La comunicazione: caratteristiche del processo, funzioni e stili comunicativi

A cura di: Marco Corsetti

La comunicazione in quanto tale può essere definita un bisogno primario, non soltanto nell’uomo, ma anche nel regno animale. Essa stessa presuppone il concetto di relazione e viceversa. Non può esservi comunicazione in assenza di relazione, così come la relazione non può sussistere senza comunicazione alcuna. Attraverso il processo comunicativo l’uomo ha la possibilità di esprimere i propri bisogni, le proprie idee; di condividere informazioni, ha possibilità di rapportarsi con i pari, di alimentarsi, riprodursi e così via.

La comunicazione si struttura su di una serie di elementi costitutivi (mittente, contesto, messaggio ecc.), a ciascuno dei quali viene attribuita una funzione linguistica, e su cinque principi basilari noti come “assiomi”. Nel contesto comunicativo, inoltre, sono distinte ben tre tipologie di comunicazione: verbale, non verbale e paraverbale; le quali impattano con diverso grado sull’efficacia del processo comunicativo stesso.

INTRODUZIONE

Il termine comunicazione deriva dal latino communicatio e sta ad indicare l’atto di “mettere in comune con altri”, “trasmettere a” e consiste in un processo basato sullo scambio di messaggi attraverso un canale, secondo un preciso codice, tra sistemi della stessa natura o diversa. L’uomo utilizza tale atto per condividere idee, desideri, bisogni, sentimenti o anche opinioni basandosi sulla reciprocità di un rapporto. Questa attività non è però svolta esclusivamente da persone ma anche gli animali e gli altri essere viventi comunicano con il loro ambiente.

La comunicazione è quindi un processo durante il quale due soggetti interagiscono attuando azioni dirette alla produzione, trasmissione, interpretazione e comprensione di messaggi basandosi su di un codice condiviso. Essa è su base del tutto volontaria differenziandosi così dall’espressione, ossia dalla trasmissione involontaria delle informazioni.

1. LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE

Per comunicare gli individui utilizzano una serie di segnali (visivi, uditivi, olfattivi ecc.) che nel loro insieme costituiscono un codice ma affinché si possa parlare però di comunicazione è necessaria l’attivazione di un processo cognitivo di interpretazione e comprensione. La comunicazione è inoltre strettamente correlata al concetto di relazione e viceversa. Non c’è relazione senza comunicazione, ma allo stesso tempo non può esservi comunicazione senza relazione alcuna. Ne consegue, dunque, che essendo il linguaggio non una mera sequenza di segni convenzionali, la necessità di assumerlo come un bisogno umano con diverse funzioni.

Nel modello proposto da Jakobson la comunicazione altro non è che un processo di trasmissione di un messaggio da parte di un mittente ad un destinatario attraverso uno specifico canale, ove hanno un impatto fondamentale i protagonisti, il codice linguistico, il contesto e le circostanze ove la comunicazione stessa si sviluppa. Secondo Jakobson gli elementi costitutivi della comunicazione sono sei:

  • Mittente: colui che trasmette il messaggio,
  • Contesto,
  • Messaggio: insieme delle informazioni trasmesse dal mittente,
  • Canale di trasmissione: mezzo attraverso il quale il messaggio viene trasmesso,
  • Codice: tipo di linguaggio che viene utilizzato per la comunicazione, che può essere verbale e non.
  • Destinatario: colui che riceve il messaggio.

A ciascuno dei suddetti elementi l’autore associa come accennato una funzione linguistica, vedremo qui di seguito, brevemente, le caratteristiche di ognuna di esse.

  • La funzione referenziale (riferita al contesto) si ha quando nel comunicare qualcosa il mittente correla due serie di elementi. Tale funzione è collegata al bisogno di descrivere, raccontare, commentare e rappresentare il reale o confrontare opinioni ed idee; riguarda essenzialmente la trasmissione stessa dell’informazione.
  • La funzione emotiva (correlata al mittente) si ha quando colui che elabora il messaggio cerca di mostrare il proprio stato emotivo, è connessa, dunque, al suo vissuto emotivo, alla sua ideologia e percezione del reale.
  • La funzione conativa (riferita al destinatario), o persuasiva si ha quando il mittente cerca di influire sul destinatario (es. convincerlo a compiere un’azione).
  • La funzione fàtica (riferita al canale) si ha quando l’attenzione è focalizzata sul canale attraverso il quale è trasmesso il messaggio, essa è collegata all’esigenza di verificare la funzionalità del canale stesso.
  • La funzione poetica si ha quando l’orientamento è posto sul messaggio ponendo al centro dell’attenzione lo stile e quindi l’elaborazione del messaggio medesimo; ed infine si ha la funzione metalinguistica (riferita al codice) quando l’attenzione è posta sul codice per analizzarlo e descriverne il funzionamento in riferimento al contesto.

