La metacognizione nei contesti educativi
La metacognizione fa riferimento ad un duplice processo: da una lato esso è relativo alla conoscenza che il soggetto possiede circa i propri processi e contenuti cognitivi, la così detta “conoscenza metacognitiva”, dall’altro lato esso fa riferimento alle possibilità e abilità del soggetto di intervenire su questi stessi processi di pensiero, ovvero i “processi metacognitivi di controllo” al fine di ottimizzare l’apprendimento.
Il termine fu introdotto nel 1976 da John H. Flavell nell’ambito dei suoi studi sulle abilità cognitive e la metamemoria, ovvero le conoscenze possedute dal soggetto sui propri processi di memorizzazione al fine di potenziarli, in seguito fu ripreso da diversi studiosi in ambito pedagogico e didattico.
La metacognizione è sicuramente un processo trasversale alle diverse discipline scolastiche, essendo relativa allo sviluppo delle conoscenze sui propri processi cognitivi, di attenzione e di memoria, alla conoscenza e all’utilizzo efficace di strategie per l’acquisizione di contenuti disciplinari e di abilità, in ultimo essa è anche relativa ai processi motivazionali.
Attualmente la didattica metacognitiva rappresenta e costituisce un’area rilevante nei contesti e nelle pratiche educative: dal momento che agisce sui processi di apprendimento, può essere in grado di potenziare questi ultimi, così come di supportare adeguatamente l’attività di insegnamento.
L’insegnante che opera al fine di sviluppare la funzione metacognitiva degli studenti li supporta, tramite opportune strategie didattiche, nel processo dell’imparare ad apprendere, ovvero la sua azione educativa non è solo volta al permettere l’acquisizione dei contenuti nozionistici della disciplina ma anche alla messa in atto delle modalità più efficaci per accrescere le conoscenze.
In tale prospettiva, sul piano didattico è centrale che l’alunno, nell’accostarsi alle materie di studio, acquisisca prima di tutto la consapevolezza circa ciò che sta apprendendo a scuola, perché è importante che lo apprenda, quando e come è importante e utile farlo.
Il docente deve pertanto saper riconoscere i bisogni individuali dei propri alunni e stimolare in loro la riflessione critica, la ricerca e la curiosità. Deve di conseguenza predisporre a tal fine tempi, strumenti e modalità dell’azione didattica.
Alcune componenti psicologiche rilevanti nel processo metacognitivo sono: l’autostima, ovvero la valutazione che l’alunno ha di sé, il come si percepisce, che ha come effetto anche la motivazione ad apprendere e ad agire. Correlato alla dimensione dell’autostima è il senso di autoefficacia con cui ci si riferisce alla fiducia nelle proprie capacità ad abilità, il sentire di poter riuscire nei propri obiettivi.
Altre componenti sono il locus of control e lo stile di attribuzione, che possono essere “interni” o “esterni” e fanno riferimento all’attribuzione che il soggetto fa della causa degli eventi, se dipendenti in maggior o minor misura da sé o da variabili esterne, con la conseguente percezione di controllo o al contrario di impotenza davanti agli eventi e la motivazione ad agire in prima persona.
Oltre alle componenti psicologiche, è senz’altro utile far riferimento anche alle fasi del processo metacognitivo: si è detto precedentemente come la metacognizione sia un’attività di auto-riflessione che accompagna e supporta l’attività cognitiva con l’importante risultato di aumentarne la consapevolezza non solo in termini di contenuti ma anche di processi, al fine di monitorarla e di valutarla.
Evidentemente tutto ciò ha come effetto quello di rendere l’apprendimento più efficace e durevole nel tempo, non riducendolo all’acquisizione di nozioni ma strutturandolo in una modalità efficace di studio e di acquisizione delle conoscenze.
La prima fase dell’attività metacognitiva è data dalla comprensione della natura del compito che si sta per affrontare: questa fase è riconducibile alla così detta “metacomprensione” ovvero alla valutazione cosciente del proprio livello di comprensione del compito.
