Evidence-Based Management (EBM): un approccio innovativo per le decisioni manageriali

A cura di: Sara Ferracci
INTRODUZIONE
In un contesto sempre più competitivo e in un mercato agile come quello attuale, le aziende che vogliono tenere il passo hanno necessità di esplorare ed implementare nuove strategie che consentano loro di resistere al cambiamento e alla concorrenza. C’è chi punta sull’innovazione tecnologica, chi sullo sviluppo di un prodotto di nicchia, unico nel suo genere, e chi al contrario punta su un prodotto di uso comune ma offerto a prezzi molto più bassi. Di recente è stato tuttavia posto l’accento su come una strategia vincente dovrebbe piuttosto basarsi sull’attenta valutazione dei migliori dati e delle migliori evidenze disponibili, facendo particolare attenzione alla qualità e alla veridicità di tali prove empiriche. In questo modo le decisioni prese in ambito manageriale potrebbero basarsi su delle prove e delle evidenze certe che saranno in grado di ridurre il margine di rischio e condurre a risultati migliori. Tale approccio è conosciuto come Evidence-Based Management (EBM).
1. Evidence-Based Management (EBM)
L’Evidence-Based Management (EBM) è una pratica che nasce e si sviluppa in ambito medico, da un’idea tanto “semplice” quanto efficace e poco sfruttata, ovvero che le decisioni in materia di cura del paziente andrebbero prese sulla base di evidenze scientifiche, sui dati forniti dalle migliori e più attuali ricerche.
Sebbene infatti il numero di studi che viene condotto in ambito medico ogni anno sia elevatissimo, ed i relativi dati facilmente reperibili e fruibili da ogni specialista che desideri approfondire, solo il 15% di questi basano realmente le proprie decisioni sulle più recenti prove empiriche. Il resto preferisce basarsi sulla propria personale esperienza, su metodi e modelli obsoleti e su tradizioni datate (Rousseau, 2005). Allo stesso modo, anche in ambito manageriale vengono spesso prese decisioni sulla base dell’esperienza personale o sulla base di preconcetti che però non possono essere applicati in tutte le occasioni.
L’EBM propone di basare ogni decisione su fondamenta scientifiche, facendo ricorso appunto alle “evidenze”, le quali saranno in grado di massimizzare le opportunità di successo. Con “evidenza” si intende un dato o un fatto oggettivo in grado di sostenere e confermare una specifica ipotesi (Barends et al., 2014). Tali “evidenze” possono provenire da:
- Risultati ottenuti tramite ricerca scientifica e diffusi a mezzo rivista indicizzata e che preveda la revisione tra pari
- Dimostrazione documentata dei possibili benefici ottenibili dalla messa in pratica di tali risultati in precedenti contesti (come, ad esempio, osservazioni di condizioni pratiche in aziende locali)
- Risultati ottenuti e documentati da professionisti altamente competenti in uno specifico settore (come, ad esempio, un imprenditore di comprovato successo leader e pioniere nel suo settore).
In questo modo, i manager possono prendere decisioni più efficaci quando basano le loro azioni su principi derivati dalla ricerca sul comportamento umano e sull’organizzazione. Tuttavia, ciò non è sempre semplice, poiché la credibilità di tali principi dipende dalla chiarezza delle prove e dalla loro interpretazione uniforme da parte dei ricercatori e dei professionisti (Sohrabi e Zarghi, 2015).
Nonostante le sfide, adottare un approccio di gestione basato sull’evidenza offre l’opportunità di raggiungere gli obiettivi organizzativi, soddisfacendo le esigenze dei dipendenti, degli azionisti e del pubblico.
2. Perché c’è bisogno dell’EBM
Molti manager tendono ad “importare” dalla loro esperienza pregressa determinate pratiche decisionali e di gestione e tendono ad applicarle indifferentemente anche in nuovi ambienti e in nuove situazioni. In un articolo di Pfeffer e Sutton del 2006, gli autori citano ad esempio una loro osservazione relativa ad una piccola azienda di software in cui uno dei dirigenti, pur essendo riconosciutamene intelligente e di successo, aveva raccomandato le medesime politiche retributive adottate nella precedete azienda in cui aveva lavorato, non considerando affatto che le due società avessero dimensioni differenti, vendessero tipi di software non uguali fra loro e si rivolgessero ad un mercato e a dei clienti ben distinti. In questo caso specifico, l’EMB può aiutare ad effettuare una valutazione critica e logica basata sulle caratteristiche specifiche di ogni azienda. Volendo continuare ad utilizzare metafore prese dal mondo della medicina, si potrebbe dire che l’EBM evita che si possa presumere che una “cura”, seppur comprovata, ma sviluppata in un determinato posto, possa essere efficace allo stesso modo altrove.
