Cos’è la Neuroetica?
La neuroetica (nella sua accezione di neuroscienza dell’etica) è un campo di studio nato in tempi molto recenti, finalizzato ad indagare la morale umana con le tecnologie neuroscientifiche più attuali.
«Studiando le basi neurobiologiche del comportamento umano, sia normale che deviante, e utilizzando le moderne metodologie di studio del cervello in azione, quali la tomografia ad emissione di positroni (PET), la risonanza magnetica strutturale (MRI), la risonanza magnetica funzionale (fMRI), unitamente agli studi di genetica molecolare, è possibile (…) riuscire a capire i correlati neurologici e genetici che sono alla base del controllo del comportamento, in particolare di quello impulsivo e dell’aggressività, sia nel soggetto sano che in uno affetto da disturbi psichici»1.
Perizie e consulenze che si avvalgono di tali metodologie possono rivelarsi cruciali in tribunale; in breve, si tratta di:
– rilevare, attraverso l’impiego di tecniche di neuroimaging, differenze morfologiche e/o funzionali a livello di aree cerebrali coinvolte nella gestione dell’impulsività e, di conseguenza, nella messa in atto di comportamenti violenti o parafilici (es. una loro minore densità neuronale, una loro minore attivazione o masse tumorali che le coinvolgono);
– verificare, attraverso indagini di genetica molecolare, la presenza di varianti genetiche associate ad un maggior rischio di adottare comportamenti aggressivi (es. variante L del gene MAO-A);
– sottoporre il soggetto alla versione autobiografica dello Iat (Implicit association test), una sorta di “macchina della memoria” che consente, con un margine di errore dell’8%, di individuare le risposte menzognere in base all’allungamento dei tempi di risposta.
La neuroetica – che ha il merito di rimarcare la sostanziale identità tra mente e cervello – si concentra quindi sui fattori biologici che predisporrebbero il soggetto che li possiede alla violenza e al crimine, riaccendendo così l’interrogativo sull’esistenza del libero arbitrio, che era stato sollevato dalla scuola positiva.
Tuttavia, la stessa neuroetica sottolinea come non ci sia alcun determinismo assoluto. Ad esempio, per quanto riguarda le varianti geniche che predispongono alla violenza, di fondamentale importanza è l’ambiente in cui il l’organismo si trova, inteso anche come stile di vita adottato, emozioni vissute e traumi subiti, in grado di modulare l’espressione dei geni stessi (epigenetica); quindi, tali varianti non possono essere causa diretta e necessaria della messa in atto di comportamenti aggressivi ma, al massimo, possono comportare una ridotta capacità a resistere a sollecitazioni di tipo violento.
Note
1 M. CANNAVICCI, Neuroimaging e criminologia, in R. DE LUCA, C. MACRÌ, B. ZOLI, Anatomia del crimine in Italia. Manuale di Criminologia, Milano, Giuffrè Editore, 2013, pp. 291-330, p. 291.
Bibliografia
• CALDELLI V, Io, nel labirinto della mente. Così accertai che la Franzoni era sinceramente convinta di essere innocente (intervista a Pietro Pietrini), in quotidiano.net, 11 febbraio 2014, <http://www.quotidiano.net/cultura/2014/02/11/1023737-cervello-pietrini-franzoni.shtml>
• CANNAVICCI M., Neuroimaging e criminologia, in R. DE LUCA, C. MACRÌ, B. ZOLI, Anatomia del crimine in Italia. Manuale di Criminologia, Milano, Giuffrè Editore, 2013, pp. 291-330
• GABAGLIO L., Galeotto fu il cervello, in L’Espresso, 6 giugno 2014
• LORENZETTO S., Ha inventato la macchina che smaschera i mentitori (intervista a Giuseppe Sartori), in il Giornale, 11 settembre 2011, <http://www.ilgiornale.it/news/ha-inventato-macchina-che-smaschera-i-mentitori.html>
• OVADIA D., Il caso di Como e le neuroscienze in tribunale, in Le Scienze Blog, 6 settembre 2011, <http://ovadia-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/09/06/il-caso-di-como-e-le-neuroscienze-in-tribunale/>
• OVADIA D., Quando il giudice ti legge nel pensiero, in Focus, gennaio 2015
A cura della Dott.ssa Ester Belfatto