I processi di sviluppo dei nativi digitali

digitali

a cura della dott.ssa Angelica Venanzetti

Abstract

Al giorno d’oggi, la società è cambiata e la tecnologia sta sempre più influenzando la vita di ciascuna persona. I bambini sin da piccoli si trovano ad utilizzare gli strumenti digitali: a tal proposito ci sono diverse situazioni favorevoli ma è opportuno tenere in considerazione alcuni aspetti che possono avere un importante effetto sui nativi digitali (Riva, 2019).

Riva (2019) afferma che l’utilizzo dei nuovi media possa portare dei cambiamenti nella formazione degli schemi cognitivi, infatti questi cambiamenti possono essere associati a delle differenze di organizzazione e attuazione dell’azione e nella percezione del corpo nello spazio. Inoltre, importanti differenze si verificano anche riguardo la componente emotiva, in particolare la capacità di sperimentare e di riconoscere le emozioni, infatti i nuovi media sono strumenti che permettono di provare emozioni, dunque sono considerate delle “opportunità emotive” (Morie et al., 2005). In questo contesto è opportuno tenere in considerazione la mancanza della fisicità dell’altro, pertanto ci sono differenze rispetto alla consapevolezza che si prova riguardo ai vissuti emotivi (Riva, 2019). Un ulteriore mutamento portato dai nuovi media si ha rispetto alle capacità attentive, infatti è stato osservato che chi utilizza frequentemente la tecnologia e chi ha imparato ad utilizzarla da giovanissimo, ha la tendenza a mostrare delle ridotte capacità di attenzione sostenuta, mentre si ha un incremento dell’attenzione divisa (Gausby, 2015).

In conclusione, si intende presentare quali sono le differenze che sono emerse con l’incremento dell’utilizzo della tecnologia, ponendo attenzione agli effetti che questa può avere sulle traiettorie evolutive. Inoltre, è opportuno proporre alcuni consigli in merito all’utilizzo dei nuovi media, infatti occorre differenziare le tempistiche e le modalità di utilizzo in relazione all’età. L’obiettivo è favorire la conoscenza e la consapevolezza del funzionamento degli strumenti digitali e gli effetti che questi possono avere su ciascun individuo, in particolare sui processi di sviluppo.

Introduzione

Nel corso della vita ciascun individuo si trova all’interno di contesti sociali, pertanto si vive costantemente una condizione di interazione tra individuo e contesto, questo va ad inficiare su come le persone si sentono, sui comportamenti che metteranno in atto e sui pensieri (Riva, 2019).

Secondo Tapscott (2009) e Prensky (2001), un nativo digitale non è qualcuno che sin dalla nascita sa utilizzare le nuove tecnologie, bensì lo è chi le sa usare in maniera intuitiva e senza sforzo, questo è possibile dedicando tempo ed energie nell’interazione con i nuovi media. La definizione di nativi digitali fa riferimento alla capacità, non alla generazione a cui si appartiene.

Se i nuovi media possono facilitare il processo di comunicazione, contemporaneamente contengono dei vincoli rispetto alla relazione “faccia a faccia” (Riva, 2019).

Coloro che vengono definiti come “Millenials” o “Nativi digitali” sono coloro che ricercano e riflettono la componente emotiva e le relazioni nel mondo virtuale invece che in un contesto offline. Un elemento importante da dover considerare in merito all’utilizzo delle nuove tecnologie è che gli adolescenti hanno maggior tempo libero ma lo utilizzano negli spazi virtuali (Marino, 2018).

L’utilizzo dei nuovi media da parte degli adolescenti sembra essere dovuto alle seguenti motivazioni:

  1. Soddisfano alcuni bisogni fondamentali, quali: autonomia, competenza, relazioni.
  2. Riconoscono ed esprimono le emozioni in modo diverso e nuovo.
  3. Costruiscono e modellano la loro identità individuale e sociale (Riva, 2019).

In età adolescenziale ci saranno dei cambiamenti negli schemi cognitivi, nel corpo, negli interessi e nel saper riconoscere ed esprimere le emozioni, infatti i nuovi media possono modificare le esperienze delle relazioni tra i pari in adolescenza:

  • Attraverso i cambiamenti nelle frequenze e nell’immediatezza delle esperienze, infatti le interazioni possono diventare rapide e frequenti e potrebbero condurre alla ricerca di rassicurazioni e di co-ruminazione
  • Amplificando le esperienze e le richieste, si rischia di avere l’aspettativa della disponibilità, ovvero la pretesa che le altre persone siano sempre presenti e pronte a rispondere
  • Modificando qualitativamente la natura delle interazioni, infatti in alcune situazioni, il supporto sociale e la comunicazione potrebbero essere vissuti meno ricchi, tale fattore potrebbe essere connesso all’assenza di cue e all’asincronia.
  • Offrendo nuove opportunità per comportamenti compensatori, ovvero la messa in atto di comportamenti che, seppur siano possibili anche nei contesti offline, risulta più semplice agirli in contesti online, ad esempio la creazione di nuove amicizie
  • Creando comportamenti nuovi, tra questi la vittimizzazione, dovuta al fatto che si possono modificare digitalmente le informazioni e diffondere contenuti, e lo status, mediante il quale possono essere create delle nuove opportunità nel raccogliere “like” o “follower” (Nesi et al., 2018).

