INVECCHIARE BENE: RESILIENZA E TERZA ETÀ
a cura di Fidalma Valentina Ritondò
La resilienza si configura come la capacità di adattarsi positivamente a situazioni di vita avverse. Nell’ambito della terza età, la resilienza assume un ruolo cruciale nell’ottica di garantire alla persona di invecchiare bene. Attualmente, può essere determinante riflettere circa il concetto di resilienza rispetto la terza età, le sue determinanti nonché le strategie per promuoverla.
L’invecchiamento della popolazione costituisce, ormai, una realtà globale che pone nuove sfide in capo ai sistemi sanitari e sociali; in questo contesto, la resilienza si configura come una risorsa essenziale per affrontare le difficoltà legate all’età avanzata, mantenere il benessere e la qualità della vita della persona che invecchia.
- La resilienza: cos’è e come nasce
Alcuni concetti hanno una vita tortuosa, nascono in ambiti disciplinari tecnici e conoscono – solo successivamente – ambiti di applicazione nuovi, finendo così per riuscire a descrivere concetti molto lontani dal campo in cui hanno avuto origine: resilienza è uno di questi concetti (Southwick et al., 2014).
Il termine “resilienza” trae le sue origini nettamente al di fuori dell’ambito delle scienze umane, usato in origine in ambito ingegneristico e metallurgico per denotare la proprietà di un corpo a resistere – senza rompersi – a sollecitazioni esterne brusche o durature, a forze dinamiche quali torsioni e urti; traslato poi in ambito informatico per indicare la capacità di un sistema operativo di adattarsi alle condizioni d’uso nonché e di resistere all’usura (Bertetti, 2008).
Solo in un secondo momento la parola resilienza, per analogia, ha iniziato ad indicare in ambito sociale e psicologico l’attitudine di una persona a sapersi adattare in maniera positiva alle difficoltà e la capacità di reagire positivamente ad eventi potenzialmente traumatici o avversi, trasformandoli in occasioni per riorganizzare in chiave positiva la propria esistenza (Southwick et al., 2014; Bertetti, 2008).
La resilienza indica «la capacità di un individuo di resistere agli urti della vita senza spezzarsi o incrinarsi, mantenendo e, anche, potenziando le proprie capacità sul piano personale e sociale. Dimensione umana, che presuppone una competenza biofisica innata, che si attiva in una situazione molto minacciosa per l’integrità fisica e psichica e in un’energia dinamica attiva, a conservazione della propria integrità» (Bertetti, 2008, p.17).
1.1 Definizioni di resilienza
I riferimenti teorici alla resilienza sono molteplici, così come molteplici risultano le sfide che lo studio della resilienza pone. La prima sfida è rappresentata dalla definizione del termine, poiché attualmente la letteratura scientifica non dispone di una definizione unica e condivisa; al contrario, le definizioni di resilienza sono molteplici e spaziano tra loro ma il punto di congiunzione è rappresentato dal riconoscimento della complessità del fenomeno e dall’individuazione di diverse variabili in interazione tra loro (Southwick et al., 2014; Putton, Fortugno, 2006).
