Oltre alle caratteristiche tipiche dell’ADHD, tale disturbo è connotato da condotte secondarie messe in atto dai soggetti che ne soffrono, ritenute disturbanti e che deriverebbero dalla relazione tra le componenti primarie (disattenzione, impulsività, iperattività) e l’ambiente circostante. Esiste una chiara evidenza sul fatto che almeno il 70% dei soggetti con disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività ha un disturbo associato, sia in campioni clinici che epidemiologici (G. Masi, S. Millepiedi, M. Mucci, 2008). Molto frequenti sono le associazioni tra correlazioni tra ADHD e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), e/o Disturbi d’ansia e dell’umore, Disturbo Oppositivo-Provocatorio e Disturbi della Condotta.
ADHD E DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA)
Il soggetto con una diagnosi di ADHD è generalmente un alunno che presenta alcune difficoltà scolastiche connesse in primo luogo all’apprendimento che, pur avendo un quoziente intellettivo relativamente nella norma, manifesta disturbi nei processi di apprendimento a causa della scarsa capacità di mantenere stabile l’attenzione influendo in maniera negativa con tutti quei processi cognitivi da essa regolati: memoria di lavoro, apprendimento verbale (in particolare nei di codifica del linguaggio come l’acquisizione del lessico),problemsolving epianificazione delle azioni finalizzate al raggiungimento di un obiettivo (Penningoton et al., 1996; Viola D., 2011). Insieme al deficit attentivo, anche l’iperattività e l’impulsività contribuiscono a strutturare quello che nel lessico clinico psicologico viene definito come un Secondario Disturbo di Apprendimento Scolastico (DAS) (DSM-IV-TR, APA 2000), caratterizzato dalla difficoltà ad acquisire le principali competenze scolastiche a causa delle componenti primarie dell’ADHD e tali difficoltà non devono manifestarsi prima dei sette anni d’età. Inoltre è stata anche dimostrata una correlazione inversa tra i due disturbi (ADHD E DSA), ovvero la presenza stessa di un DSA farebbe emergere secondariamente in alcuni bambini icomportamenti tipici dell’ADHD (Cornoldi C., De Meo T., Offredi F., Vio C., 2001). Ad esempio, la frustrazione provocata dai ripetuti fallimenti nel raggiungere determinati obiettivi, porterebbero il bambino a mostrare scarso interesse scolastico, demotivazione e difficoltà nel gestire al meglio le energie necessarie per affrontare un compito, tutti questi sono elementi primari dell’ADHD.
ADHD & DISTURBI D’ANSIA E DELL’UMORE
Un ruolo altrettanto importante riveste la sfera emotiva e relazionale dei bambini con ADHD poiché, le problematiche quali l’iperattività e l’impulsività in particolare, influenzano spesso negativamente la sfera delle relazioni interpersonali provocando oltre che su dinamiche di isolamento sociale, anche problemi di autostima e problematiche relative all’identità personale. Per quanto concerne i Disturbi d’Ansia, circa il 25% dei bambini con ADHD presentacontemporaneamente un Disturbo d’Ansia. Tale associazione è presente soprattutto nei sottotipi di ADHD senza iperattività e senza impulsività, dove la componente ansiosa è più marcata e maggiori sono le difficoltà relative alla socializzazione, soprattutto durante il periodo adolescenziale. I disturbi d’ansia che con maggiore frequenza si associano all’ADHD sono: il Disturbo generalizzato d’ansia (GAD), le Fobie Semplici, il Disturbo d’Ansia daSeparazione, la Fobia Sociale e il Disturbo di Panico (cfr. DSM IV-TR, APA 2000). Un ruolo fondamentale nel consolidamento di un Disturbi d’Ansia negli adolescenti con ADHD, deriva dall’insicurezza e l’apprensione sulle proprie capacità a causa dei ripetuti fallimenti in ambito scolastico e sociale conseguenze stesse del disturbo.
ADHD: EPIDEMIOLOGIA E SITUAZIONE ITALIANA
Secondo quando riportato dal DSM IV-TR (APA, 2000), la stima di bambini con deficit di attenzione e iperattività si aggira intorno al 3% – 5% nella popolazione in età scolare con una predominanza maschile rispetto a quella femminile (5 volte maggiore).
L’ICD-10 (International Classification of Diseases, 10° Edizione, 1990, 1994), indica invece una percentuale che riguarda il 2 % della popolazione infantile (ICD-10, 1992).
La situazione italiana della distribuzione del disturbo nella popolazione, rientra grossomodo negli intervalli precedenti. Da uno studio condotto nelle Regioni Italiane di Umbria e Toscana nel 1993 dall’Equipe di studiosi composta da Gallucci e coll., usando un campione composto da 300 bambini di 4°Elementare, è emerso una percentuale che si aggira intorno al 3,8% con una prevalenza del disturbo nei maschi in un rapporto di 8:1 (Gallucci et al., 1993).
Un altro studio effettuato nella città di Roma da pediatri di famiglia, su un campione più esteso composto da 904 bambini da loro seguiti di età compresa tra 6 e 14 anni, ha stimato una percentuale compresa tra 0,9 -2,2 % con una prevalenza maschi vs femmine di 7:1 (Corbo et al., 1998).
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