La regolazione emozionale in età evolutiva
Con la regolazione emozionale si fa riferimento ad una complessa funzione mentale che implica la modulazione degli stati emotivi al fine di renderli funzionali alle richieste dell’ambiente in maniera flessibile ed adattiva.
Le emozioni, quando sono adeguatamente regolate e modulate, hanno un ruolo importantissimo in diversi aspetti del benessere individuale, oltre che nel dirigere i processi decisionali e nel regolare il proprio comportamento nell’ambito delle interazioni sociali.
La regolazione emozionale affettiva, invece è data da un insieme di processi grazie ai quali la persona influenza, anche tramite i processi cognitivi, le emozioni che prova, quando le prova, in che modo le prova e come le esprime.
Le emozioni che quotidianamente proviamo e manifestiamo agli altri derivano infatti da processi di autoregolazione, anche di natura implicita, che ne modulano l’intensità e le modalità con cui si manifestano, e sono legati da una parte al funzionamento bio-psicologico dell’organismo (Grossi, Trojano, 2002), dall’altra alle “regole affettive” tipiche di ogni società (Ekman e Friesen, 1975).
Se da un lato questi processi possono essere in buona parte impliciti, dall’altro ci sono anche processi coscienti per cui è possibile modificare coscientemente e volontariamente l’espressione delle proprie emozioni, affinché siano funzionali al raggiungimento dei propri scopi e interessi (Castelfranchi, Mancini e Miceli, 2002). Le emozioni hanno infatti una importante funzione nel segnalarci cosa è rilevante nell’immediato per i nostri scopi per poi mobilitare le risorse dell’organismo.
La regolazione emozionale modula e modifica il flusso dell’esperienza emotiva ed è il risultato di un processo multicomponenziale che si articola a diversi livelli e che coinvolge sia fattori temperamentali che relazionali, sia le funzioni cognitive di base che la metacognizione, ovvero la consapevolezza dei propri contenuti e processi mentali.
La regolazione emozionale avviene in momenti diversi del ciclo di vita e comporta differenti funzionalità del processo stesso.
La funzione mentale di regolazione delle emozioni ha quindi una sua evoluzione lungo l’intero ciclo di vita: diversi studi psicologici, anche se da prospettive differenti, hanno individuato nella relazione madre-bambino il contesto interpersonale elettivo di apprendimento dei pattern regolatori (Calkins, 1994; Fogel, 1993; Sroufe, 1995; Tronik, 1998).
Nel complesso dei vissuti emozionali è possibile distinguere due aspetti:
- la regolazione emozionale dell’espressione emotiva
- la regolazione emozionale dell’esperienza emotiva.
La regolazione emozionale dell’espressione emotiva nei bambini è un compito evolutivo che li coinvolge molto presto e che consiste nell’imparare a modulare le proprie espressioni emotive in modo adeguato e conforme al contesto in cui ci si trova ad agire, al fine di comunicare con gli altri ed essere riconosciuti come individui socialmente competenti.
I bambini imparano gradualmente questa capacità di modulare l’espressione delle proprie emozioni, in accordo con la cultura di appartenenza, ovvero in base a ciò che è appropriato o socialmente desiderabile in determinati contesti e circostanze.
Nel corso dello sviluppo vengono apprese delle “regole di esibizione” (Ekman e Friesen, 1975) che permettono ai bambini di guidare il loro comportamento verso l’espressione emotiva più appropriata, anche nei termini di quando è opportuno inibirla o le modalità in cui si può opportunamente manifestare una determinata emozione.
Nel corso dello sviluppo l’espressione emotiva diventa progressivamente sempre più sottoposta all’autocontrollo e in linea con le regole di esibizione: ciò favorisce la possibilità di comunicare adeguatamente e di essere riconosciuti e accettati socialmente.
Numerosi studi evidenziano il percorso evolutivo attraverso il quale si sviluppa la capacità di regolazione dell’espressione emotiva (Corsano e Cigala, 2004; Zammuner, 1993): già a partire dai 3-4 anni i bambini sono in grado di regolare l’espressività emotiva, soprattutto la tristezza e la rabbia, seguendo le regole di esibizione ma senza esserne consapevoli.
Non sembrano infatti comprendere la sostanziale differenza tra le emozioni esperite e le emozioni manifestate. Questo tipo di consapevolezza si raggiunge a partire dai 4-5 anni e rappresenta per Saarni (1999) una delle componenti fondamentali della competenza emotiva.
Questo aspetto va di pari passo con lo sviluppo delle facoltà metacognitive: il bambino perviene cioè alla consapevolezza di un mondo emotivo privato, che non è necessariamente visibile agli altri, e quindi alla scoperta della possibilità di dissimulare il proprio stato emotivo interno.
Ciò permette inoltre al bambino di percepirsi separato emotivamente dagli altri e capace di decidere se condividere o meno con gli altri le proprie emozioni, in che modo farlo ed anche quale sia il momento opportuno per manifestarle.
