Apprendimento cooperativo: Inclusività e innovazione scolastica

A cura della Dott.ssa Serena La Torre
Il presente articolo di tipo compilativo propone un approfondimento sull’apprendimento cooperativo, partendo appunto dal concetto di apprendimento e i diversi stili cognitivi.
La scuola sta cambiando, non è solo un luogo dove acquisire conoscenze, ma dove si devono formare anche competenze e capacità. I cambiamenti che oggi si riscontrano nel panorama scolastico riflettono in parte le trasformazioni della nostra società: se volessimo riassumere in una parola la realtà che dirigenti, insegnanti e studenti vivono quotidianamente, potremmo utilizzare il termine eterogeneità.
Le nuove esigenze portate in classe dagli alunni oltrepassano i bisogni riferiti a condizioni di disabilità e coinvolgono la persona nella sua totalità: le emergenti difficoltà mostrate dagli allievi, infatti, si presentano come situazioni transitorie, che comprendono tutti gli stati connessi al globale funzionamento di ogni individuo.
È necessario dunque valutare le metodologie che ci consentono di svolgere attività e lezioni inclusive, in questo articolo voglio valorizzare dunque il ruolo del Cooperative Learning valutando la sua possibile efficacia come metodologia inclusiva, in grado cioè di accogliere e valorizzare tutti i bisogni specifici degli allievi.
Alla luce di teorie ed esperienze didattiche, si dimostrerà che l’apprendimento cooperativo apporta innumerevoli benefici ad ogni studente e incrementa una più attiva partecipazione degli alunni con più difficoltà.
1.1 Apprendimento: Gli stili cognitivi degli alunni
In psicologia l’apprendimento viene definito come l’insieme dei cambiamenti che avvengono nell’individuo in seguito all’interazione della persona con l’ambiente. Tuttavia, la definizione data non risulta esaustiva “in quanto si limita a indicare come unitario un campo di fenomeni che in realtà implicano processi molto diversi”.[1] L’apprendimento, infatti, viene condizionato sia da fattori interni sia da fattori esterni all’individuo, con fattori interni s’intendono aspetti cognitivi (attenzione, percezione, memoria, intelligenza, struttura del pensiero e del ragionamento), metacognitivi, affettivi (emozioni, motivazione, autostima e autoefficacia) e legati al linguaggio . Con quelli esterni, invece, s’intendono tutti i fattori relazionali, socioculturali e relativi al contesto di apprendimento. In quest’ultimo rientrano anche gli insegnanti e le loro pratiche didattiche[2]
La ricerca psicologica ha portato alla definizione di alcuni stili cognitivi fondamentali che contraddistinguono le persone nelle loro diverse modalità di apprendere. Le coppie di polarità opposte di maggiore importanza sono le seguenti.
- Sistematico-intuitivo: L’alunno con stile sistematico procede a piccoli passi, considera accuratamente e sequenzialmente tutti gli elementi concreti che ha a disposizione, mentre quello intuitivo formula e lavora su ipotesi di cui ricerca velocemente conferma.
- Globale – analitico: l’alunno globale privilegia in genere le visioni generali di insieme, mentre quello analitico si sofferma su singoli dettagli, anche se minimi.
- Impulsivo – riflessivo: l’alunno impulsivo fornisce immediatamente la risposta sufficiente elaborazione dell’informazione; al contrario quello riflessivo valuta attentamente le situazioni nei suoi vari aspetti, di conseguenza ne potrà risentire la velocità della risposta.
- Verbale – visuale: l’alunno verbalizzatore preferisce e riesce meglio in attività basate su codice linguistico, mentre quello visualizzatore referisce l’uso di figure, schemi e altre forme di elaborazione visiva (ad esempio creazione di immagini mentali per ricordare una cosa).
- Autonomo/creativo dipendente dal campo: nel primo caso l’alunno lavora con modalità divergenti di pensiero, originando da sé e liberamente nuove possibilità o soluzioni, mentre l’alunno maggiormente dipendente dal campo subisce molto di più le pressioni e i condizionamenti del contesto, anche interpersonale, in cui si trova ad operare.
