendenti per il mastery learning: grado di acquisizione da parte dello studente tra cui prerequisiti e obiettivi di apprendimento; grado di motivazione ed impegno dell’allievo e, infine, grado di adattamento dell’istruzione al soggetto che apprende (Bloom, 2006). Le tassonomie costruite ad hoc e registrate in modo quantitativo, favoriscono una scientificità del processo di apprendimento e vengono anche oggi utilizzate nel corredo del kit del docente professionista, soprattutto nella dimensione docimologica a fini certificativi.
1.2 L’approccio scientifico all’apprendimento
La seconda impostazione pedagogica parte soprattutto dai sostenitori del cognitivismo tra cui Jerome Bruner e David Ausubel che propongono un approccio di tipo scientifico dell’apprendimento che vede nel ricorso induttivistico dell’esperienza la capacità di apprendere in situazione di un soggetto in formazione. Il docente non deve trasferire nozioni o unità informazionali, ma strutturare percorsi e stimoli-problema che lasciano all’apprendente la capacità di riflessione, di discorso e di competente risolutore di problem-solving.
In tale prospettiva euristica emerge la capacità del soggetto di saper utilizzare e mettere in atto le nozioni precedentemente assimilate in modo personale e/o collettivo. Lo stesso Bruner indicava come l’inadeguatezza iniziale di fanciulli di rappresentare i problemi in modo differente, fosse imputabile innanzitutto all’incapacità di costruire una struttura rappresentativa di tipo “mediante” (Bruner, 1999, p. 105).
Il concetto di mediante risulta fondamentale per carpire proprio quel concetto peculiare per il cognitivismo: la competenza. Oggi, infatti, quando si parla di apprendimento, risulta nodale il concetto di competenza ed apprendimento per competenza, saper apprendere in modo autonomo e plurimo. Pertanto, il “mediante” di cui sopra, indica la costruzione di attuazioni operative che svolgono soluzioni e compiti oltre l’informazione data tanto da riconnettere in rappresentazioni innovative la simbolicità delle operazioni umane in relazione alla fatticità futura.
1.3 Pratiche d’insegnamento
Nelle pratiche d’insegnamento e in modo peculiare nelle didattiche attive che privilegiano il soggetto in azione come apprendente, il soggetto competente sa mettere in “relazione” (Perrenoud, 2010, p. 53) le unità informazionali interne ed esterne-ambientali facendo erompere divergenti soluzioni (Guilford, 1967) ed acquisizioni. La scuola che rappresenta nella sua mission il luogo peculiare deputato all’attivazione e all’implementazione delle competenze, nelle linee ministeriali e nella riflessione continua dei tecnici dell’apprendimento, rappresenta l’agenzia che forma in modo peculiare il profilo del discente competente.
Proprio la competenza, inizialmente descritta da Bruner come formazione di strutture cognitive emergenti all’interno di un vero e proprio programma a spirale (Bruner, 2016), porta ad una ricomposizione opportuna nel soggetto competente di un’identità personale consapevole ed aperta al nuovo tramite l’accorto utilizzo di strumenti culturali come saper fare e, infine, nella dimensione relazionale, sociale e civica; quelle che oggi vengono comunemente chiamate le competenze trasversali (Porcarelli, 2016).
Da quanto sopra sinteticamente descritto, la complessità in fase docimologica dell’apprendimento (Corsini & Gueli, 2022) e in generale nelle stesse pratiche metodologiche, denotano l’importanza nella professionalità docente di adeguare costantemente pratiche e ricerca situazionale specialmente tramite l’utilizzo di appropriate conoscenze psicologiche, sociologiche ed antropologiche. In questo modo il ruolo professionale del docente si qualifica nella linea di un progettista di conoscenze, di un coordinatore di attività significative e, proprio nella fase pragmatica, di facilitatore e assistente dei soggetti in apprendimento che si ritrovano autonomi dal trasmettitore di nozioni.
Una scuola innovativa, proprio nella fase di attivazione delle competenze, lascia al soggetto in apprendimento, lo spazio claudicante della difficoltà, dell’estremo dinamismo e della fuggevole molteplicità (Castoldi, 2019).
2. Pedagogia costruttivista e pedagogia culturale
Il discorso sull’apprendimento non termina con la scoperta della competenza, fattore ampiamente recepito ed acclarato dai Documenti europei e dai tecnici dell’insegnamento/apprendimento. Citare l’EntreComp (EntreComp, 2018), il GreenComp (GreenComp, 2022), etc. potrebbe risultare eufemistico e altamente ripetitivo per chi ha a che fare con la formazione.