La letteratura scientifica, attualmente, dispone di diverse concettualizzazioni del termine. Alla luce della definizione elaborata da Zani e Cicognani (1999) «per resilience si intende la capacità del soggetto di mantenere un discreto livello di adattamento anche in condizioni di vita particolarmente sfavorevoli» (Putton, Fortugno, 2006, p.15), tale definizione fa riferimento alla capacità di essere flessibili e resistere agli urti e sottolinea che «si tratta di un concetto che fa riferimento sia alle abilità dei singoli di far fronte allo stress, sia al risultato di un buon adattamento» (Putton, Fortugno, 2006, p.15). Stefan Vanistendeal (2000), invece, sostiene che la resilienza non designa soltanto «la capacità di opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, non si limita a una resistenza, ma permette la costruzione, anzi la ricostruzione di un percorso di vita» (Putton, Fortugno, 2006, p.14). Boris Cyrulnik (2000) definisce la resilienza come «una trama dove il filo dello sviluppo si intreccia con quello affettivo e sociale, come un reticolo fatto di interazioni dell’individuo con l’ambiente. […] gli individui resilienti non sono quindi dei superuomini o degli invincibili ma sono piuttosto persone che hanno trovato in sé stessi, nelle relazioni umane, nei contesti di vita gli elementi e la forza per superare le avversità» (Putton, Fortugno, 2006, p.15). Marie Anaut (2003) evidenzia il fatto che «la resilienza permette di superare le difficoltà, ma non rende invincibili gli individui, né è una caratteristica presente nel corso di tutta la vita […], nessuno è un supereroe anche se in passato si è dimostrato resiliente» (Putton, Fortugno, 2006, p.14). Invero, Anna Oliverio Ferraris (2003) considera la resilienza come «un tratto della personalità composito, in cui convergono fattori di varia natura – cognitivi, emotivi, sociali, educativi, esperienziali, maturativi – che con la loro azione congiunta mobilitano le risorse dei singoli, dei gruppi e delle comunità. In questo senso l’azione della resilienza può essere paragonata al sistema immunitario con cui il nostro organismo risponde alle aggressioni dei batteri. Di fronte agli stress e ai colpi della vita. La resilienza dà infatti luogo a risposte flessibili che si adattano alle diverse circostanze ed esigenze del momento» (Putton, Fortugno, 2006, pp.15-16); l’autrice sottolinea la complessità del fenomeno e attribuisce l’abilità di resistere ai traumi, superarli e fortificarsi non solo agli individui singoli ma anche ai gruppi ed alle comunità (Putton, Fortugno, 2006).
- Ambiti di ricerca
Attualmente, il tema della resilienza costituisce un ambito di studio sul fronte di molteplici discipline.
Nell’ambito psicologico e psicopatologico la resilienza rappresenta «la capacità di un individuo di riuscire ad evolvere, nonostante la presenza di fattori di stress che indicano un’alta probabilità di rischio psichico o sociale» (Bertetti, 2008, p.20), attualmente «la resilienza viene […] riconosciuta come la potenziale capacità umana di riuscire ad affrontare le grandi sfide della vita e le situazioni traumatiche in termini non più solo difensivi, ma in una prospettiva di espressione di capacità costruttive individuali» (Bertetti, 2008, p.20).
Inoltre, in tale ambito di studio, il concetto di resilienza usato in riferimento ad una comunità o ad un gruppo rappresenta una condizione che contribuisce al rafforzamento del senso di coesione tra i membri e potenzia le loro capacità vitali.
Nell’ottica sistemica, la resilienza si configura come la capacità che ha un sistema – familiare e/o sociale – di resistere e far fronte ai mutamenti, improvvisi ed imprevisti, provocati da condizioni esterne e di superare lo stato di crisi mediante un cambiamento qualitativo che possa garantire e mantenere la coesione strutturale e funzionale del gruppo (Bertetti, 2008).
Infine, in ambito psico-educativo si sottolinea l’aspetto dinamico ed evolutivo del comportamento resiliente, ponendo in particolare rilievo la realizzazione di progetti e/o interventi e metodologie finalizzate al potenziamento delle competenze resilienti. Tale approccio focalizza l’attenzione soprattutto sulla promozione e lo sviluppo delle capacità resilienti della persona, le quali possono – al contempo – potenziare le capacità personali e la stima di sé nonché sostenere le relazioni di aiuto nei momenti di alto rischio traumatico e sostenere il benessere individuale (Bertetti, 2008).
2. La resilienza come risposta al naturale processo di invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione determina un aumento della percentuale di adulti anziani che vivono nella propria casa all’interno della comunità stessa; vivere nella propria dimensione domestica quando si invecchia richiede lo sviluppo di diverse abilità trasversali, poiché il processo fisiologico di invecchiamento comporta vari mutamenti rispetto le funzioni fisiologiche, biologiche, psicologiche, mentali e sociali e – conseguentemente – può influire sulla capacità dell’individuo di svolgere le normali attività quotidiane (Sigurðardóttir et al., 2022).
Adattarsi alle difficoltà che il naturale processo di invecchiamento può comportare richiede capacità di resilienza; la resilienza indica l’attitudine di una persona nel sapersi adattare in maniera positiva alle difficoltà e la capacità di reagire positivamente ad eventi potenzialmente traumatici, trasformandoli in occasioni per riorganizzare la propria esistenza (Bertetti, 2008; Southwick et al. 2014).
La resilienza psicologica si configura come la capacità di fronteggiare – mentalmente o emotivamente – una crisi e tornare rapidamente allo stato precrisi. Si tratta di una capacità che emerge nelle persone che sviluppano una resistenza psicologica che permette loro di mantenere il controllo durante la crisi e proseguire con la propria vita dopo la cessazione dell’evento potenzialmente stressante, senza riportare conseguenze nel lungo periodo (Giacometti, 2020). È resiliente un individuo che «è stato messo alla prova e continua a dimostrare risposte sane allo stress psicologico e fisiologico» (Southwick et al., 2014, p.1). Numerose ricerche hanno dimostrato che livelli più alti di resilienza sono correlati a risultati migliori in termini di salute mentale (Wells, 2010).
Nell’ambito della terza età, la complessità degli interventi professionali rivolti alla popolazione anziana è determinata dalla necessità di considerare – in contemporanea – bisogni, diritti, vulnerabilità, risorse e potenzialità della persona nonché del sistema famiglia da cui proviene (Campanini, 2020): è in questo quadro che si colloca la capacità di resilienza dell’anziano che, operativamente, si traduce nella capacità della persona di avere un ruolo attivo nelle decisioni e negli interventi che riguardano la propria esistenza.
Gli anziani affrontano numerosi cambiamenti e sfide, tra cui problemi di salute, mutamenti nello status sociale e nelle abilità fisiche, nei ritmi e nei tempi di svolgimento delle normali azioni quotidiane; tuttavia, molti mostrano una notevole capacità di recupero e successivo adattamento alle nuove condizioni.
Mentre in passato l’età anziana veniva considerata meramente come una stagione della vita, attualmente si è registrato un cambiamento nella rappresentazione sociale della terza età; pertanto, alla luce dei cambiamenti demografici, l’evoluzione del concetto stesso di invecchiamento e del prolungarsi della vita, si rende necessario – anche e soprattutto in età avanzata – promuovere, sostenere e accompagnare percorsi di cambiamento, nell’ottica della migliore qualità di vita possibile e della ricerca di nuovi equilibri, serenità, salute e benessere psicofisico (Longoni, 2023). Sostenere lo sviluppo di alti livelli di resilienza può essere un fattore capace di aiutare gli anziani a adattarsi alle difficoltà associate al processo naturale di invecchiamento (Wells, 2010).
La capacità di resilienza degli anziani richiama la capacità di mantenere o recuperare il benessere psicologico nonostante l’esposizione a stress significativo; tale concetto risulta cruciale per comprendere come gli anziani possano vivere una vita soddisfacente e significativa nonostante le difficoltà che possono incontrare nel loro percorso di vita. La resilienza, in questo quadro, è associata a un miglior benessere mentale, una migliore qualità della vita e una maggiore longevità.
Studi dimostrano che la maggior parte degli anziani, per poter attivare le proprie capacità di resilienza e far fronte alle situazioni di stress e disagio, ha bisogno di “non essere lasciato solo”; la resilienza acquista – dunque – valore innovativo nella misura in cui esalta le potenzialità del soggetto e non i suoi deficit. Risulta – pertanto – determinante riconoscere le forze e risorse, seppur residue, della persona, al fine di valorizzarle, permettendone l’espressione e ravvivando ciò che è latente. Tali aspetti sono molto più rilevanti per le persone anziane le cui capacità residuali funzionali dei vari organi ed apparati risultano già notevolmente ridotte anche in assenza di malattia, infatti, in riferimento a tale fascia di popolazione l’utilizzo di alcune procedure quali il counseling, l’adattamento, l’empowerment, il coaching, possono rappresentare la chiave che può attivare le capacità resilienti per generare e promuovere la salute e il benessere (Macchione, 2013).
- Terza età e resilienza come processo tra fattori di rischio e fattori di protezione
Diversi sono i fattori di rischio e i fattori protettivi che modulano la risposta dell’individuo ad una situazione stressante e/o potenzialmente traumatica. Diversi autori evidenziano come in presenza di fattori di rischio è ragguardevole la rilevanza dei fattori di protezione per il potenziamento della resilienza nella persona, questi devono essere considerati con riferimento all’unicità della storia personale (Putton, 2006).
Fattori di rischio e fattori di protezione risultano altamente interconnessi e coesistono poiché nessuno di questi assume nel tempo la medesima valenza o può essere ritenuto immutabile: fattori di rischio e fattori di protezione si intrecciano continuamente in un processo complesso, articolato, multiforme e dinamico (Bertetti, 2008). «Gli studi hanno evidenziato che i fattori di rischio non necessariamente provocano disagio quando sono presenti fattori di protezione e che un solo fattore di rischio non è sufficiente per un mal adattamento, ma sono necessari più fattori per cui si parla di rischio cumulativo» (Putton, 2006, p.20).
3.1 Fattori di rischio
I fattori di rischio confluiscono in diversi ambiti della vita dell’individuo e per diversi livelli:
- A livello individuale risulta rilevante la predisposizione innata, che rimanda principalmente a fattori genetici, ma sono considerevoli anche i fattori psichici e relazionali, quali bassa autostima, alto livello di rabbia e aggressività, comportamenti distruttivi, isolamento sociale, malattie mentali, difficoltà a stabilire e mantenere relazioni interpersonali positive, scarsa capacità di gestione dello stress;
- A livello familiare confluiscono sia variabili strutturali che funzionali, quali lo status socioeconomico, abusi, comportamenti antisociali, devianze, carenze di tipo affettivo;
- A livello comunitario fattori incidenti sono i comportamenti devianti, la forte mobilità, la povertà, un’alta densità urbana dell’area in cui la persona vive (Sigurðardóttir et al., 2022; Putton, 2006).
3.2 Fattori di protezione
I fattori protettivi si caratterizzano per la capacità «di inserirsi nel trauma come “cuscinetto” contro gli effetti negativi del fattore di rischio di disturbo psico-fisico, limitando la catena di reazioni negative che contribuiscono allo sviluppo di conseguenze a lungo termine» (Bertetti, 2008, p.33).
L’articolazione su più livelli circa i fattori di rischio è valida anche per i fattori di protezione, i quali comprendono:
- A livello individuale, un quoziente intellettivo elevato, temperamento aperto nelle relazioni sociali, capacità relazionali d’adattamento e d’empatia, autonomia ed efficacia nei rapporti interpersonali, autonomia, capacità di problem solving, capacità di prendere decisioni, capacità di anticipare e saper prevedere, senso dell’umorismo e creatività, consapevolezza di aver valore, capacità di porsi degli obiettivi e saperli realizzare (Putton, 2006);
- A livello familiare incidono la coesione, il sostegno affettivo, il sostegno da parte della famiglia allargata, legami significativi, coinvolgimento nelle attività e consapevolezza del loro valore;
- A livello di comunità, invece, confluiscono il coinvolgimento del gruppo del pari in attività o interventi mirati alla promozione del benessere, iniziative adeguate volte a favorire la coesione sociale, la solidarietà e la partecipazione (Sigurðardóttir et al., 2022; Putton, 2006).
- Promuovere la resilienza nell’anziano
È importante sostenere e rafforzare i fattori di protezione, al fine di promuovere un invecchiamento di qualità, infatti, «le predisposizioni biologiche individuali alla resilienza richiedono, per svilupparsi, la presenza di un ambiente familiare e sociale che sia contenitore della sofferenza e promotore di risposte, che sostenga l’individuo nel riconoscere i propri sentimenti e capacità, che promuova la costruzione di un’immagine di sé propositiva e attiva» (Bertetti, 2008, p.33).
La resilienza si configura come il processo di adattamento con successo a esperienze di vita difficili o stimolanti, in particolare mediante la flessibilità mentale, emotiva e comportamentale e l’adattamento alle richieste esterne ed interne (American Psychological Association, 2018).
Numerosi fattori contribuiscono al modo in cui le persone si adattano alle avversità, compresi i modi in cui gli individui vedono il mondo e interagiscono con esso, la disponibilità e la qualità delle risorse sociali e specifiche strategie di coping; è fondamentale sostenere la persona nel processo di invecchiamento, infatti, anche la ricerca psicologica dimostra che le risorse e le competenze associate alla resilienza possono essere coltivate e praticate. Infatti, accanto all’età cronologica e all’età biologica esiste «l’età psicologica, correlata alla capacità d’adattamento individuale nello specifico contesto esperenziale, in termini anche di resilienza, ovvero di capacità individuale di affrontare e superare i problemi della vita e di utilizzarli in modo positivo» (Ruspini, 2011, p.160).
Conclusioni
La resilienza rappresenta un elemento determinante per un invecchiamento di successo; implementare strategie per promuoverla può migliorare significativamente la qualità della vita degli anziani. L’attenzione alla resilienza dovrebbe diventare obiettivo e componente chiave delle politiche sanitarie e sociali rivolte alla popolazione anziana, ai fini di sostenere la persona anziana nel naturale processo di invecchiamento e promuovere un invecchiamento di qualità.
Riferimenti bibliografici:
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- Bertetti Bianca (a cura di), Oltre il maltrattamento. La resilienza come capacità di superare il trauma, Milano, Franco Angeli, 2008.
- Campanini Annamaria (a cura di), Gli ambiti di intervento del servizio sociale, Roma, Carocci Faber, 2020.
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- Macchione Carmine, Resilienza e stress nell’anziano. La sindrome di Anteo, 17 novembre 2013, https://www.acsamedical.it/resilienza-e-stress-nellanziano-la-sindrome-di-anteo/
- Manetti Mara, Zunino Anna, Frattini Laura, Zini Elena, “Processi di resilienza culturale: confronto tra modelli euristici”, 2010, https://www.academia.edu/22175019/Processi_DI_Resilienza_Culturale_Confronto_Tra_Modelli_Euristici?sm=b
- Putton Anna, Fortugno Michela, Affrontare la vita. Che cos’è la resilienza e come svilupparla, Roma, Carocci Faber, 2006.
- Ruspini Elisabetta (a cura di), Studiare la famiglia che cambia, Roma, Carocci, 2011.
- Sigurðardóttir Árún K., Steingrimsson Jon A., Kristófersson Gísli K., Gunnarsdottir Elin D., “Resilience among older adults living at home: urban-rural difference in a population-based study”, in Journal of Gerontology and Geriatric, Vol. 70: ISSUE 4 – december 2022, DOI: 10.36150/2499-6564-N493, https://www.jgerontology-geriatrics.com/article/view/493
- Southwick S.M., Litz B.T., Charney D., M.J. Friedman (a cura di), Resilienza e salute mentale. Le sfide nel corso della vita, Roma, Giovanni Fioriti Editore, 2014.
- Wells Margaret, Resilience in older adults living in rural, suburban, and urban areas. Online J Rural Nurs Health Care. 2010; 10:45-54, https://doi.org/10.14574/ojrnhc.v10i2.55