Uno dei precursori nella definizione degli stati cognitivi fu Bruner, il quale definì la dimensione focalizzazione – scanning. Secondo questo studioso, i “focalizzatori” posti difronte ad un problema tipicamente ritardano la presa di decisione fino a quando non hanno raccolto una quantità di prove ritenuta sufficiente ed esauriente per affrontare il problema in questione; all’opposto chi propende per uno “stile scanner” si limita a dare un’occhiata rapida a tutto, formulando subito un’ipotesi e questo costringe a ricominciare da capo tutto il processo se l’ipotesi elaborata risulta inadeguata.[3]
1.2 Effetti dei fattori sociali sull’apprendimento
Se la psicologia cognitiva classica ha rivolto la sua attenzione esclusivamente all’analisi dei processi mentali che influenzano l’apprendimento, i modelli socio-psico-pedagogici di matrice costruttivista hanno, invece considerato il fenomeno apprenditivo come il risultato di una più complessa dinamica di interazione e confronto tra l’attività individuale di elaborazione – costruzione d informazioni e il contesto socio – culturale di riferimento. In questa prospettiva, l’apprendimento si verifica in funzione dell’attività, del contesto e della cultura in cui è situato ed è profondamente connesso alla dimensione esperienziale e sociale, come affermano Lave e Wenger.
Il principale riferimento teorico a questo proposito è rappresentato dallo psicologo e pedagogista sovietico Vygotskij, secondo il quale lo sviluppo mentale e l’apprendimento dipendono dall’interiorizzazione di forme culturali. Il significato che ciascuno di noi attribuisce ai concetti, ai fatti, alla realtà che lo circonda, dunque è socialmente costruito attraverso il linguaggio e si nutre della fitta rete di relazioni che l’individuo intesse con l’ambiente.
Il ruolo giocato dall’interazione in seno ai processi apprenditivi viene rimarcato ulteriormente dal concetto Vygotskijano di zona di sviluppo prossimale.
La ZSP rappresenta la distanza tra il livello di sviluppo effettivo e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto di alti o pari con un livello di competenza maggiore. Grazie all’azione di scaffolding esercitata dalle altre persone, il bambino acquisisce via via competenze che gli permettono di giungere autonomamente alla soluzione di problemi e allo svolgimento di compiti ben precisi. Per sintetizzare questo processo Vigotskij afferma che “ciò che i bambini sanno fare insieme oggi, domani sapranno farlo da soli”.
A livello didattico, “ ciò porta a considerare la classe come una vera e propria comunità di apprendimento” all’interno della quale si realizza una costruzione collaborativa della conoscenza in base a una continua negoziazione di significati e di idee. Le strategie che puntano sull’interazione tra pari sono, in particolare, il peer tutoring e il cooperative learning.
1.3 I concetti base del cooperative Learning
L’apprendimento cooperativo (AC) è un metodo di insegnamento/apprendimento sviluppato negli anni Settanta del secolo scorso, di cui si sono in seguito evolute varie forme. Si può definire l’AC come metodo di insegnamento/apprendimento che utilizza i piccoli gruppi, grazie ai quali è possibile sia apprendere che migliorare le relazioni sociali.
L’idea principale alla base del metodo è che il gruppo è un insieme di risorse, intese come conoscenze che come competenze, e gli allievi non sono considerati come “contenitori da riempire” di nozioni o abilità, ma come risorse da attivare, per cui l’insegnamento apprendimento è un processo di non trasmissione dell’insegnante agli alunni ma di partecipazione e scambio tra tutte le persone coinvolte[4].

I cinque aspetti del Learning togheter[5]
I teorici del Cooperative Learning partono dal presupposto che la complessità della società post-moderna, non può essere affrontata utilizzando esclusivamente competenze individualistiche o competenze competitive.
C’è bisogno di persone in grado di creare una interdipendenza positiva all’interno dei gruppi in cui lavorano, perché solo una situazione di interdipendenza positiva favorisce la soluzione di quei problemi complessi che, oggi, singoli e aziende devono affrontare.
L’interdipendenza positiva si realizza quando, all’interno di un gruppo, si risolve un problema con il contributo effettivo di tutti i suoi membri, impegnati con mansioni diverse a perseguire il medesimo obiettivo. Per creare interdipendenza positiva, per fare in modo cioè che i gruppi-lavoro riescano a perseguire i loro obiettivi in modo cooperativo, le persone che li compongono devono essere in grado di mettere in atto un repertorio di comportamenti verbali e non verbali che viene definito come insieme delle competenze sociali; ovvero l’insieme dei comportamenti che una persona deve imparare ad adottare per poter lavorare in gruppo in modo costruttivo.
Nel nostro paese è solo in questi ultimi anni che si è risvegliato l’interesse verso i metodi cooperativi come risposta alternativa all’apprendimento competitivo o individualistico o peggio di pseudogruppo, in cui le relazioni tra i membri sono di tipo “parassitario” senza alcuna condivisione di obiettivi e relazione di interdipendenza, in cui cioè la pseudo interazione di gruppo non conduce ad alcun processo di crescita individuale, né a livello cognitivo né tantomeno a livello sociale.