È opportuno tenere a mente che i comportamenti e le esperienze online sono gli stessi di quelli offline, ma avvengono in un ambiente nuovo, pertanto tra i due contesti c’è continuità, seppur il contesto specifico può modificarne i comportamenti, i pensieri e le emozioni.

Nesi et al. (2018) affermano l’esistenza di alcune peculiarità che appartengono ai social media che creano un nuovo contesto psicosociale. I social media sono caratterizzati da asincronia, questo può creare degli intervalli di tempo tra i momenti della comunicazione, tale condizione non si verifica nelle relazioni in presenza. I nuovi media sono permanenti, infatti i contenuti restano disponibili nel corso del tempo seppur talvolta si pensa di poterli rimuovere. Un’altra caratteristica è la dimensione pubblica, questo permette di mantenere un’accessibilità delle informazioni ad un ampio pubblico, che non sarebbe possibile nella dimensione offline. I nuovi media si caratterizzano per la disponibilità, infatti questo facilita l’accesso e la condivisione dei contenuti senza la necessità della posizione fisica, inoltre è anche più facile poter entrare in contatto o entrare in un gruppo. Quando si utilizzano i social media non sono presenti cue o segnali, infatti nella condizione di presenza, si hanno dei segnali fisici, il tono della voce, i gesti e le espressioni facciali, i quali risultano assenti durante l’utilizzo degli strumenti digitali. Un’altra caratteristica è la quantificabilità, poiché ci sono delle metriche sociali, come i “mi piace” o i “commenti”, oppure le visualizzazioni, il numero di amici o di follower. Per terminare, l’ultima caratteristica individuata rispetto ai nuovi media è la visualità, questo termine indica come spesso le foto e i video sono enfatizzati dai medium, in diverse situazioni si verifica la condizione per cui si preferisce la diffusione di contenuti umoristici, piacevoli o l’utilizzo di filtri migliorativi (Nesi et al., 2018).

È importante porre una distinzione tra una condizione di dipendenza, un uso problematico ed un utilizzo sano, infatti i social media possono essere utilizzati per soddisfare bisogni di socializzazione, di conoscenza, di esplorazione del sé, di divertimento e di costruzione dell’identità (Riva, 2019).

Tra i fattori che possono una condizione di “addiction” si ha il fallimento nel controllo del tempo speso online, problemi di umore, quali ansia, irritabilità e depressone, bisogno di accedere ad internet, conflitti familiari e problemi nella vita sociale (APA, 2013).

1.1 I paradossi dei nativi digitali

Mediante l’utilizzo dei social media ciascuno può costruire la propria identità, a tal proposito Riva (2019) individua alcuni paradossi. Il primo paradosso riguarda la contrapposizione tra l’impression menagement, secondo la quale viene modificata la propria identità sociale secondo la volontà della persona, e la reputation mentagement, ovvero la modalità attraverso cui gli altri possono modificare l’apparenza di altre persone attraverso tag e commenti. Il secondo paradosso è la distinzione tra il personal branding, ovvero scegliere quali caratteristiche evidenziare della propria identità, e la gestione della privacy, quindi la presenza delle tracce digitali che permangono e che permettono di ricostruire l’identità reale. Il terzo paradosso riguarda la costruzione di nuovi legami, infatti mediante i social media si possono costruire molti legami, ma solitamente sono deboli, però non si ha una distinzione tra i legami deboli e i legami forti, dunque questo potrebbe condurre ad un appiattimento generale dei legami (Riva, 2019).

Nella costruzione delle relazioni dei nativi digitali, si ha un aumento quantitativo delle relazioni ma un decremento rispetto alla qualità. Inoltre, i social media possono facilitare il contatto, la ricerca e la creazione di legami ma è più difficile che la relazione sia duratura (Riva, 2019).

2. Lo sviluppo della mente dei nativi digitali

Attraverso l’utilizzo dei nuovi media possono verificarsi importanti cambiamenti negli adolescenti, infatti si modifica il corpo, cambiano gli interessi, l’abbigliamento e le acconciature, è un periodo in cui si sta formando la propria identità, dunque è un periodo di transizione (Riva, 2019).