Un’altra motivazione simile che giustifica la necessità dell’EMB è il cosiddetto benchmarking, ovvero la tendenza a “copiare” acriticamente ciò che fanno altre organizzazioni, senza valutare se quelle pratiche avranno la medesima efficacia e se potranno effettivamente funzionare in un contesto differente. In questo caso specifico, oltre a valutare criticamente le informazioni reperite, bisognerebbe anche rendersi conto che queste importanti informazioni organizzative carpite da altre aziende potrebbero verosimilmente essere parziali ed incomplete e, dunque, di scarsa qualità.
Infine, la maggior parte dei professionisti non sembra essere a conoscenza delle attuali ricerche scientifiche disponibili per quanto riguarda questioni chiave nel loro settore. Uno studio condotto da Rynes e colleghi (2002) su 950 professionisti nel campo delle risorse umane mostra che la maggior parte di loro aveva una conoscenza scarsa o nulla nei confronti della ricerca scientifica rilevante per il loro settore. Lo studio evidenzia anche una significativa discrepanza tra ciò che le prove oggettive mostravano essere efficace e ciò che tali professionisti andavano effettivamente ad applicare nel corso delle loro pratiche di gestione quotidiana. Anche in questo contesto, veniva concessa troppa fiducia a prove di bassa qualità, giudizio personale ed esperienza pregressa.
Le conseguenze di questa condotta sono che molte risorse vengono spese per pratiche inefficaci o addirittura dannose per le organizzazioni stesse, oltre che per i loro clienti.
3. EBM: possibili sfide
Tra le possibili sfide in cui questa pratica potrebbe incorrere c’è l’eventualità di utilizzarla in modo un po’ troppo superficiale, cercando di imporre uno standard che alla fine potrebbe rivelarsi non universalmente applicabile. L’EBM, infatti, non va intesa come una soluzione rigida, da riproporre così com’è in tutti gli ambiti ed in tutte le situazioni aziendali. L’EBM è piuttosto l’integrazione della migliore evidenza disponibile, e quindi basata su dati e ricerche scientifiche, con il giudizio informato degli esperti e con l’esperienza di manager e leader (Barends, 2015).
Solo l’esperienza di questi ultimi sarà in grado di calare delle dimostrazioni teoriche e concettuali nella realtà e fare da ponte tra le scoperte disponibili all’interno delle ricerche e le situazioni partiche che si vengono a presentare giornalmente. Compito di manager e leder non è quindi quello di prendere i dati così come sono ed applicarli asetticamente, bensì è quello di lasciarsi guidare dalla migliore evidenza disponibile per la definizione degli obiettivi e la presa di decisione, cercando di abbattere il divario fra ricerca e pratica con l’aggiunta della loro expertise.
Un altro scoglio che potrebbe presentarsi è che, mancando di una conoscenza scientifica condivisa per sostenere una decisione basata sull’evidenza, i manager siano costretti ad affidarsi a consulenti esterni per determinare la qualità dei dati e delle ricerche (Rundall et al., 2007). In questo caso ci potrebbero essere delle difficoltà sia in termini di budget da investire, sia in termini di autonomia nelle decisioni che il manager potrebbe percepire come minacciata.
Per quanto riguarda il primo punto, si è già avuto modo di vedere nel precedente paragrafo come, in realtà, molte risorse vengono già investite per pratiche inefficaci o addirittura dannose, pratiche che potrebbero essere evitate tramite l’EBM, che, a fronte di un iniziale investimento, potrà portare a lungo andare ad un risparmio sostanziale dovuto alla graduale diminuzione di prese di decisione potenzialmente dirimenti.
Per quanto riguarda il secondo punto, come si è accennato, la presa di decisione e l’autonomia dei manager non è in alcun modo minacciata. Affidarsi ad un consulente esterno, ad un ricercatore, serve semplicemente per riuscire ad ottenere i migliori dati dalle migliori ricerche, ma sarà sempre poi il manager a decidere come implementare queste informazioni, integrandole con diversi altri fattori.
La collaborazione tra manager e ricercatori potrebbe quindi facilitare l’applicazione di una gestione basata sull’evidenza, anziché minacciarla o ostacolarla (Sohrabi e Zarghi, 2015).
4. Implementazione dell’EBM in azienda
L’EBM è dunque caratterizzato dalla capacità di mettere da parte modi di pensare e di fare convenzionali e di sostituirli con un’attenta raccolta di dati e fatti, necessari per prendere decisioni più mirate ed informate. Come riportato nel già citato studio di Pfeffer e Sutton del 2006, “bisognerebbe trattare la propria organizzazione come un prototipo incompiuto, incoraggiare programmi di prova, studi di prova, sperimentazioni, e trarre apprendimento da tutte queste attività, anche quando qualcosa di nuovo fallisce, perché la tua organizzazione comincerà a sviluppare la propria base di prove solide. E se continui ad imparare mentre agisci sulla base delle migliori conoscenze e i tuoi dipendenti fanno lo stesso […], allora la tua azienda può trarre vantaggio da una gestione basata sull’evidenza, da prove ed errori illuminanti e dall’apprendimento che ne deriva”.
