QUANDO È NATA E COME SI È SVILUPPATA LA CRIMINOLOGIA?
I pensatori sono da sempre attratti dalla speculazione sul crimine e sulle sue cause, tuttavia lo studio scientifico della criminalità è iniziato soltanto nel XIX secolo. Per potersi definire scientifica, la criminologia doveva svincolarsi dalla prospettiva morale adottata sino ad allora ed iniziare ad utilizzare i metodi propri delle scienze naturali e sociali.
L’evoluzione del pensiero criminologico è stata segnata dall’alternanza di teorie – anche diametralmente opposte tra loro – sulla natura del crimine e della pena e di modelli criminogenetici diversi.
Una prima contrapposizione è quella tra la scuola classica e la scuola positiva del diritto penale.
La prima (che vede tra i suoi principali esponenti Francesco Carrara e Cesare Beccaria) nasce alla fine del XVIII secolo, in epoca illuminista, e si fonda sul libero arbitrio e sull’imputabilità. Per la scuola classica, il reato è una violazione cosciente e volontaria della norma penale da parte del delinquente (che è quindi imputabile, ovvero capace di intendere e volere) e la pena è retributiva, poiché ha la funzione di compensare il danno arrecato alla società con la commissione dell’atto criminoso e costituisce una contropartita del male compiuto.
La seconda (che tra i suoi maggiori rappresentanti annovera Adolphe Quetelet ed André-Michel Guerry ed i nostrani Cesare Lombroso, Enrico Ferri e Raffaele Garofalo) viene alla luce nel secolo successivo, in pieno clima positivista, ed ha come fondamenti il determinismo e la pericolosità sociale. Per la scuola positiva, gli individui che si macchiano di un delitto sono stati inesorabilmente portati a commetterlo da fattori biopsicologici congeniti o da situazioni ambientali preesistenti; di conseguenza, non ha senso parlare di imputabilità o di punizione (poiché il reo non ha agito in piena libertà), ma ha senso proteggere la società neutralizzando la pericolosità sociale dei delinquenti e prevenire i loro futuri reati, attraverso l’applicazione di misure di sicurezza.
Il determinismo positivista viene declinato in due modi: da un lato il determinismo biologico di Lombroso e dei suoi allievi e dall’altro il determinismo sociale degli statistici Quetelet e Guerry.
Quetelet e Guerry rilevano una concentrazione particolarmente elevata di criminali all’interno delle classi sociali più povere, che vivono in un contesto fatto di miseria, degrado, prostituzione e alcolismo (le cosiddette classi pericolose) e rintracciano i fattori che determinano la criminalità nel contesto in cui il reo è immerso.
Il nostro Codice Penale (il Codice Rocco), promulgato nel 1930, si avvale dei contributi di entrambe le scuole, adottando il sistema definito doppio binario, che affianca alla possibilità di infliggere una pena l’eventualità di applicare una misura di sicurezza.
In secondo luogo, la storia della criminologia è stata segnata dall’antagonismo tra modelli biologici, modelli psicologici e modelli sociologici. Tutti e tre i tipi di approccio scaturiscono dal determinismo della scuola positiva ma i primi due pongono a fondamento del crimine la costituzione biopsichica del reo (ind. individualistico), mentre il terzo sottolinea il ruolo criminogenetico della realtà socioambientale (es. Scuola di Chicago).
La criminologia moderna tende ad interpretare la criminalità in modo sempre più integrato e multifattoriale.
Spesso le tendenze del pensiero criminologico che si sono avvicendate nel tempo riflettono concezioni diverse dell’indole umana, che si collocano lungo un continuum che va dal pensiero ottimistico di Rousseau (che vedeva l’uomo nel suo stato di natura come una creatura pacifica e felice, un buon selvaggio) a quello di Hobbes (homo homini lupus).
Oggi, le acquisizioni delle scienze naturali e dell’evoluzionismo sono in grado di collocare la natura umana in una posizione intermedia.
Inoltre, la moderna criminologia ha eliminato la dicotomia tra persone “normali” e delinquenti. Chi commette un reato, anche efferato, non è stato colto da un raptus e nella stragrande maggioranza dei casi è sano di mente; non c’è differenza qualitativa tra i meccanismi psichici da cui scaturisce il comportamento criminale e quelli che sottostanno al comportamento “normale”.
Bibliografia
• PONTI G., MERZAGORA BETSOS I., Compendio di criminologia. Quinta edizione, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2008
• STRANO M., Manuale di Criminologia Clinica, Firenze, Società Editrice Europea, 2003
A cura della dott.ssa Ester Belfatto