Abusi sessuali: come riconoscerli su un bambino?
Come riconoscere e salvare il bambino da eventuali abusi sessuali?
Come comprendere in breve cosa ci sta cercando di comunicare un bambino, per intervenire prontamente, questi segnali considerare e quali tralasciare?
Recenti fatti di cronaca a noi giunti dai media, ascoltati di certo con una buona dose di orrore e sgomento, ci hanno fatto interrogare profondamente. Ci mettono di fronte ad una realtà dura da accettare, cioè essere in grado di riconoscere in tempo alcuni segnali che i nostri bambini ci lanciano, pronti ad essere colti, ma spesso ignorati o sottovalutati.
I bambini sono ingenui, trasparenti, non conoscono perlopiù la menzogna, il nascondere i fatti per scopi complessi e intricati come fanno gli adulti, o per fini ulteriori e dilazionati nel tempo. Sono “un libro aperto” e dicono ciò che pensano con quella schiettezza e naturalezza dirette che spesso lasciano anche sorpresi e stupiti molti adulti, piacevolmente o meno.
Sono creature fragili, dotate sì di resilienza e capacità di difesa, ma fondamentalmente aperte al mondo e agli stimoli, verso i quali si pongono in maniera ingenua e ricettiva. Sta all’adulto di riferimento, alle persone intorno al bambino la capacità e la necessità, a volte, di filtrare, porre uno schermo e attutire le brutture della vita, le cattiverie, i colpi bassi, in una parola le nevrosi dei grandi.
Molti adulti incappano a volte in situazioni limite, in contesti in cui l’interpretazione di un comportamento anomalo è connotata da ambiguità, in cui si perdono i riferimenti scientifici conosciuti o del comune buon senso, dettato il più delle volte dall’esperienza, da ciò che riportano amiche o parenti. In questi casi l’interpretazione di un comportamento non si riesce a fornire con chiarezza. Il motivo può essere l’ansia che pervade e offusca il giudizio perché il timore che possa essere accaduto quel tipo di evento riesce a coprire anche il giudizio più ragionevole e distaccato.
In questi casi tanti genitori brancolano nel buio perché non comprendono più cosa sta accadendo al loro figlio, se è una fase di transizione, se c’è stato qualche problema a scuola, un litigio con degli amichetti, un evento particolare, una conversazione ascoltata di nascosto dei genitori, un litigio a cui hanno assistito.
Provano inermi a darsi spiegazioni razionali, via via sempre più fantasiose, fino a chiedersi se per caso hanno subito abusi sessuali.
Di fatto il pensiero su una tale evenienza già solo 20 anni fa era molto remoto, ora, complice la diffusione sempre più capillare tramite internet, i gruppi whatsapp, i social media, tali notizie viaggiano veloci, e questi orrendi fatti di cronaca sembrano molto più diffusi e frequenti di allora.
Esistono certamente dei segnali nel comportamento del bambino che possono allarmare e creare dei sani interrogativi, che portano un genitore a mettersi in discussione, a non lasciar correre, ma esistono anche allarmismi del tutto infondati dettati unicamente dallo spettro di questi fatti, dalla diffusione continua a “bombardamento” di notizie del genere (e che purtroppo non possono lasciare indifferenti), che mettono sulla difensiva anche il genitore meno ansioso, rendendolo predisposto a credere che ogni piccolo segnale di malessere debba essere ricondotto ad un abuso di tipo sessuale.
Certamente, come stavo accennando, alcuni comportamenti del minore, così come disegni di un certo tipo, o alcune modalità di gioco, possono e devono far scattare dei campanelli d’allarme.
Ma occorre procedere con attenzione e cautela, come sempre quando si tratta di bambini.
Riportando le parole tratte da uno stralcio dei “Quaderni della Pedofilia, pubblicati da Telefono Azzurro: Questa “caccia alle streghe”, poi, non solo non aiuta i pedofili ad uscire allo scoperto – chiedendo aiuto nei casi in cui vi sia la percezione di un comportamento problematico – ma rischia anche di produrre un clima di vergogna e di stigmatizzazione che non favorisce neppure la rivelazione da parte delle vittime, che preferiscono restare in silenzio e nell’ombra”.
Questo per affermare che colui che normalmente viene definito pedofilo non sempre passa all’azione, non sempre molesta attivamente i bambini ma ha solo delle preferenze sessuali che il più delle volte restano sottoforma di fantasia.
Sicuramente può essere un pericolo in potenza da non sottovalutare.
Come si comporta però un bambino esposto a tali abusi sessuali, minacce o violenze?
Un piccolo inciso, può essere utile sapere che esiste una varietà di comportamenti definiti pedofili che vanno dalla semplice esposizione dei bambini a materiale pornografico o ad atti sessuali, esposti e mostrati intenzionalmente e volutamente, alle carezze e baci su varie parti del corpo, fino ad arrivare a toccamenti, sfregamenti, sesso orale imposto e penetrazione. Non voglio dare un ordine di gravità perché non ho intenzione di definire meno grave un comportamento comunque dannoso, rispetto ad un altro, certo è che per alcuni di questi atti è ben visibile una forma di violenza più viva e cruda, anche più dolorosa.
