Ansia sociale e insoddisfazione nella coppia

A cura di: Melania Di Pietrangelo

INTRODUZIONE

L’ansia sembra far parte della vita di tutti, seppur in maniera diversa e con conseguenze diverse. Questa, infatti, può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo se non si mantiene entro certi limiti e in base allo stimolo ansiogeno alla base, arriva a prendere un nome diverso: esiste infatti il disturbo d’ansia da prestazione, quello d’ansia generalizzata o il disturbo d’ansia sociale.

Nel caso dell’ansia sociale, per esempio, si è di fronte ad un disturbo molto impattante che arriva a influenzare non solo la persona che lo sperimenta, ma anche chi le sta vicino.

In Europa la percentuale colpita sembra essere del 2,3%. “Le femmine sono maggiormente soggette all’ansia sociale rispetto ai maschi e tale differenza è più marcata nella fascia adolescenziale e nei giovani adulti” (DSM – V, 2013).

Parlare di disturbo d’ansia sociale significa, primariamente, sperimentare una tipologia di ansia che vede al centro uno specifico timore: il giudizio altrui, ovvero quello che gli altri possono pensare.

Tale ansia può avere, dunque, delle ripercussioni non solo sulla propria sfera personale, ma anche su quella relazionale, dal momento che chi ne soffre spesso tende a chiudersi in se stesso e ad evitare vari coinvolgimenti. Questo è stato visto da diversi studi e ricerche in cui, appunto, è stato osservato come la maggior parte della gente con ansia sociale non si sposi o non vada a convivere (Schneier, Johnson, Hornig, Liebowitz, & Weissman, 1992).

Ovviamente non tutti coloro che soffrono di questo disturbo tendono a restare da soli: c’è chi riesce anche a instaurare delle relazioni che però poi non risultano essere soddisfacenti. Molti studi, infatti, hanno mostrato proprio questa mancanza di soddisfazione relazionale (Sparrevohn & Rapee, 2009) e anche sessuale (Montesi et al., 2013).

In questo articolo si cercherà di conoscere meglio quest’ansia e le dinamiche che ruotano attorno.

1. Ansia sociale: definizioni

Il disturbo d’ ansia sociale, come dice la parola stessa, è un disturbo psicologico e si caratterizza per un’intensa e costante paura di affrontare le situazioni a livello sociale. Nello specifico, il soggetto che la sperimenta sente addosso la paura di poter apparire agli occhi altrui come incapace e “non in grado di”.

Il concetto del timore del giudizio degli altri è il nucleo centrale della fobia sociale, elemento fondamentale sia nell’eziologia che nel mantenimento del disturbo e della sintomatologia fobica(Wells e Clark, 1997).

La paura di essere giudicati in modo negativo fa dunque da padrone, ecco perché spesso si ricorre alla messa in atto di comportamenti di protezione, al fine di proteggersi da situazioni sociali che potrebbero diventare scomode.

Le primissime definizioni di tale disturbo sembrano risalire al 900. Janet definì il disturbo d’ansia sociale come “La paura di parlare in pubblico, suonare il piano e scrivere di fronte ad altri” (Janet, 1903). Tra le altre definizioni troviamo quella di Marks e Gelder che lo definirono come “La paura di mangiare, bere, ballare, parlare, scrivere, ecc. in presenza di altre persone per il timore di risultare ridicoli” (Marks e Gelder, 1966).

Come si evince da queste frasi, il soggetto vittima di tale disturbo ha il timore di esporsi, attraverso vari comportamenti o prestazioni, come quelle appena citate, tra cui appunto mangiare in pubblico, utilizzare il telefono in pubblico, prendere mezzi, parlare in pubblico o durante una riunione lavorativa, andare a una festa o qualsiasi altra prestazione che attiri l’attenzione altrui.

Come detto, il timore è quello di essere giudicati come stupidi, impacciati e tanto più forte è questo timore, tanto più forte è l’impatto che questo può avere e quindi tanto più forti saranno i sintomi di tale disagio.

1.1 Pensieri, emozioni e comportamenti protettivi del “fobico sociale”

Quanto detto si manifesta attraverso un meccanismo specifico di pensieri, emozioni e comportamenti.

