Insonnia: l’utilità della terapia cognitivo comportamentale
Chi soffre di insonnia ha un sonno inadeguato, insufficiente e di scarsa qualità. I sintomi che si possono avere in tale condizione sono la difficoltà ad iniziare o mantenere il sonno, un risveglio precoce al mattino e un sonno poco ristoratore.
Oltre a questi sintomi notturni, i quali vengono definiti “indicatori” dell’insonnia, è possibile che spesso siano presenti anche disturbi diurni come l’astenia, la sonnolenza, una difficoltà di concentrazione accompagnati da irritabilità. Gli effetti di una deprivazione prolungata di sonno possono incidere inoltre sulle prestazioni cognitive.
Il sonno è legato a processi fisiologici e psicologici, suscettibili di essere influenzati da vari fattori tra cui l’alimentazione, l’uso di alcool, l’ambiente di vita, lo stress, le preoccupazioni legate alla vita quotidiana, l’esercizio fisico e lo stato emotivo. La qualità del sonno è quindi strettamente connessa agli eventi della nostra vita quotidiana.
Nel loro complesso tutti i disturbi legati al sonno possono avere diversi ed importanti effetti negativi non solo sulla salute ma anche sulla qualità di vita della persona.
Tra i diversi fattori che possono concorrere a tale condizione, è possibile individuare variabili cognitive e comportamentali che contribuiscono all’insorgere ed al mantenimento dell’insonnia.
La terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia, che agisce proprio su tali fattori, è attualmente riconosciuta come il trattamento di prima scelta per l’insonnia primaria cronica, anche in associazione ai trattamenti farmacologici: questo approccio terapeutico comprende sostanzialmente tre moduli: la psicoeducazione, il modulo cognitivo ed il modulo comportamentale. Ciascuno di questi moduli viene strutturato in un protocollo e in una serie di procedure standardizzate.
La terapia cognitivo-comportamentale interviene sui fattori che fanno sì che l’insonnia perduri nel tempo, tra cui una eccessiva quantità di tempo passata a letto, i ritmi di risveglio e di addormentamento irregolari, la preoccupazione eccessiva rispetto alla perdita di sonno, la ruminazione e l’ansia sulle conseguenze diurne di una scarsa qualità del sonno (Morin & Espie 2004).
Inizialmente l’obiettivo sarà quello di modificare le cattive abitudini legate al sonno e di regolare i ritmi sonno-veglia in quanto, generalmente, le persone che soffrono di insonnia cronica non solo persistono nel mantenere abitudini di sonno errate, ma hanno anche orari di sonno irregolari.
Successivamente l’intervento psicoterapeutico sarà volto a correggere le credenze e le attitudini errate verso il sonno.
A completare l’intervento vengono utilizzate varie tecniche di rilassamento corporeo che mirano a ridurre l’arousal, ovvero l’iperattivazione fisiologica, cognitiva ed emotiva, che può essere sicuramente un fattore significativo nel determinare l’insonnia.
Spesso il paziente ha già provato a seguire i consigli che vengono più comunemente dati rispetto all’igiene del sonno: prima di proporre ulteriori interventi è quindi fondamentale che il terapeuta indaghi su cosa è stato precedentemente tentato e se nel paziente è presente la convinzione di aver già provato tutto ciò che poteva.
L’insieme di queste convinzioni potrebbero infatti risultare di ostacolo all’impegno del paziente nei comportamenti che dovrà mettere in atto per la terapia.
L’intervento per l’insonnia più comunemente utilizzato all’inizio è il rilassamento: da oltre trent’anni si ritiene infatti che l’insonnia sia legata ad un eccessivo livello di attivazione fisiologica (Monroe, 1967) anche se vi sono studi che propendono maggiormente nello spiegare l’insonnia come correlata ad una attivazione cognitiva (Harvey 2000b).
Il rilassamento quindi viene utilizzato allo scopo di ridurre due tipi di arousal che si pensa possano interferire con il sonno: l’attivazione fisiologica e quella cognitiva.
Tecniche come il rilassamento muscolare progressivo, il training autogeno e il biofeedback, sono risultate molto valide nel ridurre la tensione muscolare e altri tipi di arousal fisiologico.
Più nello specifico, le tecniche di rilassamento risultano efficaci soprattutto nei casi di insonnia iniziale (Morin et al. 1999; Chesson et al. 1999) mentre il training immaginativo e la meditazione sono usati per contrastare l’arousal cognitivo.
Le terapie che insegnano il rilassamento richiedono tuttavia allenamento e pratica costante e quotidiana, e potrebbe essere necessario un po’ di tempo prima che il paziente ottenga dei risultati.
È importante inoltre che il paziente, prima dell’ora in cui andrà a dormire, si crei una sorta di rituale di addormentamento di circa un’ora o un’ora e mezza, una sorta di routine che lo possa aiutare a staccarsi gradualmente dalle sue attività quotidiane.
Una volta stabilito un orario costante di sospensione del lavoro o delle attività, il rilassamento andrebbe praticato in momenti in cui non ci si aspetta di addormentarsi, lo scopo deve essere solo quello di raggiungere uno stato di rilassamento generale.
Come precedentemente sottolineato, sono vari i fattori esterni che possono giocare un ruolo importante nei disturbi del sonno, e l’educazione all’igiene del sonno insegna ai pazienti che soffrono di insonnia a riconoscerli. Quando si parla di igiene del sonno ci si riferisce a tutto ciò che i pazienti possono fare sia per eliminare alcuni fattori ambientali e comportamentali che interferiscono con il sonno sia per migliorarne la qualità.
