IL MONITORAGGIO GENITORIALE IN ADOLESCENZA

A cura di Francesca Macchi

L’adolescenza è una fase del ciclo di vita di particolare delicatezza, dovuta a cambiamenti ormonali e sociali, caratterizzata da una richiesta di maggiore autonomia da parte dei ragazzi e una minor dipendenza dalle figure genitoriali, la cui importanza rimane comunque primaria.

Gli adolescenti sono interessati a passare la maggior parte del proprio tempo libero con il gruppo dei pari, molto spesso fuori casa, riducendo la possibilità di monitoraggio e supervisione da parte dei genitori delle loro attività e dei loro spostamenti.

Studi recenti hanno evidenziato il ruolo primario del parental monitoring, connesso a una buona e aperta comunicazione tra genitore e figlio già a partire dall’infanzia, nella riduzione del rischio di avvicinarsi – e consumare – sostanze stupefacenti e alcoliche tra i più giovani. Ha impatto anche sull’adozione da parte dell’adolescente di condotte antisociali, sia internalizzanti che esternalizzanti. Di fondamentale importanza non solo è la concezione che l’adulto ha delle proprie competenze di monitoraggio e delle proprie competenze genitoriali in generale, ma anche come l’adolescente percepisce il monitoraggio da parte del genitore e il dialogo con lui.

I giovani che si sentono ascoltati e compresi dai propri genitori, che sentono quindi che gli adulti hanno fiducia in loro, accolgono le regole da loro imposte e si aprono al dialogo con loro, raccontando liberamente delle proprie uscite e delle proprie attività con i pari fuori dai confini della casa, hanno meno probabilità di usare – e abusare di – sostanze, perchè supportati, senza costrizione nè manipolazione, nella crescita e nello sviluppo all’autonomia.

L’articolo si propone di definire il concetto di monitoraggio genitoriale e quali sono gli elementi che lo costituiscono, come l’imposizione di limiti e la conoscenza delle attività dei figli, sulla base della letteratura esistente, e di evidenziare la sua influenza sul comportamento adolescenziale, alla luce dei dati derivati da recenti studi scientifici.

INTRODUZIONE

Adolescenza” è il termine utilizzato per indicare quel periodo del ciclo di vita, considerabile di passaggio, “tra la fanciullezza e l’età adulta, durante il quale nella persona si verificano una serie di cambiamenti radicali che riguardano il corpo, la mente e i comportamenti” (Palmonari 2018, p.7). In questa fase, diventa importante il ruolo dei genitori, da cui l’adolescente trae un modello di riferimento su cui costruisce le proprie azioni e il proprio comportamento; quindi, essi hanno un’influenza significativa sullo sviluppo e il funzionamento del figlio (Costa et al., 2019).

Durante il periodo dell’adolescenza, si può parlare, da parte dei genitori, di “protezione flessibile”, perchè gli atteggiamenti di cura e responsabilità oscillano tra il considerare che il proprio figlio è ancora dipendente da loro e la sua necessità sempre maggiore di autonomia (Scabini, 1995). Infatti, con l’aumentare dell’età, i figli cercano di essere sempre più autonomi e a cercare attività che sfuggano dal controllo del genitore e, spesso, di queste attività ne tengono all’oscuro la madre e il padre. Dall’altra parte, il genitore cerca di monitorare queste attività pur accogliendo il bisogno di autonomia dell’adolescente.

Da questo deriva che la presenza del genitore, dunque la sua supervisione e la sua consapevolezza circa le attività del figlio, influiscono sulla crescita del figlio stesso, diventando fattore di protezione relativamente all’insorgenza di comportamenti a rischio nell’adolescente, come viene illustrato in questo articolo.

Cosa è il “Parental monitoring” 

Per monitoraggio genitoriale, o parental monitoring, Dishion e McMahon (1998, p. 61) intendono “un insieme di comportamenti correlati di parenting che implica attenzione e rilevamento dei luoghi, delle attività e degli adattamenti del figlio”.