Il soggetto che sperimenta tale ansia, a livello cognitivo, si caratterizza per essere molto autocritico e per percepirsi come debole e ridicolo. A livello comportamentale si sottrae a quelle esperienze che potenzialmente potrebbero essere fonte di dolore e mette in atto in tal senso un evitamento, attraverso il ritiro o una rinuncia. Tutto ciò può avere delle ripercussioni forti nella relazione con l’altro.

Sul piano emotivo, il soggetto avverte un grande malessere, tanta agitazione e una persistente preoccupazione che sembra incrementare con l’avvicinarsi di quello che si teme. A tal proposito più ci si avvicina la situazione temuta più aumentano ansia e senso di vergogna. Ecco perché spesso si mettono in atto delle strategie, ovvero dei comportamenti protettivi che portano il soggetto ad evitare tutto questo, ma più si attua l’evitamento più si dà la conferma a se stessi di essere incapaci e l’autostima non può che arrivare a risentirne.

Nel caso in cui il soggetto, invece, decida di affrontare la situazione temuta, il meccanismo cambia: il soggetto inizia a sperimentare un’ansia anticipatoria, rimugina su quello che potrebbe accadere e così facendo la sua ansia aumenta sempre più. Per questo nel bel mezzo della situazione temuta possono essere messi in atto altri comportamenti protettivi per cercare di mascherare il tutto.

A tal proposito il soggetto potrebbe non guardare negli occhi l’interlocutore durante una riunione o potrebbe bere un caffè cercando di reggere in modo saldo una tazza, per provare ad avere un certo controllo sul tremore della propria mano, fallendo però, dal momento che ciò impedisce il normale movimento e quindi il rischio è di sembrare davvero impacciati.

Tutti questi comportamenti protettivi non proteggono realmente, ma possono interferire con la situazione sociale che si teme. Qualora il risultato non sia quello previsto, il soggetto tenderà comunque ad avere una visione negativa di sé.

2. Sintomi e cause dell’ansia sociale

Il disturbo d’ansia sociale, come ogni disturbo, si manifesta con specifici sintomi. Secondo il DSM V, ovvero il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, tali sintomi sono:

  1. Intensa e marcata paura o ansia rispetto a una o più situazioni sociali in cui il soggetto è esposto al possibile giudizio degli altri
  2. Timore di mostrare i sintomi di ansia, che saranno valutati in modo negativo
  3. Le situazioni sociali tendono a provocare quasi sempre paura o ansia
  4. Le situazioni sociali sono evitate o sopportate con intensa paura o ansia
  5. La paura o ansia è sproporzionata alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale
  6. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento

Alla base di tale disturbo sembrano esserci diversi aspetti, tra cui la genetica, fattori esperienziali e psicologici che possono rappresentare dei veri e propri fattori di rischio per l’insorgenza di tale disturbo. In tal senso si fa riferimento al vissuto del soggetto e alle sue modalità di comunicazione e di regolazione delle proprie emozioni. Modalità queste che si apprendono nel periodo dell’infanzia, nei propri contesti di vita. A tal proposito si fa riferimento alla propria storia familiare o alle proprie esperienze vissuta fuori casa, come il bullismo.

Anche i fattori biologici hanno e possono avere il loro peso in tal senso, poiché si può essere più esposti ad avere delle reazioni di ansia anche a causa di una reattività maggior del sistema limbico, deputato alla regolazione delle emozioni.

3. Ansia sociale e vita di coppia

Chi sperimenta questa tipologia di ansia può anche sperimentare, come accennato poc’anzi, delle problematiche a livello di relazione e nello specifico nel rapporto di coppia, poiché spesso si è incapaci ad esprimere le proprie emozioni, tendendo così a controllarle.

Secondo Clark e Wells (1995) “la stessa manifestazione di ansia può diventare essa stessa oggetto di giudizio negativo da parte dell’altro (e di rifiuto), portando chi soffre di disturbo di ansia sociale a esercitare un controllo stringente sulle proprie reazioni emotive”.

Il soggetto con ansia sociale, dunque, cerca di controllare le proprie emozioni con la convinzione che condividere le proprie paure sia sinonimo di debolezza e possa portare l’altro ad un allontanamento. Questo significa che tra sé e l’altro può crearsi un distacco emotivo per evitare di essere rifiutati o umiliati: dunque il soggetto eviterà di dare troppe informazione su se stesso per dimezzare o rendere minime le probabilità di subire un rifiuto. Nel tentativo di evitare critiche e umiliazione, la relazione s’indebolisce e non si attua una vera conoscenza dell’altro.

