Corsi di formazione

ADHD: COSA FARE E COSA NON FARE

adhd cosa fare e cosa non fare

Chiunque si trovi ad interagire con persone con una diagnosi di ADHD dovrebbe il più possibile tenere sotto controllo alcune caratteristiche personali che riguardano principalmente le modalità di interazione con queste persone nonché gli atteggiamenti adottati. Molto spesso infatti, come è già stato visto precedentemente, insegnanti e genitori talvolta senza nemmeno esserne pienamente coscienti, “etichettano” i bambini come distratti, ingestibili, irruenti, maleducati. In realtà ci sarebbe da chiedersi se, la causa dei problemi relazionali derivi solo e soltanto dalle caratteristiche stesse del disturbo, oppure una qualche responsabilità risieda anche da atteggiamenti poco costruttivi da parte degli adulti. La trattazione che segue rielaborata dai lavori di D. Fedeli (2006), M.Gordon (1995), D.Donovan e collaboratori (2000) rappresenta una sorta di “decalogo” di suggerimenti perlopiù di carattere pratico da non trascurare e di ciò che invece è meglio “non fare” o da valutare bene all’occorrenza.

  • E’ importante considerare il modo attraverso cui il soggetto con ADHD entra in contatto con l’ambiente: Tali soggetti, soprattutto quando sono piccoli adottano modalità comunicative prettamente gestuali, es. mani alzate, necessitano spesso di muoversi alzandosi di frequente dalla loro postazione. Diamo loro la possibilità di esprimersi secondo la propria natura senza soffocare e reprimere gesti e movimenti a meno che non siano realmente pericolosi o sconvenienti nel contesto.
  • Assicuriamoci che ci stiano ascoltando: durante lo svolgimento di attività che richiedono una certa quantità di attenzione anche di tipo ludico, es. giocare ai videogiochi,capita spesso rispondano alle nostre richieste di attenzione in maniera impulsiva ed automatica, al posto di irritarci ed entrare in collisione con loro, basta talvolta un piccolo gesto per cogliere la loro attenzione.
  • Evitiamo di fornire messaggi troppo complicati: ciò che diciamo loro dovrebbe essere il più chiaro e diretto possibile, evitando metafore, discorsi lunghi e complessi, preferendo una comunicazione breve e snella senza troppi giri di parole.
  • Quando ci poniamo nella relazione, cerchiamo di non pensare subito alle nostre necessità, ma focalizziamoci prima di tutto sui loro bisogni siano essi fisici e/o emotivi. Ciò di cui necessitano fin da quando sono piccoli, sono soprattutto considerazione e sostegno, regole e limiti. Questi ultimi tuttavia, vanno commisurati alle reali possibilità di questi soggetti: es. meglio dare poche regole o istruzioni e che siano ben chiare e quindi facilmente comprensibili. Di volta in volta, sarebbe necessario fornire loro indicazioni precise e lineari sulle azioni da seguire e i risultati che ci aspettiamo da loro.
  • Quando diamo istruzioni e compiti da seguire, che siano attività a casa o a scuola, è utile che questi soggetti ci sentano in maniera ottimale, usiamo un tono di voce squillante ed un linguaggio direttivo (da non confondere con modalità tipiche di un rimprovero o toni aggressivi) che sia facilmente udibile e comprensibile per loro. Inoltre è molto utile che loro stessi rielaborino le nostre parole, ripetendo a voce alta le istruzioni, anche più volte, in modo tale da assicurarci che ci sia stata una reale comprensione di ciò che viene detto.
  • Evitare di dire troppe cose tutte insieme: i messaggi devono essere comunicati uno alla volta, altrimenti si rischia che tali soggetti ricevano solo un “cumolo” di informazioni, il più delle volte trascurate e quindi dimenticate. Meglio “segmentare” i comportamenti in una sequenza esecutiva: es. “prendi quel libro” “cerca quella data pagina”, “leggila tutta senza interruzioni”.