Successivamente alla comprensione e alla metacomprensione del compito da svolgere c’è la fase di scelta di una strategia: di questa fase fa parte anche la metamemoria, ovvero la conoscenza del funzionamento della memoria al fine di agire sul materiale da apprendere per poterlo ricordare efficacemente e a lungo nel tempo.
Per predisporre un’azione educativa che abbia valenza metacognitiva l’insegnante, dopo la presentazione di un compito o di un problema ai propri studenti, chiede loro di identificarne le caratteristiche: è fondamentale che inizialmente vengano fatte proposte non eccessivamente impegnative a livello cognitivo, e solo dopo presentare compiti e problemi di maggiore complessità.
Le esperienze dirette in questi casi sono fondamentali a supporto dell’apprendimento in quanto è attraverso di esse che lo studente può attivare un processo di apprendimento e acquisizione delle conoscenze che siano per lui realmente significativi.
L’insegnante può fornire una serie di informazioni sulle possibili strategie da utilizzare, dimostrare come vadano applicate e richiedere un confronto tra i risultati ottenuti con o senza il loro utilizzo, al fine non solo di consolidare le conoscenze e le competenze stesse, ma di permettere anche il loro “transfer” cioè la loro generalizzazione ad altre conoscenze e a contesti di apprendimento nuovi e differenti tra loro.
Alcune attività di studio per cui è possibile e proficuo utilizzare un approccio metacognitivo sono: la comprensione del testo scritto, l’acquisizione del metodo di studio, la risoluzione di problemi, lo sviluppo di un maggior livello di attenzione e di memorizzazione.
Per quanto riguarda ad esempio la comprensione di un testo scritto, l’insegnante può iniziare chiedendo agli alunni di identificare e prendere appunti sugli elementi chiave del testo, ad esempio sottolineando ciò che si ritiene importante, aiutandosi anche con alcune particolarità del testo come gli artifici tipografici (ovvero i titoli, le evidenziazioni in grassetto di alcune parole, i grafici ecc.).
Questi elementi dovranno poi permettere il recupero di alcune conoscenze già in proprio possesso e stimolare l’attenzione dello studente.
L’insegnante può anche stimolare nello studente l’anticipazione del contenuto del testo, richiedendo di porsi delle domande, formulare ipotesi, fare previsioni rispetto non solo al contenuto sulla base del titolo, ma anche circa la sua facilità o difficoltà, le caratteristiche della tipologia testuale e la sua funzione comunicativa.
L’azione didattica del dare anticipazioni all’alunno rispetto ai contenuti che dovrà leggere e poi studiare, viene attuata con l’obiettivo di favorire un approccio al materiale da apprendere maggiormente attivo e quindi più efficace.
Per permettere un buon livello di attenzione a ciò che si legge, è inoltre importante operare sui singoli capoversi o unità di informazione: isolare i blocchi delle informazioni facilita sia la comprensione che il ricordo, sia la formulazione di ipotesi sul materiale che si sta studiando. In questo modo si favorisce una modalità di lettura attiva e non solo ricettiva.
Il materiale da apprendere può inoltre essere efficacemente compreso e ricordato dallo studente se viene collegato alle conoscenze già in suo possesso, organizzato in schemi e/o mappe concettuali.
In alcuni casi è possibile fornire agli alunni una scheda, una sorta di “organizzatore anticipato”, che contenga l’elenco delle tematiche chiave del testo ed uno schema dell’argomento oggetto di studio (ad esempio per un brano di storia: “Quando? Dove? Cosa?”).
È anche possibile assegnare ad alcuni alunni la funzione di tutor rispetto a compagni che presentano una maggiore difficoltà o organizzare l’apprendimento con una modalità cooperativa per gruppi.
L’insegnante può inoltre alternare le modalità di studio collettive con le modalità svolte a coppie: in ogni caso ciascuno studente può formulare delle domande per aiutare il compagno a comprendere meglio il testo, così come si possono esporre le informazioni apprese tramite la condivisione delle capacità, delle conoscenze e delle competenze.
A cura della dott.ssa Eugenia Ferrovecchio