La comunicazione è altresì un’attività sociale che richiede la partecipazione dei membri di una comunità. Comunicare permette all’individuo di rapportarsi con la propria rete sociale, permette di costruire, sviluppare, mantenere e rafforzare nuove relazioni nel corso del tempo assumendo perciò una funzione relazionale (Bressan R., Perotti L. 2019).

2. I CINQUE ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE

Nel 1967 Paul Watzlawick pubblicò uno dei testi che divenne la base della teoria della comunicazione interpersonale: “La pragmatica della comunicazione umana” ove sono definiti cinque principi caratterizzanti il processo comunicativo noti come “assiomi”.

  1. Non si può non comunicare.
  2. Nella comunicazione umana esistono due livelli: quello del contenuto e quello della relazione.
  3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione
  4. La comunicazione può essere analogica e digitale
  5. Ogni interazione può essere simmetrica o complementare.

Non si può non comunicare”: qualsiasi interazione umana è comunicazione. Ogni comportamento messo in atto nel contesto interpersonale diventa comunicativo poiché in grado di influenzare le persone presenti. La comunicazione può essere involontaria, intenzionale e non, efficace, inefficace, ma comunque presente. Watzlawick affermava ‘’l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti il valore di messaggio, influenzano gli altri, e gli altri a loro volta non possono non rispondere a queste comunicazioni, e in tal modo comunicano anche loro’’ (Watzlawick et al, 1967). Tale assioma perde però di valenza qualora il canale scelto per comunicare non è idoneo rispetto al ricevente. Se ad esempio interagissimo con un non vedente, esclusivamente attraverso il linguaggio gestuale non vi sarebbe comunicazione alcuna.

Quanto al secondo assioma, Watzlawick identifica due livelli di comunicazione, il livello di contenuto che ha la funzione di trasmettere l’informazione e sta ad indicare cosa si sta comunicando; ed il livello di relazione indicativo di come deve essere recepita l’informazione determinando la relazione tra i comunicanti.

Il terzo assioma introduce il concetto di “punteggiatura delle sequenze di comunicazione“, partendo dal presupposto che ogni interazione umana è caratterizzata da una sequenza di scambi che viene ordinata a seconda del punto di vista di ciascun individuo, parlare di punteggiatura in questo senso sta ad indicare il riordino e l’organizzazione degli eventi in maniera arbitraria da parte di ciascun individuo. La punteggiatura ha la capacità di dirigere il flusso comunicativo e le sue modalità di interpretazione.

Il quarto assioma è direttamente collegato ai precedenti, “la comunicazione può essere analogica o digitale“, essa avviene attraverso due canali principali di tipo verbale e non che Watzlawick definisce appunto come digitale (verbale) e analogica (non verbale). Attraverso il linguaggio digitale si veicolano aspetti di contenuto mentre con il linguaggio analogico si veicolano prevalentemente gli aspetti di relazione.

Il quinto ed ultimo assioma afferma che “ogni reazione può essere simmetrica o complementare“, Watzlawick classifica le relazioni che si possono instaurare tra individui che comunicano in due tipologie. Nell’interazione di tipo simmetrico i partner tendono a scambiarsi modelli di comportamento simili e a rapportarsi analogamente l’un l’altro; si ha in questo caso un rapporto di tipo paritario in quanto nessuno dei due poli comunicativi accetta il ruolo di dipendenza. Nelle interazioni di tipo complementare i partner dell’interazione assumono modelli di comportamenti reciproci che si completano reciprocamente. In questo tipo di interazione uno dei due soggetti riconosce l’interdipendenza dell’altro.

3. TIPOLOGIE DI COMUNICAZIONE E STILI COMUNICATIVI

Nel contesto comunicativo possono essere distinte tre tipologie di comunicazione: verbale, non verbale e paraverbale.

La comunicazione verbale o orale è indubbiamente la prima ad essersi sviluppata come mezzo attraverso il quale gli esseri umani iniziarono a scambiarsi e passare informazioni. Per millenni l’oralità ha rappresentato l’unico mezzo per la trasmissione delle informazioni anche in seguito all’invenzione e diffusione della scrittura stante l’elevato grado di analfabetizzazione. Intorno alla fine degli anni ‘60 lo psicologo statunitense Albert Mehrabian condusse importanti ricerche sull’importanza ed il ruolo svolto dai diversi aspetti della comunicazione. L’attenzione è posta sugli elementi non verbali della comunicazione come ad esempio il linguaggio del corpo.

