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STORIA DEL TRAINING AUTOGENO

STORIA training autogeno

Il Training Autogeno si diffuse come tecnica agli inizi del ‘900. Venne ideata negli anni ’30 da J.H. Schultz neurologo, psichiatra e studioso di ipnosi (Berlino, 1884-1970).

Tuttavia il concetto di “pace interiore” è un’ideale ben noto all’umanità, infatti, mentre lo studio e l’applicazione delle più diverse metodologie scientifiche a difesa dallo stress e della salute è relativamente recente, i sistemi di concentrazione e di ricerca di pace interiore si ripercorrono nel tempo e nello spazio dei diversi paesi e delle diverse culture della nostra storia. Già nel XVI secolo Simeone fondatore della setta degli “Esicasti” (contemplatori dell’ombelico) formulò una meditazione cristiano-bizantina che si rifaceva al teologo e monaco sul monte Athos, in Grecia, Gregorio Palamàs. Un’ordine monastico, tuttora esistente, praticava una preghiera monologica che veniva facilitata da particolari posizioni corporee (portare lo sguardo sull’ombelico) e dalla disciplina del respiro attraverso una serie di esercizi respiratori scanditi dalla ripetizione della frase inizialmente mormorata e poi ripetuta mentalmente, in modo da immergersi in profonde meditazioni che permetteva di ottenere l’unione della mente con il cuore.

Nel XVI secolo Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, compose nei suoi esercizi spirituali una particolare forma di preghiera che prevede di regolare la recitazione interiore con i singoli atti respiratori. Durante l’espirazione occorreva pronunciare la parola della preghiera, nell’intervallo tra un’espirazione e un’altra l’attenzione va rivolta al significato della parola precedente o alla persona per la quale si prega.

Il T.A. risentì fortemente della collaborazione tra Schultz e Oskar Vogt, psichiatra ed esperto ipnotista, il quale, attraverso una serie di studi sulla psicofisiologia del sonno elaborò un metodo da lui denominato “metodo frazionato” (o anche “ipnosi frazionata o parziale”). Questo metodo partiva dal presupposto teorico che l’ipnosi e il sonno avvengono attraverso un centro del sonno che lavora per via riflessa. Pertanto il “sonno artificiale” poteva realizzarsi mediante un training progressivo che riducendo ed inibendo alcuni processi cerebrali attivava nel soggetto automatismi condizionati. L’ipotesi di Vogt metteva in atto una nuova relazione con il paziente, da un lato ricreare quelle condizioni favorevoli al sonno naturale del riposo notturno, attraverso la diminuzione delle variabili (evitare i rumori molesti, l’illuminazione

eccessiva e una compatibile temperatura ambientale), poi gli stimoli afferenti ed efferenti (una posizione del corpo comoda, un certo stato di calma, la chiusura degli occhi). ’ Si trattava così di ottenere un “ipnosi frazionata” , dove il paziente ritornava allo stato di veglia più volte per raccontare il proprio vissuto durante l’induzione e dal quale poter fare ulteriori approfondimenti. La collaborazione e la cooperazione di soggetti più facilmente ipnotizzabili permise di fargli realizzare lo stato d’ipnosi completamente da soli.

Schultz in un lavoro del 1920, arrivò a parlare di una “formazione di strati nell’auto- osservazione ipnotica” e giunse a formulare tale quesito: “E’ possibile realizzare in un individuo gli stessi fenomeni e le stesse sensazioni che accadono durante una seduta ipnotica, senza l’intervento dell’ ipnotista e soprattutto in condizioni di piena coscienza, cioè senza perdere il controllo esterno?”

La risposta dopo una serie di approfonditi studi fu la realizzazione della tecnica attuale del Training Autogeno.

Egli in pratica costruì un metodo che avendo come scopo uno stato di rilassamento neuromuscolare portava a delle modificazioni vere e proprie dell’organismo migliorando la capacità globale dell’individuo.

Ben presto la sua opera venne accettata dalla società medica Berlinese e divulgata a livello scientifico.

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