All’età di 6-11 anni i bambini acquisiscono regole di esibizione ancora più sofisticate in quanto pervengono alla consapevolezza che queste, in contesti interpersonali, hanno ad esempio anche l’importante funzione di proteggere se stessi dalla rabbia o dalla derisione degli altri (Zammuner e Cigala 2001).
Per quanto riguarda invece la regolazione emozionale dell’esperienza emotiva viene osservato da Lewis e Michalson (1983) come questa sia particolarmente legata alla componente cognitiva delle emozioni in quanto richiede di saper usare il “linguaggio delle emozioni”, quindi di riconoscerle, ed implica inoltre la riflessione sull’esperienza emotiva del sé e l’abilità nel riconoscere le risposte emotive anche negli altri.
Una fase cruciale nello sviluppo della regolazione delle emozioni si può osservare dai 4-5 anni e consiste nell’utilizzo di strategie di regolazione dell’attenzione. La consapevolezza della differenza tra l’espressione emozionale e il proprio stato emotivo interiore, porta i bambini a comprendere che non è sufficiente cambiare il proprio comportamento o l’espressione esteriore per modificare lo stato emotivo e che occorre, piuttosto, cambiare la situazione stessa o i processi mentali sottostanti l’emozione (Saarni, 1999).
A partire dall’età scolare, grazie anche all’acquisizione delle abilità metacognitive, i bambini riescono a riflettere sulle proprie emozioni e acquisiscono pertanto capacità maggiori di autoregolazione. A 6 anni iniziano infatti ad utilizzare delle strategie di regolazione più “mentalistiche” ed imparano ad adottare anche ulteriori strategie cognitive come il ridefinire e ricostruire cognitivamente l’evento, evidenziando aspetti che possono ridurne la valenza e l’impatto emotivo (Zammuner e Cigala 2001).
In tal senso una delle strategie di autoregolazione è il reappraisal (ristrutturazione) che si associa ad una riduzione dell’intensità del vissuto emotivo negativo: le esperienze negative possono avere un impatto tale da modificare alcune credenze di base delle persone, ovvero l’insieme di credenze, implicite ed esplicite, con cui si costruisce la propria rappresentazione di sé e del mondo (Janoff-Bulman, 1992). Per superare tale impatto, il soggetto dovrà compiere continui sforzi di carattere cognitivo, finalizzati al mantenimento delle assunzioni di base.
Janoff-Bulman sostiene che le persone sono intrinsecamente motivate nella ricerca di un significato proprio al fine di ristabilire queste assunzioni di base: una prima forma di sviluppo di tale competenza si ha già in bambini di 8 anni.
Ulteriori ed altrettanto importanti modalità di regolazione delle emozioni riguardano la capacità di comunicarle verbalmente e di condividerle socialmente. Molti studi sulla condivisione sociale (social sharing) delle emozioni e sugli effetti della apertura emozionale (emotional disclosure), hanno dimostrato come comunicare verbalmente i propri vissuti e stati emozionali aiuta l’individuo a collocare l’esperienza emozionale in una cornice spazio-temporale che individua e definisce l’emozione e ne favorisce pertanto l’elaborazione (Rimè 2008; Pennebaker 1995).
Saarni (1999) illustra come parlare di socializzazione delle emozioni implica porsi in una prospettiva secondo la quale l’emozione che un individuo prova in un determinato contesto, così come le modalità che possiede per esprimerla, vengono apprese durante le sue interazioni con gli altri.
Secondo Lewis e Michalson (1983) i bambini, attraverso i processi di socializzazione emotiva, imparano come esprimere le proprie emozioni, quando esprimerle, come definirle e verbalizzarle, come riconoscere le emozioni degli altri e come interpretare il comportamento in base agli stati emozionali.
Secondo Morris (Morris et al., 2007) il contesto familiare ha in tutto ciò una grande influenza: la capacità di regolazione emotiva del bambino avviene infatti attraverso tre differenti processi ovvero l’osservazione del comportamento degli altri membri della famiglia, l’osservazione e l’interiorizzazione dei comportamenti che i membri della famiglia mettono in atto nei confronti delle emozioni, il vissuto del clima familiare.
Gli autori, quando parlano del processo dell’osservazione, comprendono alcuni meccanismi, come il modeling ed il contagio emotivo, vale a dire le situazioni grazie alle quali il bambino, osservando il comportamento espressivo dei membri della sua famiglia, comprende quali emozioni sono accettate ed attese nel proprio contesto familiare e quali no, ed impara anche come e quando gestirle.
Per quanto riguarda le reazioni dei genitori di fronte alle emozioni, i risultati di ricerche longitudinali evidenziano che reazioni negative di fronte alle emozioni dei bambini, come ad esempio l’allontanarsi, il minimizzare o il punire, sono associate ad uno scarso adattamento sociale dei bambini e a strategie di regolazione emotiva poco adeguate, come l’evitamento o l’espressione eccessiva di rabbia (Jones, Eisenberg e Fabes, 2002; Snyder et al, 2003).
Al contrario le reazioni genitoriali focalizzate sul problema sembrano essere in relazione alla capacità di coping costruttivo da parte dei bambini (Eisenberg et al, 1996).
A cura della dott.ssa Eugenia Ferrovecchio