I fattori che in questo caso vengono presi in considerazione si possono distinguere in endogeni, ovvero tutti quelle variabili legate allo stile di vita, ed esogeni, relativi cioè all’ambiente di vita.
Relativamente ai fattori endogeni è importante che il paziente segua alcune regole tra cui ad esempio:
- Evitare la caffeina e tutti gli stimolanti dopo cena, in particolare nelle quattro ore precedenti il momento di andare a dormire;
- Evitare di fumare quando è ora di andare a letto o durante i risvegli notturni;
- Non bere alcool la sera tardi;
- Fare attenzione all’alimentazione, in quanto mangiare eccessivamente prima di dormire non aiuta il sonno, come pure mangiare poco e avere quindi fame durante la notte;
- Non fare un bagno caldo meno di due ore prima di andare a dormire in quanto la temperatura corporea eccessiva può disturbare il sonno;
- Non fare esercizio fisico troppo vicino all’ora di andare a dormire, perché questo attiva il sistema nervoso e rende più difficile addormentarsi;
- Fare invece l’esercizio fisico nel tardo pomeriggio o al mattino, perché questo può rendere il sonno più profondo.
Relativamente ai fattori esogeni le indicazioni che generalmente vengono date riguardano la stanza in cui si dorme, che dovrebbe essere possibilmente poco rumorosa, con una temperatura intorno ai 18° C, in quanto il troppo caldo e il troppo freddo possono disturbare il sonno, dovrebbe inoltre avere una buona circolazione d’aria e non essere troppo illuminata.
Alle tecniche di rilassamento e all’igiene del sonno viene poi associata la parte più prettamente comportamentale del trattamento, che riguarda la programmazione del sonno, il cui scopo è quello di ripianificare il sonno, in modo tale da soddisfare le necessità individuali.
Se quindi da un lato ci sono dei comportamenti disadattivi che mantengono l’insonnia, dall’altro anche le variabili cognitive come le credenze errate e le aspettative irrealistiche sul sonno contribuiscono ad una cattiva qualità del sonno.
Quindi la terapia cognitivo comportamentale può prevedere anche un modulo di intervento su tali credenze erronee. Il terapeuta fornisce al paziente una spiegazione di come i fattori cognitivi possano influenzare l’insonnia, e illustra come l’interpretazione e il giudizio personali di una determinata situazione possano modulare la risposta emozionale.
Vengono identificati i pensieri disfunzionali, che rivelano le false credenze sottostanti, e se vi siano anche pensieri intrusivi notturni. Spesso è possibile che vi siano convinzioni e atteggiamenti relativi all’assenza di sonno: le persone che soffrono di insonnia tendano a riferire pensieri più negativi sul sonno e su altri argomenti quali salute, lavoro e famiglia, sia nel periodo precedente l’addormentamento che durante i risvegli notturni. Chi soffre di insonnia tende anche a impegnarsi in attività come il controllare più volte l’orologio o verificare costantemente le proprie sensazioni corporee (Harvey, A. G., 2000a).
Il terapeuta aiuta il paziente a riconoscere le credenze errate e disadattive sul sonno, e offre delle interpretazioni alternative a quelle del paziente che perpetuano il disturbo, così che quest’ultimo possa iniziare a pensare alla propria insonnia in un modo diverso, e gli venga rinforzata la sensazione di poter gestire le difficoltà legate al sonno e alle sue conseguenze diurne.
Il trattamento deve quindi contrastare le idee errate sulle cause dell’insonnia: non è raro che molti pazienti attribuiscono la loro insonnia a specifiche cause scatenanti o fattori stressanti, come la depressione, un cambiamento di lavoro, una separazione, un lutto ecc. Il paziente crede che l’insonnia passerà nel momento in cui la causa stressante non ci sarà più o quando ci si sarà adattati.
Questo tipo di fattori stressanti sono sicuramente coinvolti nel disturbo del sonno, ma l’attribuzione dell’insonnia soltanto a queste cause è controproducente, in quanto spesso sono fattori su cui il paziente può avere scarso controllo.
L’intervento sui contenuti cognitivi è indirizzato alla comprensione del fatto che l’insonnia cronica riguarda sempre quei fattori sia comportamentali che cognitivi, sui quali il paziente può avere un certo grado controllo: in tal senso va aiutato a ragionare sul fatto che, sebbene le cause esterne possano sicuramente avere un ruolo, vi possono essere tanti altri fattori, come una programmazione irregolare del sonno, irregolarità nel ciclo sonno veglia, che possono influire sul problema, sui quali però si può esercitare un certo controllo.
Per individuare alcune idee erronee del paziente sul sonno si può utilizzare la Disfunctional Beliefs and Attitudes about Sleep Scale (DBAS), una scala messa a punto da Morin (Morin 1994), che indaga la presenza di cinque tipi di atteggiamenti e convinzioni che possono in vario modo favorire l’insonnia, cioè la tendenza ad amplificare le conseguenze dell’insonnia, la tendenza al fatalismo e all’impotenza, le aspettative sulle necessità di sonno, le teorie erronee sulla natura dell’insonnia o i fraintendimenti della reale natura del problema e le credenze ingenue o erronee sui rimedi effettivamente utili a combattere l’insonnia.
A cura della dott.ss Eugenia Ferrovecchio