Il rimuginio nei disturbi psicologici d’ansia

ossessione

Il rimuginio è un fenomeno clinico che si osserva in alcuni disturbi psicologici ma è particolarmente presente e caratteristico nei disturbi ansiosi: è piuttosto frequente soprattutto nell’ansia generalizzata.

Il rimuginio è una modalità di pensiero che può essere particolarmente pervasiva: si connota come pensiero verbale di natura negativa, con aspetti di ripetitività e pervasività nell’occupare spazio mentale.

Nei casi più accentuati esso può anche inficiare la qualità di vita della persona e costituire un ostacolo alle sue attività quotidiane, soprattutto quelle che richiedono un certo grado di attenzione e di concentrazione (Sassaroli, Lorenzini, Ruggiero, 2006).

Borkovec (Borkovec et al., 1998) evidenzia gli elementi fondamentali del rimuginio: predominanza del pensiero verbale negativo, rispetto ad uno scarso pensiero immaginativo, l’evitamento cognitivo e l’inibizione dell’elaborazione emotiva.

La persona che rimugina investe una grande quantità di tempo a predire ed ipotizzare numerosi e diversi eventi negativi futuri: tale modalità di pensiero si accompagna così ad uno stato emozionale ansioso.

La predominanza del pensiero verbale, se non eccessiva e ripetitiva, può consentire la gestione razionale delle emozioni e permettere di valutare senza “interferenze” emotive la risposta più appropriata al problema che ci si trova ad affrontare: in questo senso non si viene a connotare come pensiero di tipo disfunzionale, nella misura in cui però è seguito da una decisione pratica centrata sul problema, senza essere condizionati eccessivamente dall’emozione di ansia.

Rimuginare diventa invece disadattivo nel momento in cui si viene a connotare come una vera e propria condizione di inibizione emozionale che si protrae a lungo nel tempo: nella elaborazione cognitiva del problema non è presente, o lo è solo in minima parte, un piano di risoluzione concreta, si genera uno stato emozionale ansioso, risulta inoltre bloccata l’azione della persona e si determina inoltre la persistenza ed il mantenimento dell’ansia stessa.

Sassaroli e Ruggiero (2006) delineano le caratteristiche del rimuginio patologico, quale tratto peculiare dei disturbi d’ansia in generale e del disturbo d’ansia generalizzato in particolare: la ripetizione mentale persistente degli elementi del problema, il quale viene rappresentato dalla persona come catastrofico, alla quale non segue una decisione operativa in quanto tutte le ipotesi prese in considerazione dal soggetto vengono da lui percepite come inadeguate e soprattutto non risolutive di fronte all’ipotesi della realizzazione un possibile evento minaccioso, pensato come vago ed indefinito, ma anche portatore di conseguenze irreversibili, irreparabili e catastrofiche.

Il rimuginio si delinea così come una ripetizione mentale continua, talvolta anche ossessiva, del timore di un danno irreversibile, senza che al contempo ci sia la rappresentazione di scenari concreti di risoluzione e senza l’elaborazione di piani di coping efficaci (Borkovec, 1990).

Il rimuginio è reso possibile dalla presenza nella memoria a lungo termine di informazioni negative e minacciose, da un’attenzione selettiva (bias attenzionali) verso percezioni ed emozioni minacciose e da stati mentali di ipervigilanza (Lorenzini, Sassaroli, 2000; Sassaroli et al. 2006): in particolare studi su soggetti ansiosi hanno evidenziato il ruolo dello stato mentale di ipervigilanza come possibile fattore antecedente al rimuginio.

I bias nell’elaborazione delle informazioni possono invece avere il ruolo di fattori di mantenimento in quanto rendono particolarmente presenti alla mente del soggetto diverse potenziali minacce presenti nel suo ambiente di vita.

Borkovec (1998) ha inoltre evidenziato un fattore di mantenimento del rimuginio nel fatto che il soggetto attribuisce erroneamente all’attività mentale del rimuginare alcuni scopi positivi e vantaggiosi. Tra questi si evidenzia l’attenuazione dell’ansia somatica e di uno stato d’animo spiacevole, essendoci un raffreddamento degli stati fisiologici spiacevoli tipici dell’ansia e delle sensazioni negative caratteristiche dell’arousal ansioso.

Il soggetto che rimugina attribuisce inoltre al rimuginio una funzione di strategia di risoluzione del problema, pur essendo in questo senso inutile o addirittura dannoso. Molti soggetti non sono consapevoli del fatto che il rimuginio è un’attività mentale che non porta all’elaborazione di un piano concreto ed efficace di risoluzione dei problemi, pertanto lo percepiscono erroneamente come un pensiero produttivo.

Inoltre è presente la credenza che il pensare continuamente ai termini di un problema e a tutti i possibili risvolti negativi di una situazione possa essere utile nel prepararsi ad affrontarli concretamente quando e se questi si presenteranno.

Il rimuginio può anche essere di tipo “ascopico” (Sassaroli, Lorenzini e Ruggiero, 2006): il soggetto non è in grado di spiegare o riferire le credenze circa i motivi che lo portano a rimuginare. In tal senso è ipotizzabile che si tratti di un fenomeno mentale incontrollabile per il soggetto, che si riscontra soprattutto in soggetti con una lunga storia di malattia e che in alcuni casi può essere la conseguenza di un impoverimento o deterioramento cognitivo.

In ogni caso, ciò che si verifica solitamente è che la maggior parte delle preoccupazioni temute non si realizza e questo ha la conseguenza di rinforzare nella mente del soggetto la credenza erronea che il rimuginio sia un’attività in sé funzionale ed efficace nel prevenire esiti negativi.

Wells (1999) alle credenze positive ha aggiunto le convinzioni negative sul rimuginio parlando di meta-rimuginio, ovvero di tutte le preoccupazioni che il soggetto ha per il fatto stesso di rimuginare: possono esserci infatti convinzioni di pericolosità e di incontrollabilità, per cui il soggetto si percepirebbe come non in grado di controllare il proprio pensiero e quindi a rischio di impazzire, oppure possono esserci convinzioni di tipo autosvalutativo, in cui il soggetto interpreta la tendenza a rimuginare come un segnale di debolezza e di inadeguatezza personale.

Possono inoltre essere presenti convinzioni di colpa e aspettative di punizione, in cui il rimuginio viene visto come possibile causa di eventi negativi per sé o per gli altri ed è quindi accompagnato dallo stato mentale della colpa (Sassaroli et al., 2006).

A cura della dott.ssa Eugenia Ferrovecchio