Gli schemi cognitivi sono un insieme di proprietà prototipiche di un’esperienza costruite dalla nostra mente a partire dai risultati delle nostre esperienze (Driscoll, 1994; McClelland, 1951). I nuovi media, attraverso l’esperienza interattiva possono modificare gli schemi mentali, infatti possono permettere di simulare mentalmente le diverse possibilità di azione del medium, pertanto la persona riesce ad utilizzarlo senza alcuna difficoltà. I nativi digitali non devono utilizzare le risorse cognitive per interagire con i media, dunque avranno la possibilità di utilizzarle per altre attività. Inoltre, i nuovi media modificano l’esperienza del corpo, esistono due tipi di azioni che le persone possono compiere: un’azione mediata diretta, per la quale, attraverso il movimento del corpo, può controllare direttamente la tecnologia utilizzata; l’azione mediata indiretta si ha quando il soggetto, attraverso il movimento del corpo controlla la tecnologia, la quale a sua volta controlla gli strumenti con i quali si interagisce. Nell’azione mediata diretta si incorpora la tecnologia e si può manipolare intuitivamente, mentre nell’azione mediata indiretta si incarna l’artefatto, quindi i confini extracorporei divengono quelli che circondano l’artefatto, come nel caso di un avatar; in questa condizione si ha una differente percezione dello spazio extrapersonale (Iriki et al, 2001).

Anche la dimensione cognitiva connessa al riconoscere e allo sperimentare le emozioni è modificata dall’utilizzo dei nuovi media, infatti poiché nella dimensione online non si ha la componente fisica del corpo, non si attivano i meccanismi di simulazione corporea che permettono di comprendere l’altro, ovvero i neuroni a specchio. L’utilizzo dei nuovi media aumenta la possibilità di provare emozioni ma si ha una ridotta capacità di saperle gestire e riconoscerle (Riva, 2019). Morie et al. (2005) affermano che le affordances emozionali, ovvero gli elementi di un’esperienza che possono produrre una reazione emotiva, sono caratterizzate da repulsione, attrazione e sicurezza, questo produce delle differenti risposte emotive. Le condizioni di sorpresa e di shock generano un ragionamento cognitivo e si verificano delle modifiche nello stato affettivo di base, questo conduce ad un vissuto positivo o negativo. La sicurezza è un elemento caratterizzato da predicibilità, infatti vengono elaborati in maniera intuitiva e conducono a delle variazioni dell’umore.

Come affermato in precedenza, i neuroni a specchio attivano la persona quando esprime delle emozioni e quando gli altri esprimono le stesse emozioni; vengono prodotte inconsapevolmente. Con l’utilizzo dei nuovi media, la comunicazione sembra essere diventata meno difficile  da gestire, ad oggi spesso si tende a preferire scambi comunicativi che non richiedono un confronto immediato con l’altro, infatti questo evita di dover pagare un costo emotivo riguardo gli effetti che l’azione di una persona può portare sugli altri. Emergono importati conseguenze in merito alla componente emotiva, infatti questo potrebbe condurre alla condizione di “analfabetismo emotivo”, pertanto si osserverà una mancanza di consapevolezza e di controllo delle emozioni e dei comportamenti che ne conseguono; mancanza delle motivazioni sottostanti alle emozioni vissute; difficoltà nel relazionarsi con le emozioni degli altri, talvolta non vengono comprese e/o non riconosciute (Goleman, 2995). La difficoltà di comprendere le proprie emozioni può condurre ad un disinteresse emotivo e scaturire in comportamenti problematici, come il bullismo o la tossicodipendenza (Riva, 2019).

Un’ulteriore differenza che si osserva dai nativi digitali è la modifica delle capacità attentive e l’incremento del multitasking;  Gausby (2015) ha affermato che chi usufruisce delle tecnologie molto precocemente rispetto all’età o ne fa un uso eccessivo, tende ad avere una capacità attentiva sostenuta ridotta, mentre l’attenzione divisa risulta incrementata. Nel corso degli anni l’attenzione ha avuto una significativa riduzione, infatti è passata da 12 secondi ad 8 secondi (Riva, 2019). La riduzione delle capacità attentive può avere importanti esiti anche sul saper distinguere le informazioni online, con il rischio di imbattersi in notizie false o di bassa qualità (Riva, 2019).

3. Suggerimenti

Ci si potrebbe chiedere quali sono gli strumenti adeguati per i bambini e come sarebbe opportuno gestire l’utilizzo della tecnologia. Riva (2019) afferma che prima dei due anni è una situazione particolarmente delicata, infatti può inficiare i processi cognitivi e linguistici, pertanto prima di un anno è totalmente sconsigliato, mentre successivamente si consiglia l’utilizzo di app interattive che facilitano l’esplorazione del mondo, seppur sia necessario una limitazione nel tempo e una supervisione di un adulto, il quale può fornire spiegazioni rispetto ai contenuti e sostenerlo rispetto alla regolazione emotiva. Sotto ai due anni il tempo consigliato è di quindici minuti. Tra i due e i quattro anni l’esposizione passiva alle tecnologie è sconsigliata, mentre, se attiva è consigliata per massimo 30 minuti al giorno. Oltre i tre anni le tecnologie possono facilitare la distinzione tra ciò che è reale da quello che è virtuale (Riva, 2019). Dai quattro anni si possono utilizzare le tecnologie per massimo 45 minuti, è sconsigliato possedere un tablet personale ed è importante che i genitori mantengano un controllo sugli orari e sui contenuti (Riva, 2019).