Il monitoraggio genitoriale, sempre secondo gli autori, è incluso in un sistema complesso costituito dalle credenze, dalle motivazioni, dalle norme e dai valori dei genitori, così come dalla loro capacità di orientare e monitorare i comportamenti del figlio, essendo a conoscenza delle sue attività.

Il sostegno e il controllo sono le primarie strategie che usano i genitori per comprendere i comportamenti del figlio (Ciairano et al., 2001). Quando il genitore è in grado di cogliere i segnali, gli stati emotivi e i bisogni del figlio, si parla di sostegno, che deriva dalla capacità del genitore di ascoltare, fornire risposta emotiva adeguata e apertura al dialogo. I comportamenti che il genitore attua per supervisionare il figlio, invece, rientrano nel controllo.

Secondo Trincas , Patrizi e Couyoumdjian (2008), il monitoraggio genitoriale si potrebbe, nel concreto, identificare come: – Attività di controllo diretto, come suggerimenti, regole, istruzioni, limiti, divieti e punizioni. – La capacità del genitore di osservare il comportamento del figlio e carpire informazioni sulle sue attività, anche facendo a conoscenti o familiari domande esplicite su queste (conoscenza indiretta) Come conseguenza delle strategie, dirette o indirette, di monitoring, il genitore può avere consapevolezza (o meno) delle attività del figlio.

Analisi di un episodio di parental monitoring

Uno studio venne condotto da Hayes, Hudson e Matthews (2007), in cui si analizzò un singolo episodio di monitoraggio genitoriale relativo a un’uscita di casa del figlio adolescente, utilizzando tre costrutti generali: regole, supervisione e conflitto.

L’episodio era costituito da quattro momenti: monitoraggio del figlio prima di uscire di casa (domande dirette sul luogo in cui andrà e la compagnia e/o imposizione dell’orario di coprifuoco); monitoraggio al rientro a casa del figlio (sia domande dirette che invito a raccontare liberamente); reazione del genitore al racconto del figlio (sollievo o ramanzina) e infine la reazione dell’adolescente (consenso o dissenso, che permette di capire se ha un atteggiamento aperto o chiuso alle reazioni del genitore). Ne è emerso che se il genitore impone regole chiare e si interessa direttamente delle attività del figlio (alto livello di monitoraggio), gli episodi di conflitto si riducono e l’adolescente ha atteggiamenti di dissenso inferiori.

Importanza del parental monitoring in adolescenza

Secondo Vieno e Pastore (2009) per creare un clima ideale per favorire l’apertura dei figli, ancora pre-adolescenti, occorre che, oltre al controllo genitoriale, ci sia anche una relazione genitore-figlio di buona qualità, che si basi su affetto, sostegno e comprensione (verso il figlio). Il monitoraggio resta comunque importante perchè facente parte del processo che porta il figlio a raggiungere gradualmente e progressivamente l’autonomia. Nel rapporto genitori-figli adolescenti gioca un ruolo cruciale la comunicazione, perchè se questa è adeguata, i figli adolescenti percepiscono come affidabili i genitori stessi; dunque, saranno anche più disposti ad aprirsi con loro, raccontando della propria giornata e dei propri spostamenti. Infatti, Stattin e Kerr (2000) osservarono che un elemento che ha un impatto rilevante sul parental monitoring è come l’adolescente stesso si comporta, ovvero, come può rendere più semplice la conoscenza di sè ai propri genitori (bidirezionalità del monitoring). Questo rapporto di fiducia, che influenza anche la buona riuscita dei comportamenti di monitoraggio genitoriale, deriva dal giusto equilibrio tra autonomia/individuazione e relazioni/connessioni (Ying et al., 2015). Importante considerare che se il genitore apporta dei cambiamenti alle sue modalità di supervisione, soprattutto per quanto riguarda il controllo diretto, l’adolescente potrebbe esserne influenzato nella volontà di aprirsi al genitore nella comunicazione (Keijsers et al., 2016).

Parental monitoring e comportamenti a rischio in adolescenza 

La supervisione da parte del genitore e la sua consapevolezza circa le attività del figlio, soprattutto se adolescente, diventa importante per studiare i comportamenti a rischio degli adolescenti e le possibili strategie preventive.