Infatti, nelle istituzioni scolastiche tali atti normativi fungono costantemente da panorama interpretativo per la misurazione dei framework di competenza richiesti, sulla base anche delle prove standard di valutazione delle competenze a livello nazionale. La stessa nozione di competenza poi, si è ampliata nella più vasta definizione di soglia di apprendimento che connette un altro versante di riflessione pedagogica, quella dell’apprendimento trasformativo.
Partendo dal fatto che l’apprendimento trasformativo a tutt’oggi funge da vera e propria “metateoria” (Galeotti, 2020, p. 50) per suffragare il rapporto continuativo e trasformante tra soggetto apprendente e ambiente socio-culturale di riferimento; la dimensione educativo-formativa si colora delle biografie esistenziali del soggetto in formazione e delle provincie finite di significato, eludendo e fronteggiando in modo innovativo la pura trasmissione del sapere del maestro gentiliano. Base di tale approccio sopra rimarcato, è il modello costruttivista (Glasersfeld, 2016) che mira maggiormente all’attivazione sufficiente di strategie mentali in vista della realizzazione di compiti in situazioni reali ovvero in compiti di realtà. Tale ambito tiene conto delle caratteristiche cognitive ed affettive del soggetto in formazione e, peculiarmente, della motivazione all’apprendimento, privilegiando l’elemento intrinseco a quello estrinseco. Nella stessa pratica dell’insegnante, al termine obiettivo di apprendimento si preferisce in un’impostazione costruttivista l’espressione risultato di apprendimento, quale panorama di senso e frutto d’interpretazione delle informazioni date.
Simbolicità e organizzazione delle informazioni su panorami esplicativi, possono situarsi attraverso innovazioni metodologiche che offrono un inquadramento dell’insegnamento quale ponte chiarificatore (Castoldi, 2019) in azioni quotidiane di cooperative learning, peer tutoring, peer education e Challenge Based Learning, etc. Per il modello costruttivista la conoscenza umana ha valore discorsivo e quantomai finito e risolto, tanto che gli stessi apprendimenti, per risultare determinanti per la biografia identitaria di un soggetto in formazione, devono risultare significativi e costruttori di una conoscenza individuale e sociale.
La stessa competenza diventa expertise, una padronanza del concreto in cui il soggetto va a mobilitare tutte le risorse per mettere in atto le azioni di coping e giungere a ciò che Le Boterf (1994) indicava con il saper agire rispetto al puro saper fare. Pertanto, da quanto evinto, il modello costruttivista denota un’innovazione del sapere come sapere agito a un livello ontologico in quanto le costruzioni mentali diventano molteplici ed esperienzialmente fondate; sul versante epistemologico come visione transazionale e altamente personalistica e soggettivistica in relazione all’interazione tra chi conosce e il dato informazionale.
Per ultimo, il costruttivismo proprio a livello metodologico, modifica e rinnova la prassi d’insegnamento auspicando un approccio ermeneutico/dialettico come co-costruzione della conoscenza dove lo strumento più importante diventa il linguaggio con le sue “pratiche linguistiche” (Giaconi, 2008, p. 109). Il costruttivismo e la sua epistemologia, proprio a partire da una prospettiva interna di costruzione del soggetto di ciò che è culturale e di ciò che è societario, articola un modello pedagogico relativamente giovane e sempre vivificante: la pedagogia culturale. Bruner, nel suo lavoro incessante ha proposto un fronte molto importante per la psicologia e, di rimando, per l’apprendimento dell’expertise: la psicologia culturale (Bruner, 1992). Come lo stesso Dewey aveva sottolineato (Dewey, 2019), l’educazione è azione in movimento su problemi culturali e sociali dove il soggetto in formazione tende a formulare ipotesi che, secondo un procedere di tipo scientifico-sperimentale, si mettono al vaglio della prova empirica. Dietro tale educazione del pensiero, nondimeno, si annida la capacità del soggetto di strutturare e amplificare le voci del proprio Sé in modo espressivo ed intimamente autobiografico.