Paradossalmente è proprio in questo modo che si può avverare ciò che l’ansioso, invece, vuole evitare: la fine della relazione e proprio a causa della poca intimità. Non stupisce che la letteratura in tal senso confermi che la vita di coppia di questi soggetti sia caratterizzata da poca soddisfazione.

Le persone con il disturbo d’ansia sociale risultano con maggior frequenza isolate socialmente, hanno minor probabilità di avere un partner e la loro vita di coppia è caratterizzata da minor soddisfazione relazionale” (Sparrevohn & Rapee, 2009).

Questo mette in evidenza il fatto che tale disturbo può influenzare non poco la vita di coppia e la fiducia che si viene a creare, o che non si viene a creare, tra i partner.

Nello specifico, chi sperimenta tale disturbo mette in atto specifici comportamenti in coppia, come:

  • Evitamento delle situazioni sociali
  • Chiusura in se stessi, spesso senza una ragione
  • Attività solitarie
  • Tendenza a interpretare commenti come critiche
  • Eccessiva considerazione a ciò che vuole il partner.

4. Trattamento del disturbo d’ansia sociale

Come visto finora, avere questo disturbo significa avere delle limitazioni, in diversi ambiti della propria vita. Per questo è importante intervenire e trattare questo disturbo. Secondo alcune linee guida a livello internazionale, come quella del 2011 del NICE (The National Institute for Health and Care Excellence), tra i migliori approcci psicologici per il trattamento di tale disturbo si ha la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale. Grazie a questo trattamento si può lavorare sui sintomi ansiosi, al fine di ridurre l’isolamento a livello sociale e lavorare per la promozione di un miglior funzionamento a livello sociale e non solo. on la psicoterapia cognitivo comportamentale si lavora sul giudizio dell’altro, sul proprio bisogno di essere riconosciuti, sul timore di mostrare ansia e sul rimuginio.

Anche l’approccio integrato risulta essere efficace, facendo riferimento all’aggiunta di una specifica terapia farmacologica: ovviamente è il clinico che sceglie come e quando ricorrere ai farmaci. Importante è mettere al centro il fatto che la sola terapia farmacologica non basta e quindi alla base deve esistere una terapia psicologica, per evitare delle ricadute.

CONCLUSIONI

Il disturbo di ansia sociale, come visto, mette in campo diversi costrutti, a livello cognitivo, emotivo e relazionale. Soprattutto vede al centro una specifica emozione: la paura. Tale paura è spesso gestita attraverso l’evitamento di situazioni sociali che, oltre ad aggravare la sofferenza, compromette in modo sostanziale il funzionamento sociale, lavorativo e amicale” (Morrison & Heimberg, 2013).

Un’altra emozione citata a tal proposito è stata sicuramente la vergogna che può essere associata al rifiuto. “Essa si configura come un’emozione “autocosciente” associata alla percezione di possedere attributi, caratteristiche o comportamenti che gli altri troveranno indesiderabili e che potrebbero portare al rifiuto sociale” (Gilbert, 1998).

Importante è anche in tal senso l’autocritica o meglio l’autocriticismo che il soggetto attua come risposta. La letteratura indica l’autocriticismo come un fattore chiave nella sofferenza mentale in generale (Gilbert & Irons, 2005) e nel DAS in particolare (Iancu et al., 2015).

Un fattore questo che può essere “contenuto” attraverso un lavoro su se stessi, anche grazie all’aiuto di un professionista.

Per quanto riguarda l’impatto di questo disturbo sulla vita di coppia, bisogna sempre presente che al centro di tale disturbo vi è il timore della critica e la paura di essere rifiutati. Alla luce di ciò, è su alcuni specifici elementi e aspetti che occorre intervenire, al fine di aumentare la sicurezza relazionale della coppia, quali:

  • Criticare il comportamento e non la persona amata
  • Dare incoraggiamento al partner con tale disturbo, affinché riesca ad esprimersi
  • Incrementare le esperienze di coppia e condividere emozioni positive
  • Evitare l’isolamento: di fronte a conflitti attivare un dialogo.

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