Per esempio, nel 2008 l’Office of National Drug Control Policy statunitense sostenne l’importanza del monitoraggio genitoriale come fattore protettivo, riducendo il rischio che un pre-adolescente si avvicini a sigarette e marijuana e all’uso di sostanze stupefacenti anche nel tardo adolescente, proprio perchè il monitoraggio genitoriale ha effetto a lungo termine.

Particolari risultati arrivano da uno studio di Cattelino, Calandri e Bonino (2001), in cui essi sostengono che il monitoraggio genitoriale è sì importante, ma impatta diversamente sul figlio in base alla fascia d’età adolescenziale considerata. Ovvero, esiste una correlazione negativa tra parental monitoring e comportamenti a rischio specialmente nella fascia d’età 14-15 anni, quindi che genitori consapevoli delle attività e degli spostamenti del figlio riducono il rischio che questo adottino comportamenti disfunzionali.

Questo riscontro positivo si osserva anche nella fascia d’età 16-17 anni, predetto da alti livelli di sostegno. Sorprendentemente, al contrario, aumenta il rischio di coinvolgimento in comportamenti problematici in giovani di età 18-19 anni in situazioni di alto livello di controllo genitoriale, probabilmente perché i giovani adulti già hanno fatto proprie le regole genitoriali apprese in precedenza e si ritengono sufficientemente maturi per regolare autonomamente la propria condotta; quindi, questo controllo viene visto come un ostacolo a questa autonomia. In sintesi, “il maggior benessere a 14-15 anni è legato a livelli medi e alti di sostegno e a un alto controllo; a 16-17 anni esso è legato a un sostegno medio o alto e a 18-19 anni a livelli elevati di sostegno e bassi di controllo” (Cattelino et al, 2001, p.7).

Oltre ai cambiamenti nelle relazioni genitore-figlio durante la prima adolescenza, va considerato il gruppo di pari degli adolescenti: il ragazzo o la ragazza passa molto più tempo con i coetanei; quindi, il monitoraggio del genitore cala (Lam, McHale e Crouter, 2014). Ciò aumenta il rischio di uso di sostanze alcoliche e/o stupefacenti, poiché una minore supervisione da parte dei genitori è correlata alla tendenza degli adolescenti ad accompagnarsi a coetanei che già fanno uso di sostanze (Wills e Yaeger, 2003). Oltre alle attività di monitoraggio da parte degli adulti, anche l’apertura al dialogo dei figli è da ritenere come un fattore altamente predittivo della condotta che l’adolescente tiene fuori casa, se il ragazzo parla spontaneamente di quello che accade nelle sue uscite, sarà meno probabile che adotti comportamenti antisociali, mentre se è poco comunicativo rischia di essere maggiormente esposto alla possibilità di mettere in atto comportamenti antisociali (Stattin e Kerr, 2000).

Alcuni studi, come quello di Wang e colleghi (2013), hanno considerato sia la qualità della comunicazione tra i genitori e il figlio adolescente e la qualità del monitoraggio genitoriale. Da questo si evince che una maggior apertura nella comunicazione ambo le parti e le regole sul coprifuoco sono associate a un rischio minore di uso di sostanze durante la prima adolescenza; di contro, se non c’è apertura al dialogo e in assenza di regole, c’è un maggior rischio di uso di alcol e marijuana già in terza media.

Controllo psicologico genitoriale: quando il controllo diventa disfunzionale

Abbate e Costa (2023, p. 8) definiscono il controllo psicologico genitoriale come “un insieme di comportamenti genitoriali manipolativi, controllanti e coercitivi che si intromettono nel dominio psicologico dei figli, non rispettandone l’individualità ed i bisogni psicologici, con l’obiettivo di rispettare le aspettative genitoriali, ottenere l’obbedienza indiscriminata e mantenere la dipendenza fisica, emotiva e psicologica”. È fondamentale ricordare che questo tipo di controllo non ha nulla a che vedere con il monitoring parentale, poichè è una pratica genitoriale altamente disfunzionale. In questo caso il genitore non fornisce supervisione, guida e regole sane, ma attua pressione, costrizione e manipolazione che non supportano la crescita e lo sviluppo all’autonomia (Soenens & Vansteenkiste, 2019). Infatti, in situazioni in cui il figlio subisce controllo psicologico, aumenta il rischio che questo adotti maggiormente comportamenti problematici sia interiorizzanti che esternalizzanti (Yan, et al., 2020). 