Il pensare scientifico-sperimentale opera all’interno di un quadro teorico epistemologicamente culturale e sociale e, proprio a partire da tale considerazione, Bruner elabora una psicologia culturale (ivi, 1992) che ha la sua fonte e la sua curvatura nel concetto del Sé in ragione dell’Alter e, infine, in torsione precipitata verso la reciprocità della cultura di appartenenza. I significati, difatti, avallano una focalizzazione verso l’individuo e verso la stessa cultura di appartenenza, nonché in ragione delle pratiche culturali che i soggetti mettono in atto. In questo modo, per tutto ciò, il soggetto apprendente risulta pluralistico in considerazione della sua costituzione “distribuita del Sé” (ivi, 1992, p. 113). Il dramma di un Sé autoreferente ed incapsulato, anche nell’apprendere e nel fare cultura, sta nel dimenticare l’orizzonte pluralistico di significazione che ogni Sé porta con l’alter o per sé. Il Sé narrandosi, restituisce a sé stesso e all’insegnante, il senso della complessità del reale e la varietà così eterogenea della realtà fattiva. Il dettame di Clifford Geertz del 1973 risuona ancor oggi in modo robusto “se volete capire cos’è una scienza, non dovete considerare le sue teorie e le sue scoperte […] dovete guardare che cosa fanno quelli che la praticano” (Geertz, 1987, p. 41).
3. Apprendimento e didattica orientativa
Con il Decreto ministeriale del 22 dicembre 2022, n. 328 (D. M. 22 dicembre 2022, n. 328), sono state adottate le Linee guida per l’orientamento in relazione ad un’importante riforma educativa all’interno della scuola italiana. La formazione del soggetto apprendente non deve soltanto essere competente, ma dinamicamente orientato. Sarebbe sbagliato disgiungere competenza ed orientamento, anche perché nei documenti ministeriali e dei tecnici dell’apprendimento, le due definizioni sono facce della stessa medaglia, quella della formazione del soggetto in una società della conoscenza e in continuo cambiamento e quella dell’expertise.
Origine di tale riforma è soprattutto il mismatch tra domanda e offerta all’interno del mercato del lavoro che va a toccare l’ingresso dei giovani nell’ambito della scelta professionale. L’apprendimento, in conseguenza di ciò, non deve soltanto essere situato, ma orientato alla piena capacità di lettura degli scenari futuri professionali e di skills e framework di competenza tali da poter promuovere le caratteristiche salienti di ogni soggetto.
La discrasia che si è venuta a creare tra certificazione istituzionale e professioni lavorative, consta di una frattura tra competenze certificate all’indomani dell’Esame di Stato e quelle richieste per i lavori del futuro. Di certo la scuola italiana cerca da anni di colmare tale gap nel lavoro instancabile di addetti ai lavori, dirigenti e docenti, anche ad esempio nell’istituzione delle attività di di PCTO, Percorsi per le competenze traversali e l’orientamento. L’orientamento, da quello che ricorre nelle Linee ministeriali del 2022, è la considerazione che il soggetto apprendente sa del proprio Sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale e culturale, al fine di favorire una maturazione delle proprie capacità professionali e ridefinire autonomamente i propri obiettivi personali.
L’insegnamento in tale frangente, considera l’orientamento quale strada maestra nella rielaborazione di un progetto di vita significativo e professionalmente gratificante.
CONCLUSIONI
Unendo quanto declinato nel precedente paragrafo e quanto descritto poco sopra, si può comprendere il senso del metodo narrativo in campo formativo (Batini, 2005) e ciò che rappresenta per il soggetto in formazione. Narrandosi il soggetto intuisce prima, assimila poi, il panorama di senso del proprio Sé, la propria identità e da qui autoprogetta il proprio percorso professionale. In riferimento allo sviluppo dei “processi cognitivi superiori” (Batini & Giusti, 2007, p. 7), il soggetto sviluppa le capacità più elevate e supera in modo naturale una dimensione nozionistica, astratta e astorica della cultura.
Appunto per questo, da quando l’orientamento è divenuto percorso di senso della formazione, i soggetti in apprendimento devono da una parte attraversare le discipline in modo tale da scoprire in esse non saperi morti, ma una precipua visione del mondo e sviluppare la consapevolezza della percorribilità degli stessi come cornici di senso nel mondo reale (Marostica, 2008). Dall’altra, l’apprendimento già situato e contestualizzato culturalmente, motiva nel soggetto la consapevolezza del Sé, la determinazione del proprio posto nel mondo divenendo cittadino attivo nella cultura democratica.
Pertanto, politicità, formazione ed apprendimento, rimangono le chiavi di volta per una società planetaria nel quale il self-fulfilling prophecy (Batini, 2021) soggettuale diventa corroborante agentività e narrazione di una storia ancora da scrivere e gravida del futuro.
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