Un sicuro merito della diffusione della metodologia cooperativa va ai centri e ai gruppi di ricerca che operano negli Stati Uniti, in Canada, in Israele, in Olanda, in Inghilterra ed in molti altri paesi.
Un gruppo autorevole di studiosi lavora presso il centro “Cooperative learning center” dell’ Università del Minnesota, di tratta dei fratelli David e Roger Johnson che ricercano e producono studi e testi sull’applicazione dell’apprendimento cooperativo nella scuola. Collaboratrice del gruppo , Edythe Johnson Holubec, lavora presso l’Università del Texas ad Austin. Il loro approccio “Learning together” si fonda su cinque aspetti fondamentali:
a) interdipendenza positiva
b) interazione costruttiva diretta
c) abilità sociali
d) responsabilità individuale
e) valutazione del lavoro di gruppo.
Tali aspetti contraddistinguono il vero gruppo cooperativo[6].
Robert Slavin e suoi collaboratori hanno creato lo “ Student team learning” che pone l’attenzione sullo sviluppo della motivazione intrinseca degli alunni, l’autore sottolinea come molti ragazzi, soprattutto quelli a rischio, non possono essere facilmente indotti verso l’impegno nello studio e nell’apprendimento se non con la prospettiva del conseguimento di una ricompensa. Ciò è vero a livello individuale ma lo è ancor più a livello di gruppo se la ricompensa unifica e stimola l’impegno dei membri.
E. Aronson , dell’University of California a Santa Cruz, ha sviluppato una procedura cooperativa denominata Jigsaw, vertente sulla scomposizione e ricomposizione dei gruppi di base attraverso la formazione di gruppi esperti in chiave d’approfondimento tematico, che può essere utilizzata per l’impostazione del lavoro di classe.
Spencer Kagan e Miguel Kagan conducono ricerche sul Cooperative Learning nell’ University of California nel Riverside e hanno fondato un centro di pubblicazioni in California. Il loro apporto denominato “Structural approach” si basa sulla predisposizione delle strutture di lavoro al fine di garantire un’ interdipendenza positiva effettiva. Intendono cioè raggiungere alcuni dei principali obiettivi dell’apprendimento cooperativo – coinvolgimento del maggior numero possibile di studenti, uguale partecipazione e responsabilità individuale – mediante l’adattamento di una struttura a scopi specifici (apprendimento, organizzazione di conoscenze e riflessione, clima di gruppo o della classe).
In Israele ed in particolare a Tel Aviv troviamo Shlomo e Yael Sharan, Hanna Sachar, Rachel Hertz-Lazarowitz. Shlomo e Yael Sharan sono gli autori del “Group Investigation” un metodo per l’istruzione in classe in cui gli studenti lavorano in modo collaborativo in piccoli gruppi per esaminare, fare esperienza e capire il loro argomento di studio. Essi sostengono che l’elemento fondamentale che stimola l’apprendimento è il “desiderio di conoscere”, un gruppo si muove alla ricerca di una conoscenza se è adeguatamente stimolato da un problema. Il lavoro di ricerca struttura la comunicazione tra i membri del gruppo, l’apprendimento, la motivazione e la valutazione.
Elizabeth G. Cohen, statunitense, ha definito una modalità di apprendimento cooperativo “ Complex instruction” che organizza l’interdipendenza positiva tra i membri come interdipendenza di abilità, al fine di controllare l’effetto dello status dei membri del gruppo. Per evitare cioè che i più dotati prevarichino i meno dotati, il compito viene scelto sulla base della complessità e della diversificazione delle abilità richieste per il suo compimento. Ognuno è consapevole di essere necessario e di esprimere abilità non comparabili con le altre[7].
In Canada nel Department of Cooperation di Saskatchewan lavorano G.Hughes e i suoi colleghi.
In Norvegia E.Hjertaker e i suoi colleghi. In Inghilterra Helen Cowie e Jean Rudduck hanno lavorato al “ Cooperative Group Work Project” all’ interno della Division of Education dell’Università di Sheffield e ora la H. Cowie con un altro gruppo di collaboratori lavora al Roehampton Institute di Londra.
In Italia i due filoni di ricerca sono riconducibili a Giorgio Chiari che lavora presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento e a Mario Comoglio dell’ Università Pontificia Salesiana – Istituto di didattica di Roma.[8]
1.4 L’apprendimento cooperativo: organizzazione dei gruppi e delle attività.
L’organizzazione dei gruppi cooperativi e delle attività specifiche risulta fondamentale per realizzare dei validi percorsi di cooperative learning che, in primo luogo, riescano a favorire l’interdipendenza positiva tra alunni, la responsabilità individuale e di gruppo, l’interazione costruttiva, lo sviluppo o il consolidamento di abilità necessarie per instaurare rapporti interpersonali e la valutazione di gruppo.