La comunicazione non verbale intesa come quella legata al corpo, alla mimica facciale, alle espressioni, ai gesti ecc., ha un’influenza stimata intorno al 55%. Questa tipologia di comunicazione è più spontanea e naturale di quella verbale, sfuggendo talvolta al controllo volontario come nel caso delle manifestazioni emotive; essa trascende il linguaggio ed il significato letterale delle parole componenti lo stesso.

Gli aspetti paraverbali, invece, come ad esempio il tono, il volume, il ritmo, il timbro ecc. influiscono per il 38%, mentre la comunicazione verbale impatta per il solo 7% (La Vera F. 2013). Tra gli elementi costitutivi la comunicazione paraverbale, il tono della voce è sicuramente uno tra i più importanti, attraverso esso impostiamo ed indichiamo lo stile della comunicazione.

Diversamente, il ritmo è legato, strettamente, alla velocità della comunicazione ed è spesso correlato allo stato d’animo del soggetto. Abbiamo poi il timbro, ossia il carattere distintivo di un suono emesso che può essere di vario tipo (es. profondo, rauco, avvolgente). La gestione dei suddetti elementi paraverbali consente alla persona di conferire unicità alla comunicazione (James R. 2017).

Nel contesto interazionale acquisisce importanza anche lo stile comunicativo inteso come l’insieme delle caratteristiche del comportamento comunicativo rappresentativo del modo in cui le persone comunicano. Ad oggi possono essere distinte quattro tipologie di stili o atteggiamenti comunicativi: passivo, aggressivo, manipolativo ed assertivo.

  • Stile comunicativo passivo: questa tipologia di atteggiamento comunicativo è tipica di quelle persone che tendono a non esprimere la propria opinione, le proprie idee; conformandosi con la maggioranza. L’individuo con stile comunicativo passivo tende ad avere una scarsa fiducia nelle proprie capacità ricercando costantemente conferma nell’altro, ha una scarsa autostima ed una tendenza a subire e ad essere dominato. La comunicazione è caratterizzata da un tono di voce tendenzialmente basso, debole ed esitante associata ad uno sguardo evitante, rivolto verso il basso. La persona che accoglie tale stile comunicativo tende ad evitare le responsabilità ed i conflitti rinunciando altresì ai propri diritti.
  • Stile comunicativo aggressivo: stile tipico di coloro che hanno una buona immagine di sé, caratterizzato da atteggiamenti tesi a dimostrare la propria superiorità, caratterizzato dalla volontà di dominare ed imporsi sull’altro. Le persone con stile comunicativo aggressivo tendono a riconoscere esclusivamente i propri diritti, ad ipervalutare se stessi e sottovalutare gli altri. La comunicazione verbale si manifesta con un tono di voce arrogante ed altezzoso. Questo tipo di comunicazione genera relazioni conflittuali, ostacola la trasmissione e comprensione del messaggio e può indurre nell’altro inibizione, frustrazione, allontanamento, evitamento o addirittura altra aggressività.
  • Stile manipolativo: lo stile tipico del manipolatore deriva da un interesse per gli altri teso al mero raggiungimento dei propri fini. La comunicazione è caratterizzata da atteggiamenti tesi a raggirare la persona coinvolta nell’interazione con l’intenzione di ottenere un vantaggio proprio. Questo stile comunicativo conduce allo sviluppo di una personalità cinica. I manipolatori esercitano il proprio stile verso chi ha un atteggiamento passivo correndo il rischio di essere scoperti e perdere così la fiducia dell’altro. Questo atteggiamento comunicativo può essere utile nel caso in cui avessimo qualcosa da nascondere o proteggere.
  • Stile comunicativo assertivo: caratteristico delle persone che hanno una buona stima di sé, che sono in grado di riconoscere i propri limiti, i propri diritti e quelli degli altri. Questo stile comunicativo è teso a far valere le proprie opinioni pur rispettando quelle altrui. Si caratterizza per la pena condivisione delle relazioni instaurate, attraverso cooperazione e valorizzazione reciproca. La comunicazione si caratterizza per un tono di voce calmo e modulato associati ad uno sguardo aperto e ad un atteggiamento rilassato. Comunicare in modo assertivo permette la costruzione di buone relazioni mediante uno stile comunicativo chiaro e diretto evitando l’uso di pregiudizi e generalizzazioni. La persona che utilizza tale stile accoglie costruttivamente la critica mantenendo una buona immagine di sé. Lo stile assertivo è, dunque, quello che tende a porre sullo stesso piano sé stesso e l’interlocutore, a cercare vantaggi per entrambi in ottica collaborativa e ad assumersi le proprie responsabilità (Van Dijk S; 2023).