In generale, ci sono alcune accortezze da poter seguire rispetto all’utilizzo di internet:

  • Cercare di usare  Internet per la stessa quantità di tempo  ogni volta.
  • Provare a definire e rispettare un tempo  dedicato all’uso di Internet.
  • Provare a ridurre la quantità di contenuti quotidianamente.
  • Cercare di incrementare le attività offline.
  • Provare a tenere d’occhio le emozioni quando si è connessi e quando non lo si è.
  • Provare a riflettere su quanto tempo si passi su Internet, piuttosto che impegnato in altre attività.
  • Provare a fare una lista personale delle cose che Internet ti impedisce di fare.
  • Cercare di controllare la postura davanti al PC.
  • Riconoscere i segnali del corpo, ad esempio stanchezza / malditesta / alimentazione poco regolata ecc..

Conclusioni

Dal DSM-5 (APA, 2013) l’ “Internet Gaming Disorder” è definito come un “pattern comportamentale di uso persistente e ricorrente di Internet per giocare ai videogiochi che porta a una significativa compromissione del funzionamento quotidiano o a distress psicologico. Sono necessari almeno 5 di questi criteri per almeno 12 mesi per poter parlare di Internet Gaming Disorder:

  1. Forte preoccupazione a riguardo del gioco (salienza cognitiva);
  2. Sintomi di astinenza quando il gioco non è possibile;
  3. Tolleranza (bisogno di aumentare il tempo di gioco);
  4. Fallimento dei tentativi di controllare/ridurre l’uso;
  5. Perdita di interesse per altri hobbies o attività (salienza comportamentale);
  6. Uso eccessivo nonostante la consapevolezza che sussista un problema;
  7. Menzogne a riguardo del tempo trascorso giocando;
  8. Uso del gioco per sedare/regolare/ridurre un vissuto emotivo spiacevole;
  9. Perdita o compromissione di relazioni interpersonali rilevanti; compromissione del rendimento scolastico o lavorativo.”

Seppur una persona trascorra molto tempo utilizzando i social media o i videogiochi online, questo non è un elemento che indica necessariamente un disturbo, infatti sono diversi i fattori legati al DSM-5 che influiscono nella determinazione o non del disturbo. Innanzitutto, il numero di criteri in cui la persona rientra; inoltre, l’influenza che questo può avere sulla vita della persona, che si pone in un continuum da bassa ad alta; un altro fattore è il coinvolgimento in caratteristiche psicologiche, infine il tempo speso online (Riva, 2019).

La tecnologia può essere un importante strumento didattico, è importante che i ragazzi acquisiscano le competenze digitali affinché questo favorisca la comprensione dell’utilità anche per scopi didattici, contemporaneamente i docenti devono avere un’adeguata formazione affinché possano usufruire della tecnologia nella loro didattica mantenendo la stessa efficacia (Riva, 2019).

Non bisogna creare una netta distinzione tra l’idea che utilizzare i nuovi media sia corretto e il pensiero che non utilizzarli favorisca lo sviluppo. Viviamo in una società in cui è impossibile non appartenere al mondo digitale, pertanto è opportuno mantenere le dovute accortezze ma non bisogna eliminare completamente questi strumenti. Avere la consapevolezza di quali sono gli aspetti positivi nell’utilizzarli e quali rischi si possono incontrare incrementa il corretto comportamento da seguire.

Bibliografia

  1. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th ed.; APA Publisher: Washington, DC, USA, 2013.
  2. Driscoll (1994), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  3. McClelland (1951), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  4. Gausby (2015), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  5. Goleman (1995), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  6. Iriki et al (2001), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  7. Marino, C. (2018). Quality of Social Media Use May Matter More than Frequency of Use for Adolescents’ Depression. ClinicalPsychologicalScience, 6(4), 455.
  8. Morie et al. (2005), in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
  9. Nesi, J., Choukas-Bradley, S., & Prinstein, M. J. (2018). Transformationof adolescentpeer relations in the social media context: Part 1—A theoreticalframework and applicationto dyadicpeer relationships. Clinical childand family psychologyreview, 21(3), 267-294.
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  11. Prenksy (2001) in “Nativi digitali”, a cura di Riva.
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  13. Tapscott (2009) in “Nativi digitali”, a cura di Riva.

Sitografia

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