La malattia colpisce varie funzioni, quali:
- memoria;
- linguaggio;
- organizzazione;
- astrazione;
- percezione;
- ragionamento;
- attenzione.
Partendo dalla memoria, essa ci permette di dare continuità alle esperienze, con la perdita di memoria gli eventi della vita quotidiana perdono il loro senso logico, non ci sarà apprendimento e tutto ciò porta la persona a provare disagio, rabbia, paura e anche confusione, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia. Come affrontiamo questo problema? Quello che dobbiamo fare è fornire informazioni utili senza sottolineare e rimarcare gli errori; evitare espressioni come “ricordi?”, potrebbe, ad esempio essere utile guardare le foto; fornire una routine, la quale può sostituire la memoria.
Il linguaggio ci permette di esprimere quelli che sono i nostri bisogni le nostre sensazioni; ci permette di dare e di ricevere informazioni. La capacità di comunicare ci permette di entrare in contatto con gli altri e con il mondo. Uno dei primi problemi a cui si va incontro con la demenza è la perdita delle parole e, di esprimere idee e concetti; di conseguenza anche una riduzione della comprensione. Quali sono gli effetti sulla quotidianità? La difficoltà a fasi comprendere. La comunicazione diventa difficile e, a volte, poco attendibile. In questo caso bisogna imparare ad adattare le attese: non aspettarsi che la comunicazione vada nei due sensi o che sia reciproca. Aiutiamo il nostro malato proponendogli la parola mancante, non forziamolo a cercarla da solo. Man mano che la malattia progredisce viene meno anche la capacità di ragionamento, la quale ci permette di risolvere problemi, pianificare, fare scelte adeguate al contesto, … . Nel malato con demenza tutto ciò viene meno. In questi casi i classici metodi di interazione potrebbero non essere validi, dunque anche in questo caso bisogna necessariamente adattare le attese pensando a ciò che da piacere al malato, cerando di coinvolgerlo in azioni programmate, evitare di utilizzare espressioni che implichino il ragionamento (esempio: “non capisci che …”) e sopratutto evitare di far scegliere al malato.
Tra le varie funzioni che vengono meno si ha anche il pensiero astratto, questo vuol dire che molti concetti come tempo, passato, futuro ecc… non hanno nessun significato. Il malato vive nel qui ed ora. Tutto è presente e lo spazio crea confusione. Bisogna imparare a non pretendere che il malato capisca ciò che è al di fuori del presente. Impariamo a prendere decisioni per entrambi e non dare istruzioni per eventi futuri (esempio: “dobbiamo essere pronti per le 10.30”).
L’attenzione rappresenta la capacità di concentrarsi, di iniziare a fare le cose, di svolgerle e di portarle a termine. Venendo meno questa abilità, diventa difficile svolgere un compito fino in fondo, diventa difficile svolgere anche le attività di vita quotidiana. Quindi, partendo dal presupposto che il malato avrà bisogno del nostro aiuto, dobbiamo adattare i compiti a quelle che sono le sue capacità residue. Proponiamo attività che in passato lo gratificavano e davano piacere, identifichiamo le attività che è in grado di compiere con successo. Diamo loro un sostegno concreto con istruzioni e suggerimenti.
Il giudizio è la capacità di valutare la sicurezza o il vantaggio delle azioni compiute; è la capacità di immaginare le conseguenze che possono esserci dopo le nostre azioni; è la capacità di prendere decisioni importanti. Gli effetti del cambiamento di giudizio sulla quotidianità porta il caregiver ad assumere più controllo. Ad esempio l’utilizzo degli apparecchi da cucina va limitato o sorvegliato; vanno limitate le uscite in autonomia. Anche il comportamento può cambiare, la persona diventa più impulsiva, disinibita, si perde il senso della prudenza diventando un pericolo per se stessi. Quindi dobbiamo capire se coinvolgere il malato nelle scelte importanti. Dobbiamo prendere in mano la situazione ed essere veloci nelle decisioni (ad esempio: “è giunto il momento di smettere di guidare la macchina”) o ancora prendere decisioni sulla gestione dei farmaci.
La percezione è molto importante soprattutto nella vita sociale ha un ruolo fondamentale, permette di valutare disagi e minacce, di valutare le situazioni che si verificano nel quotidiano, di riconoscere le fonti di piacere e di gioia. Con la progressione della malattia spesso vengono commessi errori nel sentire e nell’interpretare (allucinazioni), si verificano pensieri deliranti. Tutto ciò succede perché il malato perde la capacità di dare un significato a ciò che i suoi sensi percepiscono, di conseguenza tutto questo porta confusione e paura. Quali strategie adottare? Scegliere con cura i posti dove portare il nostro malato, rassicurare e non cercare di farlo ragionare, sarebbe inutile e controproducente.
L’organizzazione permette di identificare lo scopo o l’obiettivo di un’azione; stabilire una sequenza di attività da svolgere per raggiungere lo scopo; coordinare le azioni e utilizzare tutto ciò che è necessario per svolgere il compito. In questo caso un ruolo fondamentale viene svolto dalla routine che potrebbe rappresentare una forma di assimilazione delle competenze. Lasciamo fare al malato ciò che è in grado di fare, colmiamo le lacune con suggerimenti utili e interveniamo dove è necessario. Dobbiamo adattare le nostre attese diventando meno esigenti.
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