Il ruolo del docente risulta fondamentale nell’organizzazione del lavoro dei gruppi cooperativi, nella promozione d positive relazioni sociali e nel favorire l’equità della partecipazione: inizialmente sarà molto presente per pianificare le azioni fondamentali ma progressivamente lascerà sempre più spazio all’azione degli studenti, monitorando costantemente i processi, intervenendo – se necessario – per fornire supporti diversi ai singoli ed al gruppo, verificando le modalità operative e valutando gli obiettivi raggiunti.
L’insegnate dovrà dunque essere in grado di prendere delle fondamentali decisioni preliminari per organizzare adeguatamente il lavoro, chiarire le aspettative riguardo il lavoro dei singoli e dei gruppi, insegnare agli alunni come reperire il materiale necessario, come svolgere adeguatamente la consegna, come aiutare i compagni in difficoltà o superare i conflitti quando emergono, evidenziando e valorizzando costantemente i comportamenti positivi o orientando gli studenti verso comportamenti alternativi e più adeguati quando necessario. Favorirà in questo modo un contesto di fiducia, rispetto e sostegno reciproco di interazione promozionale, una leadership distributiva e una valutazione finale sia individuale che di gruppo.
Per organizzare adeguatamente i gruppi di lavoro cooperativo (formali, informali e di base), il docente dovrà essere capace di individuare per tutti i membri dei compiti, anche molto semplici in base alle abilità /difficoltà individuali necessari al gruppo per l’ottenimento del risultato previsto.
L’insegnante dovrà dunque definire le mansioni del gruppo in base alla tipologia di lavoro svolta all’esperienza pregressa degli alunni e assegnare loro i ruoli. Secondo i fratelli Johnson, le funzioni e i ruoli nei possibili gruppi cooperativi possono essere: controllare i toni della voce o l’alternanza dei turni, spiegare idee e procedure, incoraggiare la partecipazione, fornire sostegno, chiarire illustrare, ricapitolare, verificare la comprensione, approfondire, sintetizzare, verificare e valutare. In generale i gruppi non dovrebbero essere troppo ampi (massimo 4 alunni), altrimenti la loro gestione potrebbe risultare difficoltosa.
Una volta composti i gruppi e assegnati i ruoli a ciascun membro, l’insegnante si occuperà del setting (aula), in modo tale che risulti funzionale per lo svolgimento del lavoro previsto, dei materiali da fornire nei gruppi cooperativi. Durante il lavoro, il docente interverrà per favorire l’interazione costruttiva diretta a migliorare il lavoro/prodotto del gruppo, monitorerà costantemente il comportamento degli studenti, verificherà e valuterà con sistematicità i processi e gli apprendimenti attraverso colloqui, test, questionari, schede o qualsiasi altro strumento utile e necessario alla valutazione.
Conclusione
L’apprendimento cooperativo rappresenta una metodologia educativa fondamentale, particolarmente rilevante in un contesto scolastico contemporaneo sempre più diversificato e globalizzato. Le riflessioni e gli approcci analizzati nel testo mettono in evidenza l’importanza di questa metodologia non solo come strumento didattico ma anche come un potente veicolo per promuovere inclusività e partecipazione attiva da parte di tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro origini sociali, culturali o dai bisogni educativi speciali.
Il testo esplora in profondità le dinamiche di interazione tra studenti in un ambiente cooperativo, sottolineando come l’apprendimento non si limiti a un mero trasferimento di conoscenze, ma sia un processo condiviso che implica responsabilità collettiva e crescita reciproca. L’interdipendenza positiva, che costituisce uno degli elementi cardine dell’apprendimento cooperativo, non solo stimola la collaborazione, ma incentiva anche la valorizzazione delle diverse abilità e competenze di ciascun membro del gruppo. In questo modo, gli studenti non sono solo destinatari passivi di insegnamenti, ma attori attivi che costruiscono il loro sapere insieme agli altri.
L’inclusione, come tema centrale del testo, è trattata come una condizione imprescindibile per la riuscita dell’apprendimento cooperativo. La metodologia proposta non si limita a integrare gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali, ma si estende a tutti coloro che potrebbero trovarsi in situazioni di svantaggio rispetto al resto del gruppo.