La maggior parte degli abusi sessuali, che avvengono ovunque nel mondo ove ci siano bambini, è perpetrata da familiari o persone che frequentano il nucleo domestico.
Questo è già un primo dato da considerare nell’analisi.
Il bambino naturalmente esprime tramite i mezzi che ha a disposizione ciò che prova, i suoi pensieri, il suo eventuale malessere. Ed è lì quindi che bisognerà indagare. Il disegno è lo strumento privilegiato, poiché in esso il bambino proietta sogni, desideri, idee e fantasie di ciò che vive e a cui tiene, la sua casa, la famiglia, le cose a lui vicine. È una forma diretta ed estremamente affidabile di comunicazione, in cui il bambino non manipola le parole e la realtà ma rivela con chiarezza il suo inconscio, che si mostra come messo a nudo, rivelato. A patto di saperlo interpretare.
Inoltre è preferibile usare il disegno come strumento eventuale di indagine poiché il bambino non ha raggiunto un grado di sviluppo cognitivo in grado di fargli elaborare concetti più complessi, utili per raccontare eventi che ancora non può (e non dovrebbe) classificare e definire, né lo sviluppo linguistico adatto. Inoltre potrebbe provare senso acuto di vergogna o di colpa se portato a parlare di alcuni atti e scene che ha vissuto in prima persona, di cui inevitabilmente proverà rifiuto, fastidio, paura, e ovviamente colpa e vergogna.
Scene altamente drammatiche individuate nei disegni, corpi nudi, parti del corpo mancanti quando rappresenta se stesso, scene di violenza senza un giustificato motivo, non riscontrabili ad esempio nella visione precedente di cartoni o film particolarmente violenti a cui sia stato esposto, anche per sbaglio, devono far accendere degli interrogativi, possono portare ad un primo avvicinamento al bambino nel chiedergli cosa rappresentano quei disegni. Questo per iniziare a comprendere se il bambino con tutta serenità o magari entusiasmo parla di mostri prelevati direttamente dai cartoni animati, da favole, da letture di storie fatte a scuola, o se invece si mostra schivo, restio a parlarne, se si spaventa.
Chiaramente anche l’età e il grado di sviluppo hanno un ruolo importante nella valutazione, ricordando sempre che anche tra gli addetti ai lavori, gli psicologi, non sempre vi è un consenso totale sulle interpretazioni, che restano a volte molto soggettive, e devono comprendere anche altri punti di osservazione.
Vanno valutati i colori, l’uso dello spazio sul foglio, alcuni tratti specifici come i denti, rappresentanti l’aggressività e l’erotismo, o il naso che attiene ai disturbi sessuali, o il tronco, afferente alla stima di sé. Ma in base all’età e ai nuovi modi di concettualizzare il mondo il disegno cambia, così come cambia se il bambino ha un talento particolare nel disegnare, o se invece non prova soddisfazione a farlo.
Anche un uso improprio ed anomalo dello spazio bianco del foglio può far destare i primi sospetti, a causa della sensazione vissuta dal bambino di mancanza di confini, di invasione dei suoi spazi, fisici e mentali. Le reazioni possono variare, ma ad un occhio attento si potrà comprendere se il disegno è raccontato con serenità ed entusiasmo, o se al contrario è vissuto con angoscia dal bambino, se si sente indifeso e diffidente rispetto agli adulti, da cui sta imparando a non fidarsi, se improvvisamente diventa aggressivo e schivo, se riprende l’enuresi notturna, e così via.
Anche nel gioco libero il bambino drammatizza scene vissute, le mette realmente in scena come in un teatro virtuale, dove compie un primo tentativo di rielaborare eventi vissuti in prima persona. Per cui anche lì, scene con contenuti sessuali, bambole che compiono atti sessuali tra loro, o denudate, devono far scattare un primo campanello d’allarme e possono portare a parlare con il bambino, a fare delle caute domande chiarificatorie, chiaramente dipendenti dall’età del bambino (dai 5-6 anni in su alcune cose vengono comprese meglio), che dovrà sperimentare la sensazione di essere ascoltato senza giudizio, di potersi fidare dell’adulto e potersi aprire senza essere colpevolizzato, bensì protetto e accolto.
Non sempre è un compito facile e portare immediatamente il bambino da psicologi, psichiatri, neurologi per visite ed esami di vario genere può risultare invasivo e comunque dannoso. Procedere con cautela, osservando magari se ci sono segnali sul corpo durante il bagnetto, se il bambino ha degli incubi ricorrenti, inizia a rifiutare il cibo a a recarsi i alcuni posti mostrando una grande resistenza, possono essere i primi passi da compiere con serenità.
I bambini vanno osservati anche tenendosi un po’ a distanza, senza invasioni eccessive nel loro spazio o gettare loro addosso ansie gratuite solo per togliersi ogni scrupolo di essere un genitore responsabile.
Dott.ssa Federica Giromella