A partire da questo stralcio, si può determinare che i punti più importanti da tenere in considerazione per implementare l’EBM sono:
- Ricercare l’evidenza: in uno dei precedenti paragrafi, si è già discusso cosa voglia dire evidenza, ma, in sintesi, bisogna garantire che l’azienda disponga delle informazioni necessarie per valutare le sue stesse operazioni. Volendo proporre sempre un esempio dall’ambito medico, il DaVita, con centri di dialisi renale aventi sede in California, assicura che l’azienda abbia sempre a disposizione le informazioni necessarie facendo in modo che i manager inizino i loro rapporti ed incontri con dati aggiornati relativi all’efficacia dei trattamenti e alla salute dei pazienti. In più, gli amministratori ricevono un rapporto mensile con informazioni dettagliate che includono tutti i trattamenti giornalieri, lo stato dei dipendenti e la qualità dell’assistenza (Pfeffer e Sutton, 2006).
- Esaminare la logica: ovvero, essere in grado di articolare e controllare la logica che sta alla base di ogni decisione, mettendo in discussione affermazioni e asserzioni in modo costruttivo e propositivo; considerare criticamente le proprie argomentazioni e rivedere le proprie fonti su basi più certe.
- Trattare l’organizzazione come un prototipo incompiuto: ovvero, acquisire l’abitudine di condurre programmi di prova, studi pilota e piccoli esperimenti, dai quali trarre una conoscenza unica, basata esclusivamente sui dati emersi e ricavati dalla propria stessa azienda e non trarre inferenze appoggiandosi su quelli di altre organizzazioni. Yahoo, ad esempio, ha in genere circa 20 esperimenti in esecuzione in ogni momento, e lo fa manipolando le funzionalità del sito come i colori, il posizionamento degli annunci pubblicitari, di testo e pulsanti (Pfeffer e Sutton, 2006). Questi esperimenti, seppur apparentemente piccoli, possono in realtà avere grandi effetti.
- Abbracciare l’atteggiamento della saggezza: ovvero, agire mettendo in discussione ciò che si sa, ciò che “ha sempre funzionato” e che “si è sempre fatto in quel modo specifico”. Promuovere un apprendimento continuo per identificare ed applicare strategie efficaci.
CONCLUSIONI
Per concludere, dunque, l’EBM può cambiare il modo in cui ogni manager pensa e agisce. È un modo per rivedere il lavoro del manager, un modo per renderlo più efficace e per massimizzare i benefici. L’utilizzo di fatti concreti, di dati oggettivi e di una logica critica consentono di identificare ciò che funziona e ciò che invece andrebbe modificato, di riconoscere prove ed informazioni non veritiere e superare convenzioni obsolete e pratiche reiterate (Rousseau, 2006).
Per portare praticamente più prove scientifiche nelle loro decisioni, i manager devono essere in grado di sapere come cercare studi nei database online, capire cos’è un impact factor e cosa sono le riviste indicizzate basate sulla revisione tra pari. Devono imparare come valutare la validità e l’applicabilità degli studi trovati al fine ottimizzare aspetti rilevanti del proprio settore specifico.
Questo è il motivo per cui molte università cominciano ad incorporare nei loro curricula l’EBM e per cui anche molti corsi online offrono crediti integrativi per approfondire questa pratica, utile a controbilanciare e ad integrare la soggettività del proprio giudizio personale. Per tali motivazioni, sarebbe utile creare un’atmosfera di apprendimento e riflessione, favorendo la collaborazione tra manager e ricercatori, che potrebbe facilitare l’applicazione e la gestione dell’EBM.
BIBLIOGRAFIA
- Barends, E. G. R. (2015). In Search of Evidence: Empirical findings and professional perspectives on evidence-based management. VU University.
- Barends, E., Rousseau, D.M., & Briener, R.B. (2014) Evidence-Based Management: The Basic Principles. Amsterdam: Center for Evidence-Based Management.
- Pfeffer J, Sutton RI (2006). “Evidence-Based Management”. Harvard Business Review. 84 (1): 62–74, 133.
- Rousseau DM (2005). Korunka C, Hoffmann P (eds.). Evidence-Based Management in Health Care. Change and Quality in Human Service Work. Munich: Hampp. pp. 33–46.
- Rousseau DM (2006). Keeping an open mind about evidence-based management. Academy of Management Review, 31.
- Rundall, T. G., Martelli, P. F., Arroyo, L., & McCurdy, R. (2007). The Informed Decisions Toolbox: Tools for Knowledge Transfer and Performance Improvement/Practitioner Application. Journal of Healthcare Management, 52, 325-341.
- Rynes, S. L., Colbert, A. E., & Brown, K. G. (2002). HR Professionals’ Beliefs about Effective Human Resource Practices: Correspondence Between Research and Practice. Human Resource Management, 41(2), 149-174.
- Sohrabi, Z. & Zarghi, N. (2015). Evidence-Based Management: An Overview. Creative Education 6(16), 1776.