L’apprendimento cooperativo, quindi, diventa una modalità che non solo risponde alle necessità di apprendimento individuali, ma crea anche un ambiente in cui ogni studente può contribuire al successo collettivo, indipendentemente dalle proprie difficoltà o differenze. Tale approccio implica una didattica personalizzata che mira a superare la logica tradizionale del docente “unico esperto” per favorire una relazione più orizzontale tra insegnante e alunni, dove quest’ultimo diventa un facilitatore del processo di apprendimento e non un semplice dispensatore di informazioni.
Il testo, inoltre, esplora in modo dettagliato l’importanza delle modalità di organizzazione dei gruppi cooperativi. Non si tratta infatti solo di riunire gli studenti in gruppi casuali, ma di progettare attentamente l’assetto del gruppo in modo che ciascun componente possa apportare il proprio contributo unico. La costruzione dei gruppi, la gestione dei conflitti e la valutazione delle prestazioni collettive sono tutti aspetti cruciali che il testo esamina in relazione alla possibilità di creare un ambiente che favorisca una vera e propria “cultura cooperativa” in aula.
È evidente che affinché l’apprendimento cooperativo sia efficace, l’insegnante deve svolgere un ruolo attivo nel monitorare il lavoro di gruppo, intervenendo tempestivamente per risolvere eventuali difficoltà o malintesi e assicurandosi che tutti gli studenti siano coinvolti in maniera equa.
Un altro aspetto fondamentale che emerge dal testo è il ruolo centrale della valutazione nel contesto dell’apprendimento cooperativo. La valutazione non è più un processo individuale e competitivo, ma diventa un momento di riflessione collettiva, dove sia gli studenti che gli insegnanti hanno l’opportunità di riflettere sul percorso svolto, sulle difficoltà incontrate e sui successi ottenuti.
La valutazione formativa e la valutazione tra pari, in particolare, assumono un’importanza decisiva, poiché non solo misurano il risultato finale ma anche il processo, incoraggiando una valutazione continua e un miglioramento costante delle dinamiche di gruppo.
Infine, l’apprendimento cooperativo va ben oltre il semplice miglioramento delle performance scolastiche: esso costituisce una preparazione fondamentale alla vita adulta. In un mondo professionale che richiede sempre più capacità di lavorare in team, l’apprendimento cooperativo offre agli studenti una preparazione pratica e fondamentale per affrontare le sfide future.
La cooperazione, il rispetto per l’altro, l’ascolto e la negoziazione di idee sono abilità indispensabili, non solo nella scuola, ma anche nel mondo del lavoro e nella società in generale. In questo senso, l’apprendimento cooperativo diventa non solo una strategia educativa, ma anche una forma di educazione civica, che forma cittadini consapevoli, responsabili e capaci di contribuire positivamente alla comunità.
In sintesi, l’analisi e la riflessione sul tema dell’apprendimento cooperativo, come emerge dal testo, sottolineano la sua importanza e la sua efficacia come approccio didattico in grado di rispondere in maniera concreta e pragmatica alle esigenze di una scuola inclusiva, dinamica e orientata al futuro. La sua capacità di promuovere una didattica partecipativa e di valorizzare le diversità all’interno del gruppo, permettendo a ciascun studente di esprimere il proprio potenziale, è senza dubbio uno degli aspetti più potenti di questa metodologia. A lungo termine, l’apprendimento cooperativo non solo favorisce il successo scolastico, ma contribuisce anche a formare individui più consapevoli, capaci di lavorare insieme in modo armonioso e produttivo.
[1] Berti A.E e Bombi A.S, Corso di psicologia dello sviluppo, Bologna, Il Mulino, 2008.
[2]CORNOLDI C, La difficoltà di apprendimento a scuola, Bologna, il Mulino, 1999.
[3]Dario Ianes – Sofia Cramerotti, Insegnare domani, Ricerca e sviluppo Erickson, Ediz. Erickson, Trento, 2020.
[4]Dario Ianes – Sofia Cramerotti, Insegnare domani, Ricerca e sviluppo Erickson, Ediz. Erickson, Trento, 2020.
[5] Fonte immagine: L’apprendimento cooperativo (Cooperative Learning) – Órganon (prometheus-studio.it)
[6]D.W. Johnson, R.T. Johnson e Edythe J.Holubec, Apprendimento cooperativo in classe, Erickson, Trento, 1996
[7]SITO INTERNET: METODOLOGIA APPRENDIMENTO COOPERATIVO (provveditoratostudiviterbo.it)30/07/2024
[8] D.W. Johnson, R.T. Johnson, Small group leadership skills, tratto da Learning to lead teams: Developing Leadership skills, Interaction Book Company, Edina, Minnesota, seminario del 24 giugno 2000 –Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale – Università degli Studi di Trento.