Il controllo psicologico genitoriale è caratterizzato da: 

  • Induzione di colpa e ansia; il genitore fa sentire in colpa il figlio per manipolarlo a fare esattamente come dice lui 
  • Manipolazione dell’amore; si punisce il figlio quando questo non si comporta come desidera il genitore privandolo di forme d’affetto – Invalidazione dei sentimenti e delle prospettive; il genitore reagisce in maniera sarcastica o sminuente all’espressione dei sentimenti dei figli – Interferenza nelle espressioni verbali e delle intenzioni comportamentali; attivamente il genitore interrompe il figlio, sceglie gli argomenti della sua conversazione o si disinteressa di ciò che dice – Comportamento emotivo irregolare; le risposte emotive del genitore oscillano tra cura e attacco, in base ai propri desideri e non a quelli del figlio – Attacchi personali e vergogna; evidenziando gli errori del figlio per provare la sua mancanza di valore – Controllo intrusivo; ossia esplicita violazione degli spazi personali del figlio – Intimidazioni manipolative; il genitore minaccia il figlio di punirlo se non fa come dice lui

Conclusioni 

La gestione del figlio adolescente può essere sfidante per una coppia genitoriale; dunque, diventa di primaria importanza instaurare previamente una buona relazione comunicativa con il figlio già nella fase infantile e preadolescenziale, perchè questo sia più propenso a comunicare volontariamente ai propri genitori dove andrà, cosa farà, chi incontrerà e ad accettare che il genitore si interessi alle sue attività, facilitando, in un certo senso, l’attività stessa di monitoring parentale.

Diventa anche importante comprendere come la qualità del rapporto co-genitoriale, considerato da Merenda (2019, p. 61) come un’“impresa familiare, cogestita da due (o più) adulti che insieme assumono la cura e l’educazione dei bambini per i quali ne condividono la responsabilità”, influisca sulla coerenza delle attività di supervisione sia della madre che del padre.

Ciò significa che, perchè le attività di supervisione genitoriale abbiano effetto positivo, entrambi i genitori devono essere coerenti sia nello stile genitoriale sia nei comportamenti di parental monitoring adottati. Il parental monitoring assume infine importanza soprattutto per la prevenzione primaria dei comportamenti disfunzionali nella fascia d’età 14-16 anni e, da ciò, la necessità di sviluppare interventi parent training per insegnare ai genitori come gestire il figlio, supervisionandolo attraverso uno stile genitoriale di tipo autorevole.

Per inciso, il parent training (PT) “è un intervento rivolto al sostegno della genitorialità”, il cui obiettivo è quello di “incrementare i livelli di competenza ed efficacia del genitore nel monitorare e gestire il comportamento dei bambini” allenando i genitori a “riconoscere e rinforzare i comportamenti positivi del figlio” (Buonanno e Muratori, 2020, p. 13).

Infatti, un intervento per genitori che si concentra sul migliorare la modalità di comunicazione con i propri figli adolescenti riguardo l’uso di sostanze e altri comportamenti antisociali perchè sia aperta e non conflittuale, potrebbe avere un impatto positivo sui giovani (Rusby et al., 2018).

Se i giovani percepiscono come povero il proprio rapporto con i genitori, quindi caratterizzato da scarsa comunicazione, scarse regole, disinteresse sulle proprie attività da parte dei genitori, anche l’uso di alcol sarà più probabile, indipendentemente da come i genitori valutano la propria capacità di monitoring e le proprie competenze genitoriali in generale (Weymouth et al., 2016).

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