  • E’ necessario assicurarsi che il nostro interlocutore abbia ben chiaro cosa abbiamo detto; se necessario ripetiamo cosa vogliamo comunicargli magari ripetendo il nostro messaggio e rielaborandolo con parole più semplici.
  • Quando notiamo che queste persone non riescono nello svolgimento di alcuni compiti, cerchiamo di fornire loro delle alternative valide, offrendogli soluzioni semplici e facilmente realizzabili.
  • Spesso capita che queste persone “gettino troppo facilmente la spugna” scoraggiandosi se qualcosa è troppo complicato per loro o di poco interesse abbandonando facilmente ciò che stavano svolgendo: sforziamoci di trovare dei modi per attirare la loro attenzione o forniamogli un supporto per cercare di riportarli su ciò che stavano svolgendo affrontando le difficoltà insieme.
  • E’ preferibile fornire a tali soggetti routine costanti e ben formulate avvertendoli e preparandoli ad eventuali cambiamenti o modifiche in corso. La mancanza di certezze su cosa bisogna fare dopo aver fatto una data cosa scoraggia infatti queste persone e le demotiva ad affrontare attività nuove.
  • Ricordiamoci sempre che le persone con ADHD più delle altre necessita di momenti di svago o pause frequenti dalle attività; tuttavia questi momenti vanno costruiti insieme e stabiliti a priori in modo tale che entrambe le parti le rispettino.
  • Fornire i giusti “rinforzi” positivi, dare un feedback su ciò che si sta svolgendo, è molto importante per chiunque sia sul piano dell’autostima che della motivazione investita nelle cose; lo è molto di più per i soggetti con ADHD che hanno cosi’ un riscontro immediato e tangibile di ciò che stanno facendo, in particolare da fornire durante giornate o situazioni più difficili. A tal proposito è utile far riferimento brevemente al sistema “premi-punizioni” di matrice teorica cognitivo- comportamentale in quanto, una gratificazione data al momento giusto, anche per un compito svolto correttamente ma per metà, così come “far pagare un prezzo” simbolico di un comportamento sbagliato, rappresenta una maniera per incentivarli nel monitorare i propri comportamenti e possibilmente correggere quelli più disfunzionali. L’idea di punizione in particolare in questi casi, non deve rappresentare una modalità dura di richiamo; è preferibile invece riportare immediatamente queste persone ai comportamenti corretti da tenere, senza soffermarsi su svalutazioni che incidono sull’autostima e alimentano conflitti poco produttivi. Inoltre situazioni difficili possono innescarsi sentimenti di fallimento e rabbia da ambo le parti; pertanto è preferibile non interagire in maniera aggressiva poiché tale ostilità non farà altro che alimentare sentimenti negativi non rendendo di certo questi soggetti più obbedienti.
  • Un altro consiglio molto semplice ma altrettanto importante da tenere sempre a mente è quello di fornire ambienti ordinati e privi di numerose fonti di distrazione: se fomentiamo infatti la distraibilità con ambienti disordinati e caotici di oggetti inutili ai fini dello svolgimento di una data attività, non possiamo che ottenere risultati scarsi e poco funzionali.
  • E’ molto importante condividere il più possibile i momenti di crescita e le fasi di apprendimento di queste persone: stare insieme a parlare, confrontarsi, ascoltarsi, giocare insieme, svolgere compiti, disegnare etc., non sono perdite di tempo ma rappresentano dei momenti essenziali di sviluppo e potenziamento delle capacità attentive (anche se scarse o limitate) e relazionali di questi soggetti.
  • Insegnare ad essere almeno in parte prudenti nel momento in cui si passa dal pensiero all’azione: fare in modo che essi acquisiscano l’importanza di porre attenzione ai propri pensieri, alle proprie emozioni e dedicarsi del tempo prima di agire, meditando bene su ciò che si intende fare.