4. LA COMUNICAZIONE EFFICACE

Comunicare efficacemente significa sapersi esprimere in modo chiaro e coerente, a livello verbale e non, in svariate situazioni e nel rapporto con qualsiasi interlocutore. Uno dei metodi più conosciuti di comunicazione efficace è quello proposto da Thomas Gordon, collaboratore di Carl Rogers psicologo statunitense fondatore della psicologia umanistica. Il metodo proposto da Gordon prevede l’acquisizione di una serie di tecniche inerenti: l’ascolto attivo, messaggio in prima persona, metodo del problem solving e metodo senza perdenti. La metodologia pone al centro della relazione comunicativa la persona nel suo insieme mentale, fisico ed emozionale ed è finalizzata all’accrescimento dell’efficacia personale, alla creazione e sviluppo di relazioni durature e significative e al miglioramento delle relazioni interpersonali.

Nel testo “Teacher effectiveness training”(1974), l’autore ha identificato gli elementi caratterizzanti una comunicazione inefficace, che impediscono un reale rapporto con l’altro; noti come “barriere della comunicazione”, elencati di seguito:

  1. Dare ordini, comandare, dirigere,Minacciare, avvisare,
  2. Fare la predica e/o rimproverare
  3. Offrire soluzioni, consigli, avvertimenti
  4. Argomentare, persuadere con la logica
  5. Giudicare, criticare, biasimare
  6. Fare apprezzamenti, manifestare compiacimento
  7. Ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte
  8. Interpretare, analizzare
  9. Rassicurare, consolare
  10. Indagare, investigare
  11. Cambiare argomento, ironizzare.

Gli elementi sovra-elencati rappresentano una serie di modalità comunicative che si rivelano talvolta controproducenti per l’emittente compromettendone l’efficacia dell’interazione comunicativa. Gordon struttura il metodo di lavoro basato sull’ascolto attivo e passivo, attenzione, espressioni facilitanti; stimoli di una comunicazione attenta alla decodifica non equivoca del messaggio comunicativo.

Comunicare in modo efficace presuppone procedere in modo intenzionale e finalizzato basandosi sul soddisfacimento della regola delle 5W (Who?, What?, When?, Where?, Why?, ossia: Chi?, Cosa?, Quando?, Dove?, Perché?). Soddisfare questi punti è indicativo della formulazione di un messaggio chiaro ed esaustivo.

Il “Chi” è rappresentativo del target della nostra comunicazione; più è precisa la definizione del target, maggiori sono le probabilità di successo. Il “Cosa” rappresenta il contenuto del messaggio; il “Quando” fa riferimento ai tempi della comunicazione ed infine il “dove” e “perché” sono relativi al contesto ove si sviluppa la comunicazione e agli obiettivi della stessa.

È opportuno, inoltre, organizzare la comunicazione in base ad alcuni principi cardine, quali: pertinenza, semplicità, definizione, strutturazione, ripetizione, comparazione, focalizzazione. Secondo il primo principio deve essere adeguato ed adattato all’ascoltatore. È necessario inoltre che il messaggio sia il più possibile chiaro e semplice (secondo principio). Il principio di definizione prevede che i termini complessi (tecnici e/o professionali) siano spiegati. È opportuno procedere in modo progressivo così da poter sviluppare un’idea per volta (principio strutturazione). Puntualizzazioni sui concetti chiave possono essere d’aiuto nella comprensione del messaggio comunicativo (ripetizione), è utile inoltre semplificare e comparare il messaggio nonché centrare l’attenzione sugli aspetti nodali del discorso.

CONCLUSIONI

Nonostante sia un’azione essenzialmente automatica la comunicazione è un processo ben strutturato che si erige a partire da alcuni punti cardine che Jakobson ha definito come “elementi costitutivi” seguendo come linea di principio i cinque assiomi proposti da Watzlawick.

La comunicazione è alla base della vita socio-relazionale di ciascun individuo, essa ci permette di entrare in relazione con l’altro. Le relazioni interpersonali svolgono un ruolo essenziale nel processo di sviluppo individuale al punto che difficoltà relazionali possono estrinsecarsi nel contesto relazionale stesso, se non addirittura determinare conseguenze negative sul benessere psicologico. A tal proposito riporto alcune parole del sociologo polacco Zygmunt Bauman: “Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione“. Sviluppare una buona comunicazione, o meglio, una comunicazione efficace è pertanto necessario ed indispensabile e altresì possibile.

Thomas Gordon (1974) ha definito alcuni elementi in grado di compromettere l’efficacia comunicativa etichettandoli come “barriere della comunicazione”. Imparare a comunicare efficacemente vuol dire limitare la potenza di quest’ultime, vuol significare imparare anzitutto ad ascoltare, ossia a prestare attenzione non solo a ciò che l’altro ha da dirci ma alla sua persona, alla sua essenza. Ascoltare percependo la presenza dell’altro oltre le parole.

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