Identità sociale: cos’è e come condiziona il comportamento umano
Si potrebbe pensare che le scelte e i comportamenti di un individuo ragioni si basino esclusivamente sulla sua personalità, sui suoi tratti caratteriali, sui suoi interessi e sulle sue esperienze ma, in realtà, molte delle decisioni e delle azioni che facciamo ogni giorno sono influenzate, oltre che dalla nostra identità personale, anche da qualcos’altro: l’identità sociale.
La teoria dell’Identità sociale
La teoria dell’identità sociale (chiamata anche SIT, “Social Identity Theory”) nasce in Inghilterra negli anni Settanta dagli studi degli psicologi sociali Henri Tajfel e John C. Turner, al fine di analizzare, comprendere e descrivere i processi psicologici e di cognizione sociale che avvengono nelle dinamiche di gruppo e tra gruppi.
Secondo la teoria dell’Identità sociale, ogni essere umano tende naturalmente all’aggregazione in gruppi e a mostrare favoritismo nei confronti del proprio gruppo di appartenenza (ingroup) rispetto ai membri di un altro gruppo (outgroup).
La formazione di un’identità sociale avviene quando un individuo attraversa tre particolari processi mentali.
Categorizzazione del sé
L’individuo valuta e categorizza tutti i tratti discriminanti che possono essere usati per descriversi e descriverlo (età, etnia, genere, orientamento sessuale, posizione lavorativa ecc.).
Durante questo processo, le differenze all’interno di una data categoria vengono annullate o minimizzate e, viceversa, le differenze che intercorrono tra la propria categoria e le altre vengono viste come più salienti e rilevanti.
Identificazione
È normale che uno stesso individuo si categorizzi sulla base di caratteristiche diverse in contesti diversi: ad esempio, in un incontro di lavoro, la posizione all’interno dell’organizzazione aziendale è particolarmente saliente e l’individuo tenderà a categorizzarsi come membro di un’unità operativa o di un dipartimento; durante una partita di calcio, al cinema o a un concerto, l’individuo tenderà a categorizzarsi sulla base di altre caratteristiche, come “tifoso di una squadra”, “fan di un artista” o “appassionato di un genere cinematografico”.
Il livello di identificazione con un gruppo non è fisso, ma situazionale e strettamente dipendente dal contesto. Si può parlare, quindi, di Identità Situata (l’identità sociale che in un dato contesto è percepita come più saliente) e di Identità Transitoria (un’appartenenza momentanea a un gruppo, dovuta a particolari situazioni – ad esempio, durante un viaggio organizzato o un esperimento).
Confronto sociale
L’individuo opera continuamente un confronto tra il proprio ingroup e un outgroup di riferimento, ovvero un outgroup che si differenzia per tratti e categorie che considera salienti. Ad esempio, se un individuo si identifica come studente di una scuola superiore, metterà a confronto la sua classe con le altre dello stesso anno presenti nell’istituto oppure, a un livello più ampio, confronterà la sua scuola con le altre scuole superiori della città.
Non riterrà saliente, però, includere nel confronto le scuole elementari, le medie o le università, così come – salvo particolari circostanze che prevedono una “competizione” diretta – difficilmente concentrerà la sua attenzione su una specifica classe o sezione di un’altro istituto (es: “la sezione A del Liceo Classico è meglio della sezione B del Liceo Scientifico”).
Questo processo risulta fondamentale per la costruzione dell’autostima individuale: se, infatti, una persona appartiene a un gruppo che considera “inferiore” rispetto all’outgroup di riferimento (ad esempio, rispetto al gruppo dei ragazzi più popolari della classe o della scuola), questo senso di inferiorità potrebbe venire interiorizzato e ripercuotersi sulla sua percezione di sé. Se, invece, l’individuo appartiene a un gruppo che considera superiore, questo potrebbe -in presenza di alcune condizioni- portare allo sviluppo di atteggiamenti discriminatori nei confronti dell’outgroup (razzismo, bullismo, omofobia).
Identità Sociale, decisioni e comportamenti
L’Identità Sociale è un forte predittore delle scelte e dei comportamenti degli individui. Chi possiede un grande spirito di appartenenza a un particolare gruppo, manifesta atteggiamenti di favoritismo verso i membri dell’ingroup, rispetta maggiormente le regole e le prassi condivise e mostra una più alta motivazione e un maggior impegno in situazioni di stress o di competizione.
È (anche) per questo motivo che, ad esempio, sia nel contesto scolastico che in quello lavorativo si pone così tanta attenzione alla promozione di un forte spirito di squadra. Team Building, Peer Learning, progetti di gruppo: lo scopo ultimo di queste attività non è soltanto fare in modo che gli studenti o gli impiegati si conoscano meglio tra loro e migliorino le proprie competenze relazionali, ma anche e soprattutto fare in modo che si sentano parte di di un team, ovvero che sviluppino un’identità sociale.
In una classe dove tutti gli studenti percepiscono un forte senso di appartenenza e fiducia rispetto alla classe stessa – e non soltanto ai “gruppetti” di amici che fisiologicamente possono venirsi a creare e disgregare nel tempo – si respirerà un clima positivo, disteso e collaborativo.
In un’azienda in cui i reparti e le unità operative comunicano e lavorano insieme verso un obiettivo comune e condiviso -anziché entrare in competizione o considerarsi come due rette parallele- la produttività sarà più alta e i livelli di stress più gestibili.
È importante, però, considerare anche il rovescio della medaglia: una forte identità sociale, se minacciata -ad esempio, da profondi cambiamenti aziendali o da azioni percepite come “ingiuste” da parte di un superiore o di una persona esterna all’ingroup- può portare anche a pregiudizi, comportamenti discriminatori e atti di violenza, mirati a salvaguardare l’autostima, l’integrità e i valori del gruppo.