  • Prevenire comportamenti disfunzionali è meglio che reprimerli totalmente: il caso tipico di situazioni in cui è meglio correre “ai ripari” in maniera preventiva anziché repressiva, sono contesti in cui questi bambini possono scatenarsi con comportamenti troppo “agitati” come per esempio le feste di compleanno. Ciò non vuole dire evitare di portare i bambini in tali contesti ma ricordare loro come devono comportarsi e intervenire con prontezza quando si avverte che stanno per “perdere il controllo”.
  • Trasmettere indicazioni “socialmente” utili per migliorare la desiderabilità sociale delle persone con ADHD: ad esempio insegnare loro, meglio ancora se sono piccoli a chiedere qualcosa senza risultare troppo aggressivi, come conversare senza interrompere continuamente l’interlocutore, cosa è opportuno fare; il miglior modo per trasmettere questi messaggi è esercitarsi insieme, creando delle vere e proprie simulazioni di situazioni sociali “tipo”;
  • Insegnare la capacità di ascoltare gli altri cercando di lavorare sul fatto che se non si impara a prestare attenzione alle parole altrui difficilmente si verrà ascoltati in caso di bisogno; ciò migliorerà senz’altro la capacità di comprendere meglio le necessità e i bisogni altrui.
  • Ogni azione ha implicazioni e conseguenze: infondere fin da piccoli un senso di responsabilità sul proprio agire, insegnare che per ogni azione o gesto compiuto avviene qualcosa che è la diretta conseguenza del proprio comportamento ha un ruolo fondamentale per migliorare le capacità di autoriflessione (anche definite“metacognitive”) nonché di gestione dei propri impulsi. Ciò può essere insegnato al meglio con esempi facili e immediati, il più possibile vicini alla quotidianità del soggetto con ADHD (es. se tiro la coda al gatto, quest’ultimo probabilmente mi graffierà, se aiuto quel bambino a fare quella cosa poi mi sarà grato ed in futuro mi aiuterà);
  • Molto spesso i soggetti con ADHD soprattutto se sono piccoli manifestano talvoltascarsa autostima dovuta a ripetuti fallimenti o interazioni sociali poco piacevoli: valorizzarli allora nei loro “punti di forza”, premiarli quando riescono bene o semplicemente ci stanno ad ascoltare seguendo talvolta i nostri suggerimenti, sarà molto utile sotto questo punto di vista, trasmettendogli quella fiducia di cui necessitano ed una più stabile serenità.
  • E’ dannoso confondere i soggetti con una diagnosi di ADHD con i comportamenti che mettono in atto: non sono queste persone ad essere sbagliate ma le modalità attraverso cui interagiscono con gli altri e con il mondo circostante di interazione ad essere sconvenienti e che necessitano di alcuni miglioramenti per renderle maggiormente adeguate al contesto. Insegniamogli ad esempio che i comportamenti che non sono funzionali al contesto possono essere sempre migliorati, che loro stessi possono compiere uno sforzo per “fare meglio” e crescere in tal senso.
  • In ultimo ma non per importanza, è fondamentale che chi possiede un disturbo da deficit dell’attenzione-iperattività comprenda il più possibile che tutto ciò che induce un miglioramento necessita di tempo e perseveranza: cerchiamo quindi di infondergli che per ogni cosa e per ottenere i risultati sperati occorre pazienza e determinazione. Tutto questo, oltre che migliorare la fiducia in sé, provocherà maggiore serenità personale ed un miglior senso di autoefficacia (Self-efficacy, Bandura A. 1997) che risulterà utile soprattutto in termini di miglior adattamento sociale e professionale futuro.

Vuoi saperne di più? Puoi scaricare gratuitamente l’ebook di IGEA “ADHD: dalla diagnosi all’inclusività formativa e sociale”

Per Informazioni

Se vuoi richiedere informazioni sulle promozioni di uno o più corsi di formazione in catalogo, inviaci una richiesta. Una nostra consulente ti contatterà appena possibile. Grazie

CORSI ONLINE SUL TEMA DELLA GESTIONE DELL’ADHD: