Tra le ombre della perinatalità: la depressione post partum

a cura di Sharon Ostento

La perinatalità rappresenta il periodo “intorno alla nascita“, che inizia con la fase del concepimento, prosegue con la gravidanza e culmina nel momento del parto. Include anche le prime settimane dopo la nascita, durante le quali la madre si adatta al periodo post partum e si prende cura del neonato. (MIPPE, 2022). Durante questa fase, si verificano importanti cambiamenti biologici, psicologici e sociali che possono profondamente influenzare la salute mentale dei genitori, con potenziali conseguenze gravi e a volte drammatiche. (Della Vedova & Cristini, 2015).

Per quanto riguarda la salute del bambino, il periodo perinatale costituisce una fase cruciale per stabilire le basi della sicurezza, delle relazioni affettive e dell’apprendimento precoce. Durante questa fase, i neonati e i bambini possono sviluppare un senso di sicurezza e protezione, facilitando la comunicazione dei propri bisogni. (Pizzi & Giusti, 2020). È quindi essenziale prendersi cura della salute durante la perinatalità per garantire il benessere sia del bambino che della madre; prevenzione e individuazione precoce di disagi emotivi possono garantire un trattamento tempestivo ed appropriato, rendendo la transizione verso la genitorialità armoniosa e migliorando gli esiti di salute a lungo termine per entrambi. (Della Vedova & Cristini, 2015).

  1. I rischi silenziosi del post partum

Durante il periodo post-partum, esistono diversi rischi silenziosi per la salute materna, influenzando negativamente la madre, il bambino e la famiglia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi psichiatrici rappresentano una causa significativa ma spesso trascurata di mortalità materna entro il primo anno dopo il parto. Uno su cinque donne sperimenta una condizione psichiatrica durante questo periodo, ma purtroppo molte non ricevono il trattamento necessario. (Bayri Bingol & Demirgoz Bal, 2020).

Tra questi disturbi, la psicosi post-partum è una condizione grave ma relativamente rara, che richiede un intervento immediato come emergenza psichiatrica e ostetrica.  Si manifesta precocemente, entro i primi giorni o le prime quattro settimane dopo il parto, e può presentare sintomi simili ai disturbi dell’umore, come mania, depressione, confusione estrema e ansia.  (Perry, Gordon-Smith, Jones & Jones, 2021). I sintomi psicotici, come deliri e allucinazioni, sono comuni e si verificano in oltre il 70% dei casi. Le donne con psicosi post-partum possono avere pensieri di autolesionismo, con un alto rischio di suicidio e violenza verso il bambino, specialmente quando presentano idee deliranti legate al neonato. (Kamperman et al., 2017).

Anche il “maternity blues“, con una frequenza del 29.4% in Italia, è una complicanza comune del post-partum che si verifica nei primi giorni dopo il parto, caratterizzata da umore depressivo, sbalzi d’umore e pianto frequente. Sebbene il maternity blues presenti sintomi simili alla depressione post-partum, come cambiamenti nell’appetito, nel sonno e difficoltà di concentrazione, la principale differenza risiede nell’atteggiamento verso il bambino e la famiglia. Nel maternity blues, le preoccupazioni della madre sono principalmente incentrate su sé stessa e sulla salute del bambino, mentre nella depressione post-partum si osserva spesso un distacco emotivo e indifferenza nei confronti della propria famiglia. (Durgun & Ula?, 2022).

Considerando la maggiore frequenza riscontrata della depressione post-partum rispetto alla psicosi e alla condizione temporanea del maternity blues, l’articolo si propone di esplorare nel dettaglio la depressione post-partum, che rappresenta una delle principali sfide psichiatriche durante il periodo successivo al parto. Tuttavia, resta importante tenere presente che la psicosi post-partum, sebbene più rara, è altrettanto grave e richiede un’attenzione particolare quando si manifesta.

La mia decisione di focalizzarmi sulla depressione post-partum è motivata non solo dalla sua frequenza significativa e dalla sua rilevanza clinica in ambito perinatale, ma anche dalla consapevolezza che questa condizione è spesso sottodiagnosticata. Ad esempio, solo il 49% delle donne con sintomi depressivi durante la gravidanza riconosce il disagio e cerca aiuto medico. (Mencacci & Anniverno, 2010).

  1. La depressione post partum

La depressione post-partum è definita dal DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) come una forma di depressione che insorge entro le prime quattro settimane successive al parto. Per diagnosticare questo disturbo, è necessario che il paziente presenti almeno cinque sintomi specifici per almeno due settimane, tra cui devono figurare “umore depresso” o “perdita di interesse o piacere”. I sintomi elencati nel DSM-5 includono umore depresso per la maggior parte del giorno, marcata diminuzione di interesse o piacere nelle attività quotidiane (anedonia), variazioni significative di peso o alterazioni dell’appetito, disturbi del sonno, agitazione o rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, sentimenti di colpa o autosvalutazione eccessiva, difficoltà di concentrazione o indecisione, e pensieri ricorrenti di morte o suicidio. È importante distinguere questi sintomi dai cambiamenti psicologici normali che possono verificarsi durante il periodo pre e postnatale, come disturbi del sonno e stanchezza, i quali non necessariamente portano alla diagnosi di depressione post-partum. (APA, 2013). Inoltre, è importante considerare che i sintomi della DPP possono variare notevolmente da persona a persona. (Sit et al., 2009). Un’ampia percentuale di madri, tra il 10% e il 25%, sperimenta difficoltà nell’instaurare un’interazione positiva con il proprio bambino. Queste donne possono percepire il bambino come un peso, manifestando avversione e paura nel rimanere sole con lui. Inoltre, possono provare sentimenti di incapacità come madri e mogli, con difficoltà a concentrarsi sulle attività quotidiane. Situazioni di questo tipo richiedono un monitoraggio attento da parte di specialisti esperti nel trattamento della depressione post-partum, talvolta incluso il ricovero o l’allontanamento temporaneo del bambino fino a quando la situazione non migliora.

  1. Fattori di rischio 

L’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna (ONDA) ha identificato diverse cause della depressione post partum che coinvolgono diversi fattori:

  • Fattori ormonali: dopo il parto, si verificano cambiamenti repentini nei livelli degli ormoni come gli estrogeni e il progesterone, che possono influenzare l’equilibrio chimico del cervello e contribuire allo sviluppo della depressione post-partum. Altri ormoni prodotti dalla ghiandola tiroidea possono anche diminuire drasticamente, causando stanchezza, apatia e depressione.
  • Fattori psicologici: la presenza di bassa autostima o tratti di personalità tendenti al perfezionismo possono aumentare il rischio di sviluppare depressione post partum.
  • Fattori sociali: giovane età, inesperienza, mancanza di supporto dai familiari o dal partner e basso status economico possono influire negativamente sulla salute mentale della madre dopo il parto.
  • Fattori fisici: la stanchezza derivante dagli impegni legati al neonato può essere un fattore stressante che influisce sul sistema immunitario della madre, rendendola più suscettibile alla depressione. Le interruzioni del sonno possono anche contribuire a scatenare un episodio depressivo.
  • Fattori cognitivi: nutrire aspettative irrealistiche sul ruolo di madre o sul comportamento del bambino può contribuire alla comparsa del disturbo.
  1. Conseguenze 

Essendo la depressione post partum un disturbo psicologico ed eziologico multifattoriale, anche i suoi effetti sono molteplici, coinvolgendo non solo la madre, ma tutto il nucleo familiare. 

  • Effetti sulla donna: la depressione post partum influisce sulla capacità delle madri di esprimere affettività e le porta a interpretare negativamente il comportamento del bambino; esse si sentono infastidite, poco reattive e hanno difficoltà a comprendere le esigenze del bambino, risultando meno capaci di soddisfare i suoi bisogni primari. Questo disturbo interferisce significativamente con le funzioni genitoriali, compromettendo la capacità di rispondere in modo adeguato ai segnali del bambino e minando la creazione di un modello di attaccamento sicuro. (Bowlby, 1998). Inoltre, la presenza di un disturbo mentale, come la depressione, tende a isolare la donna dai suoi rapporti sociali, generando ulteriore disagio. (Howard, 2005).
  • Effetti sul bambino: i figli di madri affette da depressione mostrano una maggiore probabilità di problemi comportamentali, ritardi nello sviluppo cognitivo, difficoltà nella regolazione emotiva e sociale, e possono manifestare precocemente sintomi depressivi. (Gaffney et al., 2014). Inoltre, possono presentare disturbi del sonno e dell’allattamento, comportamenti di evitamento come distogliere lo sguardo o allontanarsi dal contatto, e avere difficoltà nella regolazione affettiva e dell’alimentazione. (Field, 2010). Studi indicano che i bambini possono essere meno stimolati dalla voce delle madri quando queste sono depressive, manifestando minor interesse verso di loro, anche dopo la remissione della depressione. La scarsa interazione madre-figlio può avere conseguenze negative sulla morfologia e fisiologia cerebrali, sulla reattività allo stress, e sulle abilità sociali, emotive e cognitive del bambino, che possono persistere fino all’età adulta. (Brand e Brennan, 2009).
  • Effetti sul sistema familiare: le donne affette da depressione spesso percepiscono la relazione con il partner come più carente in termini di accordo, soddisfazione e sostegno reciproco. (Milgrom e McCloud, 2006). A volte, l’irritabilità e l’ostilità legate all’umore depressivo possono estendersi al compagno e ai figli, con ripercussioni sul comportamento e sullo sviluppo dei bambini, sull’ambiente familiare e sulla stabilità della relazione di coppia. (Baldoni, 2005).

  1. Trattamenti 

È fondamentale identificare e affrontare la depressione post-partum per promuovere il benessere della madre e del bambino. Una diagnosi tempestiva e un adeguato sostegno possono fare una grande differenza nella vita della madre e del suo bambino. Gli operatori sanitari, come medici, ostetrici, psicologi e consulenti, possono offrire supporto e trattamenti efficaci, inclusi interventi terapeutici e farmacologici, se necessario. 

  • Interventi psicoeducativi: sono dei colloqui che aiutano la paziente a comprendere la diagnosi e i sintomi, migliorando la consapevolezza della malattia e l’aderenza alla cura. Coinvolgere il partner è importante per una migliore comprensione della condizione e per fornire un supporto emotivo. (Austin et al., 2005).
  • Psicoterapia: questa forma di trattamento aiuta le persone a identificare e affrontare i pensieri negativi e i comportamenti che contribuiscono alla depressione. 
  • La terapia familiare, coinvolgendo il partner o altri membri della famiglia, può essere particolarmente utile nel migliorare il supporto sociale e l’adattamento della famiglia alla DPP.
  • La terapia cognitivo-comportamentale, essendo focalizzata sul cambiamento dei pensieri negativi o distorsioni cognitive e sull’adozione di comportamenti adattivi, può essere efficace nel migliorare il benessere emotivo delle donne durante il periodo perinatale. Questo approccio aiuta le donne a identificare e modificare i pensieri e le credenze che possono contribuire alla depressione, promuovendo comportamenti più funzionali. Studi indicano che un intervento di terapia cognitivo-comportamentale durante la gravidanza può significativamente ridurre le probabilità che le donne sviluppino ansia e depressione sei settimane dopo il parto. Questo evidenzia il potenziale della TCC come strumento prezioso per prevenire e gestire le sfide emotive associate al periodo post partum. (Girombelli, 2016).
  • Supporto psicologico: fornisce un ascolto empatico e non giudicante da parte di un professionista competente, permettendo alla donna di aprirsi al dialogo. È un processo di accompagnamento e di sostegno effettuato dallo psicologo, ma anche gli operatori della salute possono costituire fonte di supporto durante il percorso di maternità. (ONDA, 2005).
  • Trattamento farmacologico: questi trattamenti variano a seconda dei sintomi e della gravità. Possono includere ansiolitici e antidepressivi, gestiti sotto controllo medico e considerando l’effetto sull’allattamento. (ONDA, 2005). Nei casi gravi, è importante tenere presente che alcuni antidepressivi possono essere escreti nel latte materno. Tuttavia, farmaci come la Nortriptilina, la Paroxetina e la Sertralina sono considerati sicuri per l’allattamento, con basse concentrazioni nel latte e pochi effetti segnalati nei lattanti esposti. (Bellantuono et al., 2007).

Conclusione

È fondamentale riconoscere e diagnosticare correttamente la depressione post-partum per garantire un trattamento tempestivo ed efficace. La diagnosi viene effettuata con strumenti e procedure specifici da professionisti della salute mentale specializzati nella salute delle donne e nel periodo post-partum, considerando una vasta gamma di sintomi e fattori che possono influenzare la salute emotiva della madre. Con una diagnosi accurata e il supporto adeguato, molte donne possono superare questa fase difficile e tornare a godere pienamente della loro esperienza di maternità. Il primo passo verso il recupero è chiedere aiuto e accettare il supporto disponibile. Con l’adeguata assistenza e un approccio multidisciplinare, molte madri sono in grado di superare la depressione post-partum e ristabilire un legame positivo con il loro bambino. Ricorda, non sei sola in questo percorso e ci sono risorse e professionisti pronti ad aiutarti a superare questa sfida e a tornare al benessere emotivo.

“Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio.” – Proverbio africano 

Bibliografia 

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